Il viaggio del Poverello

San Francesco

La prima idea di un cammino francescano risale agli anni ’80, per il tratto Assisi-Gubbio

Solo nel 1995, però, viene pubblicato il “Documento di Valfabbrica”, punto di riferimento per ogni successivo sviluppo, mentre il “Sentiero francescano della pace” vede la luce nel 2000. Esso intende ripercorrere il viaggio del Poverello dopo la sua spoliazione (1206). Quasi contemporaneamente, nel 2002, nascono il “Cammino di Francesco”, nella valle santa reatina, ad opera dell’APT di Rieti, e il “Sentiero francescano degli ulivi”, da Spoleto ad Assisi, ad opera del CAI di Spoleto e di Foligno.

Il merito di aver accreditato l’idea di un “Cammino di Francesco” unitario va però ascritto ad autori stranieri: l’olandese Kees Roodenburg, il quale pubblica nel 1995 una guida per un itinerario da Firenze a Roma, che in 37 tappe e 550 chilometri tocca i principali santuari legati alla memoria del Poverello; i tedeschi Simone e Anton Ochsenkühn pubblicano nel 1997 un itinerario francescano da Assisi a Roma.

La prima guida italiana si deve ad Angela Seracchioli, che nel 2004 pubblica per Terre di Mezzo “Di qui passò Francesco”, delineando un percorso da La Verna a Greccio, che armonizza i tracciati precedenti (e altri sentieri CAI) con tratti nuovi. Non si tratta di un itinerario storico, ma di un percorso tematico, costruito attorno all’esperienza spirituale di San Francesco.

Lo sviluppo delle vie francescane non arresta: negli anni dal 2005 al 2014 nascono parecchi percorsi, anche a carattere interregionale. Tale proliferazione era da attendersi, una volta passata l’idea della possibilità di costruire itinerari come collegamenti tra punti tematici di interesse (diversamente da quanto accade per le antiche vie di pellegrinaggio, dove la delineazione del percorso risponde a regole storiche).

Il progetto più significativo è quello che, nel 2008, ha visto coinvolte la Regione Umbria, l’Opera Romana Pellegrinaggi, alcune Diocesi umbre e Famiglie Francescane: la “Via Francigena di San Francesco”. Tale operazione, al di là della denominazione del percorso, del tutto indebita, e di alcune discutibili scelte di tracciato, ha avuto il merito di segnalare in modo chiaro l’itinerario e –soprattutto– di riportare in capo alle istituzioni civili e religiose la gestione di un bene che appartiene alla comunità locale e che veicola idee e valori tutelati dalla comunità ecclesiale.

Nel 2011 si è costituito, sulla scorta del bando regionale Tac2, il Consorzio oggi denominato “Francesco’s Ways”, in collaborazione le associazioni di categoria e la Conferenza Episcopale Umbra, che si è assunto il compito di promuovere la Via di Francesco. Ne sono nate una guida (La Via di Francesco, prossima alla terza edizione per Terre di Mezzo) e tutta una serie di iniziative promozionali e di diffusione commerciale.

Oggi la Via di Francesco si presenta articolata su due percorsi convergenti su Assisi: quello del Nord, con partenza da La Verna, quello del Sud con partenza da Roma. Entrambi interessano “luoghi” francescani di grande importanza e suggestione, come La Verna, Montecasale e Gubbio al nord; la Valle Santa reatina, Monteluco e Le Carceri al sud; ma ci sono molte memorie “minori” della presenza francescana in Umbria inserite nei due itinerari, ciascuno dei quali può essere percorso nei due sensi. La Via di Francesco è disseminata delle tracce da lui impresse nell’arte, nelle tradizioni e nella religiosità popolare. In ognuno dei “luoghi” cari al santo di Assisi c’è una storia da ricordare, un memoriale da visitare, una preghiera da dire.

La città serafica, con le tombe di Francesco e Chiara, è la vera meta del pellegrinaggio. Presso il Sacro Convento è attiva dal 2015 la Statio peregrinorum, un luogo di accoglienza e registrazione che rilascia il Testimonium: un documento che attesta il fatto di aver percorso almeno 100 km a piedi o 200 in bici per arrivare ad Assisi. È esemplato sulla celeberrima Compostela, che viene rilasciata in Santiago ai pellegrini che hanno raggiunto a piedi la tomba dell’apostolo Giacomo. Una volta simili documenti avevano valore canonico o legale: attestavano infatti il compimento di una penitenza o di una sentenza; oggi servono più che altro come ricordo di un’esperienza di grande significato spirituale.

Nel primo anno di attività la Statio ha registrato oltre 1500 pellegrini e nel 2016 il numero è più che raddoppiato; nonostante la psicosi post-sisma, il 2017 si appresta a segnare un altro record. Le ragioni di tale successo risiedono nel fatto che il pellegrinaggio a piedi non è un semplice viaggio turistico: risponde al desiderio di vivere un’esperienza che coinvolga la totalità della persona, che si mette in gioco nel contatto lento e faticoso con le memorie della fede, l’arte, il creato e le persone che incontra lungo il percorso.

Chi oggi intraprende un pellegrinaggio, qualunque sia la sua fede, si attende di tornare in qualche modo cambiato. Ma è soprattutto Francesco d’Assisi il fulcro della Via: il suo stupore per il creato, la sua capacità di amare ogni persona, la semplicità e l’autenticità della sua vita… A quasi otto secoli dalla sua morte egli sa ancora scaldare il cuore con la bellezza provocatoria del Vangelo. In epoca di emergenze ambientali e umanitarie, la figura di Francesco indica un’alternativa affascinante e praticabile, anche per le persone che non hanno il dono della fede.

Per camminare sulla Via di Francesco sfruttandone tutto il potenziale è quindi necessario aprire la mente e il cuore, perché si possa compiere quel “percorso interiore” che è il frutto più autentico e prezioso di ogni pellegrinaggio. Possono aiutare la lettura delle Fonti Francescane, ma soprattutto il contatto con la gente. La Via di Francesco, infatti, non è un museo: è abitata da uomini e donne che ancora oggi cercano di vivere “seconda la forma del santo Evangelo”; da persone e famiglie che popolano le città e le campagne dell’Umbria, svolgendo antichi e nuovi mestieri… In un territorio rimasto “francescano”, il pellegrino può vivere incontri che, tappa dopo tappa, addolciscono il cuore e lo aprono alla fratellanza.
Sulla Via di Francesco il pellegrino attinge a un messaggio che resiste all’usura del tempo.
Agli occhi del Poverello, tutto parla del Creatore ed è via per giungere a lui; tutto ha un senso, anche ciò che è più difficile da accettare, come il perdono e la morte.

Non è forse questa una grande e sublime “arte di vivere”?
La Via di Francesco è ormai un itinerario di tutto rispetto, ben segnalato e dotato di tutti i servizi: piazzole di sosta, punti di rifornimento idrico, strutture per l’ospitalità di ogni categoria di pellegrini…

I segnavia gialloblu accompagnano il pellegrino con costanza lungo tutto il cammino.
Perdersi è difficile; rimanere delusi anche.

+ Paolo Giulietti