Siamo al “dunque”.
L’umanità sembra essere giunta ad una fase della sua esistenza in cui la capacità di modificare il pianeta ed anche se stessa rende urgente una presa di posizione senza precedenti. Il riscaldamento globale, ormai notoriamente conseguente alle attività umane, sta rendendoci consapevoli del nostro ruolo ineludibile di operatori a scala planetaria, ma anche del fatto che le nuove condizioni che abbiamo concorso ad attivare mettono in moto ed alimentano meccanismi a cui non avevamo mai pensato.
Di fatto, quello umano costituisce, dal punto di vista evoluzionistico, un esperimento nuovo ed assolutamente recente nell’ambito della storia della Terra, di cui è impossibile prevedere l’esito. Siamo collocabili, sostanzialmente, fra gli ultimi arrivati sulla scena della vita.
In un arco di tempo di appena cinque milioni di anni, che dal punto di vista geologico è da considerarsi un tempo relativamente breve, la vita “intelligente” si è innalzata al ruolo di forza geologica autocosciente, in grado di influenzare in modo determinante il futuro evolutivo del pianeta che la ospita. La faccenda assume per noi un significato particolare e profondo, in grado di interessare in modo serio anche la sfera psicologica.
É innegabile che essere gli unici organismi viventi dotati di una psicologia complessa ci assegni un ruolo molto impegnativo, piuttosto scomodo, caricandoci di responsabilità non tanto nei confronti degli altri esseri viventi, ma di noi stessi. La peggiore delle condizioni! Il tentativo disperato di eludere tali responsabilità, facendo finta che nulla fosse, certamente non elimina il problema, anzi direi che lo aggrava sempre di più.
A questo tavolo non possiamo barare. Del resto, non occorre una particolare preparazione per intuire che bruciare più risorse di quante se ne possano rigenerare conduca, inevitabilmente, ad un bilancio in negativo e che una tale condizione si traduca, in parole povere, nella modifica sostanziale dei meccanismi di interscambio energetico in atto fino ad ora.
Allora ci si interroga seriamente sul perché si perpetua questo nostro atteggiamento di sufficienza anche di fronte al moltiplicarsi di problemi climatici e ambientali a cui andiamo incontro. La risposta c’è: la nostra profonda ignoranza. Non abbiamo piena coscienza di quanto accade semplicemente perché non conosciamo affatto i meccanismi che regolano il funzionamento dell’ambiente in cui viviamo. Inoltre ignoriamo completamente quanto sia importante e vitale per una specie animale conoscere l’ambiente di vita. Così, modifichiamo il pianeta senza sapere minimamente cosa stiamo facendo e, soprattutto, senza preoccuparci di conoscere le conseguenze.
Eppure ne avremmo da imparare poiché, a pensarci bene, condizioni analoghe non sono nuove al pianeta. Nel corso della sua lunghissima storia, più volte sulla Terra si sono impostate condizioni generali tali da provocare effetti a catena a scala globale. I geologi e i paleontologi utilizzano queste fasi come punto di riferimento per scandire il tempo geologico, per esempio il passaggio da un’Era ad un’altra. Se ne viene a conoscenza attraverso lo studio delle antiche testimonianze, soprattutto paleontologiche e sono definite crisi biologiche.
Fra le cause scatenanti se ne annoverano diverse: l’emergere di un nuovo gruppo biologico capace di determinare, con la sua attività biochimica, cambiamenti profondi su scala planetaria, gli effetti della tettonica delle placche attraverso determinati rapporti fra le terre emerse e gli oceani, fasi vulcaniche particolarmente intense, lo schianto di un corpo celeste sulla superficie terrestre. In genere si tende, ragionevolmente, a ricercare una certa contemporaneità fra alcuni di questi fenomeni che permetta di giustificare una serie di eventi a valenza planetaria. Fatto sta che l’effetto che ne scaturisce ogni volta è un complessivo riassetto globale, con numerose estinzioni ed un ricambio importante delle specie viventi.
La penultima crisi biologica conosciuta, avvenuta circa 65 milioni di anni fa, è anche la più nota presso il grande pubblico avendo coinvolto, oltre a numerosi altri gruppi, i famosi e mitizzati Dinosauri. Un’altra estinzione di massa, a detta degli scienziati di tutto il mondo, l’abbiamo messa in moto noi di recente. Secondo tutta una serie di dati incontrovertibili, è in atto un meccanismo di modifica degli assetti generali tale da determinare anche l’estinzione di un numero imprecisato di specie viventi. Inoltre, i primi effetti di tale cambiamento li stiamo vivendo anche sulla nostra pelle.
Non c’è alcun dubbio sulla nostra natura di ominidi molto speciali. Il cammino evolutivo che ha condotto fino a noi ha imboccato una direzione senza precedenti nell’ambito dell’ordine dei primati. La nostra consapevolezza, la comprensione della morte ed il nostro impegno a dare, nel frattempo, un senso alla vita fanno parte dello spirito umano. Per quanto ci è dato di sapere finora, in un certo senso, attraverso di noi l’Universo è divenuto sapiente, potendo indagare, porsi delle domande e alla fine conoscere se stesso. Questo è qualcosa di veramente grandioso che noi ci stiamo giocando all’ultima mano di una partita complessa. E per la prima volta in assoluto chi è causa del suo male non dovrà piangere solo se stesso ma farà piangere anche tutti gli altri, seppur inconsapevoli.
Una cosa è certa in tutto questo. Nella malaugurata ipotesi di un declino, più o meno lento, della più strabiliante combinazione di elementi e circostanze nell’ambito del fenomeno vita, il protagonista principale, il pianeta Terra, non si “accorgerà” di nulla. Continuerà imperterrito per la sua strada registrando l’ennesimo gruppo, fra i milioni della storia, confuso fra le tante espressioni del lunghissimo processo di evoluzione e sostituito dall’ennesimo rimpiazzo sul palcoscenico della vita.
Quanta energia sprecata! Già! Una cosa a cui, noi dei tempi moderni, non siamo abituati a dare troppa importanza. Per noi l’energia è solo qualcosa che ci consente di vivere agiatamente e di incrementare in modo sfrenato l’economia. La tecnologia ce ne mette a disposizione in quantità che va ben oltre il necessario e che, in quanto tale, può essere anche sprecata prescindendo dal modo in cui questa viene convertita e resa utilizzabile. Poveri ignoranti!
Non capisco proprio da quale angolazione potremmo mai essere visti come un successo dell’evoluzione.
Enrico Squazzini
Centro Ricerche Paleoambientali di Arrone