Chi si occupa di calcio o di scacchi sa cos’è la tattica: muovo i terzini, o mi arrocco, per ottenere la risposta che voglio. L’urbanismo tattico progetta la città perché tutti possano viverla meglio, altruisticamente e con più sicurezza. Non c’è un allenatore: la progettazione è partecipata, in modo che la città sia più vivibile e meno pericolosa, e ognuno abbia i suoi spazi, senza interferenze ma con interazioni positive. E’ molto meno costoso di soluzioni tecniche, che generano disagio o fastidio.
Pensiamo ai sottopassaggi: molti sono sgradevoli, e solo ora si cominciano un po’ per fortuna a correggere con la street art. Ma la bruttezza genera degrado. Poi…pochi amano scendere sottoterra, e quindi si richiede gentilezza, come con le piastrelle di certe stazioni del métro parigino, le insegne liberty all’entrata, o…quel capolavoro che è a Napoli l’occhio pompeiano della metro Toledo. Ma noi restiamo in superficie: la zona 30 non è un solo un limite di velocità, ma un sistema urbano progettato da chi lo usa, fatto di strettoie, panchine, aree gioco e…qualche parcheggio dal quale si esce a passo d’uomo. Così la strada scolastica (viale dell’Annunziata sarebbe ideale) non è solo un segnale coi bimbi che corrono tenendosi per mano, ma un’idea diversa di vivere la scuola.
Grazie a Matteo Dondé ed ai giovani architetti ternani, più di dieci anni fa, Terni è stata una delle prime città italiane a conoscere le zone 30 “tattiche”, a Città Giardino. Che aspettiamo? Forza con la tattica, daje.
Carlo Santulli