Ho ricevuto, fino ad oggi, osservazioni, del tutto garbate, relative però solo al mistero, al divino e alla sua necessità, mentre nel mio articolo del settembre 2018, esponevo fatti scientifici e solo relativamente a questi chiedevo risposte ed eventuali confutazioni. Nessuno invece è entrato nel merito ed io ho riascoltato e riletto le solite storie che l’uomo tramanda da tempi immemorabili. Ogni volta che c’è qualcosa che ancora non quadra o che l’imponente e geniale lavoro degli scienziati non ha ancora completamente svelato, ebbene, lì, da sempre, si infila subito qualcosa di indefinibile. E si riempiono i cieli di orecchini, rasoi, canetti, canestri e ogni volta che la scienza fa conquiste e smentisce clamorosamente suggestioni e credenze, si trova un cantuccio per infilarci, surrettiziamente, la propria fede, le proprie convinzioni, le superstizioni, cioè quello che “supersta”, vuol rimanere, appunto! Ma non dispero, arriverà, prima o poi, qualche commento critico sui fatti logici e scientifici da me esposti!
Ogni volta che si è presentato un grande problema, diciamo pure una sorta di mistero, un qualcosa di inspiegabile, certuni hanno presentato all’istante sicura spiegazione: è opera di dio! Quale dio? Lo so io! Beato tu, così pieno di tanta presunzione! Poi la scienza spiegava chiaramente quel fenomeno, ma, essendo infinita la catena dei problemi, rimane sempre una infinità di punti oscuri e di interrogativi per piazzarci l’idea di un demiurgo platonico costruttore, del quale non possiamo, noi miseri mortali, capire e carpire la volontà. Ma qualcuno c’è sempre che la spiega, questa volontà, autorizzato, chiaramente, solo da se stesso. Transeat, bon. La gravità appare tutta però quando costui tenta di convincere gli altri, con le buone o con le cattive (moltissime, troppe volte con le cattive), che la verità interpretativa è solo quella da lui espressa e che vale fino a quando non arriverà la prossima chiara e semplice spiegazione della scienza.
Per ogni nuova conquista scientifica una volta si aveva il potere di far abiurare, tra torture e stupri. E oggi? Oggi si cerca di parlarne il meno possibile! E se problemi non ce ne sono, l’uomo pone false domande, quesiti del tutto ad capocchiam: “non sapremo mai quando e come finirà il mondo!”, “perché siamo nati”, “cosa ci sarà dopo la morte” e domande non ponibili, proprio come se l’uomo volesse essere dio e quindi, proprio come si dice di lui, sapere tutto! Intanto l’uomo cerca di conoscere tutto quello che è possibile, anche se è difficile, mentre per moltissimi lo studio (vero, non in Bignami), della matematica, della fisica, della chimica, della biologia, della zoologia, della botanica, della astronomia… procura orribili mal di testa, ma solo per un periodo limitatissimo, 2-3 minuti al massimo! Si sappia comunque che dire ogni volta che dietro quell’infinità c’è il proprio dio, non solo è temerario ed azzardato, ma è anche un po’ penoso perché quando non si sa, quando nulla si può dimostrare e rendere palese agli occhi di tutti, ogni spiegazione di comodo vale l’altra, anche quella di dire che il tutto è opera della fata turchina o del baobab parlante.
Ancor più a disagio mi mette chi di fronte al sublime afflato che ha l’uomo per la poesia, per i sentimenti, per i grandi ideali, deposita ed àncora questi sentimenti dentro la propria anima, non intesa solo come senza vento (ἄνεμος, soffio), cioè impalpabile, ma come dono del proprio dio. Io personalmente, di fronte alla poesia, alla natura, alle grandi gioie, ai grandi lutti, sento, profondamente sento, la presenza, la regia, l’egemonia solo dell’uomo, creato dalla natura e creatore, a sua volta, del bene e del male: sento in me grandezza e miseria dell’uomo, non di altri! Trovo anche disgustoso riferire tutto il bene ad un ente superiore e non prenderlo invece mai in considerazione, come se a tratti si assentasse, quando si tratta di parlare degli olocausti, dei milioni di morti per sete e per fame, dell’enorme sfruttamento dei bambini e delle bambine (i treni della prostituzione) e dei tanti selvaggi ed osceni mali che avvengono al mondo. Lì, tutto tace, non ci sono più aulici sentimenti, non c’è più onnipotenza, non si parla più di dio! In questi casi questo qualcuno evita di intervenire, lascia fare tutto all’uomo… ma ne è pur sempre responsabile, visto che lo si descrive come onnipotente! Poi c’è chi ha fede e qui mi taccio. Per mia fortuna conosco, stimo ed amo persone eccellenti sotto ogni profilo, dotati di fede adamantina o servitori di tale fede, e questo pone ulteriori interrogativi alla mia coscienza, ma, come avviene da sempre nella mia vita, non rinuncio alle mie idee e le espongo direttamente.
L’unica teoria chiara ed inoppugnabile che esiste al mondo sul rapporto finito-infinito è patrimonio della matematica. Si definisce infatti insieme infinito quello che gode di corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio (o parte propria). Esempio semplicissimo: chi ha più elementi, l’insieme dei Numeri Naturali (1, 2, 3, 4, ….) o quello dei Numeri Pari (2, 4, 6, 8, …)? Sembrerebbe i primo, ma si può subito constatare come l’insieme dei Numeri Naturali, che contiene tanto i Numeri Dispari quanto quelli Pari, ha, inopinatamente, ugual numero di elementi dell’insieme dei Numeri Pari che manca, rispetto all’INN dei Numeri Dispari. Infatti, si può ben osservare come i due insiemi siano perfettamente in corrispondenza biunivoca (ad ogni naturale corrisponde sempre e solo un suo doppio, che è sempre pari, e ad ogni pari corrisponde sempre e solo la sua metà!) e quindi hanno lo stesso numero di elementi (Georg Cantor disse, alla sua scoperta, “Lo vedo, ma non ci credo!”).
Tale definizione matematica non trae inizio da un concetto astratto di infinito. La matematica compie il percorso opposto: parte dal concreto, cioè il numero (simbolo astratto, ma sempre rappresentante un concreto, fenomeno o noumeno che sia!) ed arriva all’infinito, dandone altresì una definizione “precisa”. Oggi pertanto sappiamo che se un ente è infinito lo è solo se può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio. Entrambi, in tal caso, godono delle stesse proprietà, sono, in pratica, una stessa “cosa”! Che relazione abbiamo dunque nei confronti di codesto “infinito”? Siamo “infiniti” anche noi, Uomini, pur se sottoinsiemi di un insieme supposto infinito, ma pur sempre in relazione con lui? O non c’è alcun rapporto possibile tra un infinito ed un finito? In questo caso il finito (l’uomo) è completamente disgiunto dall’infinito (dio) e quindi l’infinito (la divinità) sarebbe una sua vetusta invenzione, risalente ai tempi in cui ogni fenomeno, ogni fatto era difficilissimo e praticamente impossibile da spiegare (scientificamente) e, quindi, si doveva per forza ricorrere alla immaginazione! Il mio invito rimane sempre quello di parlare di fatti, anche fantasiosi, se vogliamo, ma che non rientrino nella fantasticheria! Grazie.
Giampiero Raspetti