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UN PASSO DA GIGANTE, UNA TERRA PER TUTTI

Mezzo secolo fa, nel 1972, un gruppo internazionale di scienziati, noto come Club di Roma, presentò uno storico rapporto sui “limiti della crescita”. Il suo obiettivo era di rendere consapevoli i grandi del mondo e le opinioni pubbliche di tutte le nazioni che i limiti fisici, geografici e biologici della Terra, allora abitata dalla metà della popolazione attuale, non erano più compatibili con una crescita materiale e quantitativa senza limiti; quella misurata dal PIL.

Il Rapporto prendeva in esame cinque fattori principali e le loro interazioni: crescita della popolazione mondiale, disponibilità di cibo, riserve e consumo di materie prime, produzione industriale, clima e inquinamento e poneva un dilemma di fondo.
Se non si fossero cambiati, alla radice, gli andamenti demografici, i modelli di produzione, energetici e di consumo, il pianeta sarebbe arrivato al collasso; sia dal punto di vista climatico, sia per la rottura degli equilibri economici e sociali. Quell’allarme non è stato ascoltato.

Fu considerato, quel gruppo di scienziati capaci di leggere il futuro, meno di una Cassandra. Il risultato è che le peggiori previsioni fatte, su basi scientifiche, 52 anni fa, stanno diventando una drammatica realtà.

Siamo entrati in una nuova fase della storia della Terra, denominata, non a caso, “Antropocene”, proprio per segnalare che la capacità umana d’incidere sugli equilibri del pianeta è paragonabile ai grandi eventi (placche tettoniche in movimento, Vulcani, Terremoti, impatto di asteroidi, glaciazioni ) che hanno cambiato il volto e il funzionamento della Terra, nei 4,6 miliardi di anni della sua esistenza. La modifica impressa dalla fase dello sviluppo industriale, alle condizioni ecologiche dell’era in cui ci trovavamo, l’Olocene, è fonte del più grave degli allarmi perché la civiltà che conosciamo è nata e si è sviluppata proprio in questa fase, iniziata circa 11.000 anni fa. Alterare profondamente le condizioni stabili dell’Olocene può comportare la scomparsa, non tanto, forse, della vita umana, ma della civiltà. Lo studio del 1972 indicava nove punti critici per mantenere le attività umane in un ambito ecologico di sicurezza; di questi ben cinque, dice la scienza sono stati già superati. Da qui, l’urgenza del cambiamento, spostando la discussione, dal che fare al quando e al come. Lo scorso anno, i nuovi scienziati del Club di Roma, forti dello studio dei fenomeni estremi in atto e sostenuti da modelli e capacità di calcolo matematico, impensabili nel 1972, hanno redatto e presentato un nuovo Rapporto, titolato “una Terra per Tutti”.

Questo nuovo lavoro scientifico consente, sia, di aggiornare e proiettare al 2050 ed oltre, tutti i fattori di rischio ed i cambiamenti già accaduti e prevedibili, sia, di disporre di una serie di proposte d’azione, su cinque grandi ambiti d’intervento. Tali ambiti d’intervento, quali assi di uno sviluppo e di un benessere sostenibili, vengono proposti in due scenari alternativi: il primo, “troppo poco e troppo tardi”, ovvero, la situazione in atto; il secondo, “ il passo da gigante”, capace, già nella denominazione, di far intendere la grandezza dello sforzo da compiere, nei prossimi 30 anni, e la difficoltà della sfida esiziale da vincere.

Questo nuovo Rapporto scientifico del Club di Roma, perciò, non si limita ad aggiornare le analisi sui limiti fisici del pianeta, da rispettare, ma, introduce altri limiti di natura strettamente sociale, come acqua e cibo disponibili, sanità, istruzione e l’abitare.
Esso, inoltre, non si limita a fare previsioni, ma indica le scelte e le strade da percorrere, per evitare il rischio più grande: quello della passività, della sfiducia pessimista e della rassegnazione.

I cinque campi d’intervento sui quali realizzare la grande svolta per un “benessere sostenibile” sono: la lotta alla povertà e la riduzione delle disuguaglianze, la fine della discriminazione verso le donne, l’alimentazione, l’energia. Il futuro dell’Umanità, ormai, dipende non solo dalla drastica riduzione dell’impronta ecologica degli Stati, delle città e dei singoli abitanti del Pianeta, ma, anche da una riduzione drastica delle disuguaglianze e da una più equa distribuzione della ricchezza e del potere, sia politico, sia tecnologico. Al riguardo basti pensare che la metà più povera della popolazione mondiale detiene appena il 2% della ricchezza economica complessiva, mentre il 10% più ricco ne possiede il 75%; quello stesso dieci percento che emette la metà dei gas ad a effetto serra che stanno provocando il cambiamento irreversibile del clima e rendendo invivibili intere aree del mondo.

Dall’economia della crescita, basata su consumi spesso compulsivi di una minoranza privilegiata e sugli stenti di una larga fetta di popolazione (in Italia abbiamo 1,9 mio i di famiglie in povertà assoluta, ovvero 5,6 milioni di persone, di cui, 1,4 milioni di bambini) occorre spostarsi su una economia del benessere che ha al centro la cura delle persone e della natura. Questo fondamentale rapporto scientifico, nel confermare la bontà dei 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030, per lo sviluppo sostenibile, prova ad indicare le scelte, i percorsi e gli strumenti per realizzarli, in una fase di necessaria transizione.

Di tutto ciò dovrebbe nutrirsi il dibattito pubblico, a tutti i livelli, soprattutto nel decennio che ci attende, decisivo per compiere il “passo da gigante ” necessario ed urgente. Sembra l’ennesimo appello della scienza; sta alla buona politica volerlo e saperlo raccogliere.
Funzione ed egemonia delle forze poltiche si giocheranno sempre più su queste visioni e programmi per il nostro domani vivibile, e senza prova d’appello.

Giacomo Porrazzini

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