Se qualche viaggiatore di passaggio a Terni chiedesse cosa ha questa città di particolare o unico da conoscere, dato che non è tra le prime in classifica in Italia per numero e bellezza di monumenti e non è mai stata considerata una città turistica, che cosa risponderemmo?
Attenzione: l’elenco è più lungo di quello che vi potreste aspettare e ve lo ripropongo con l’orgoglio di ternana, non diversamente da quello che fa ogni buon cittadino amante del proprio paese sempre pronto a rivendicarne la straordinarietà dei suoi monumenti, del paesaggio, di personaggi.
Vi racconto l’unicità di Terni, invitando tutti a divenirne orgogliosi e a scrollarci di dosso quella patina, ormai troppo spessa, di città “moderna, ma brutta, piatta, anonima”.
Terni ha le sue eccellenze, le sue unicità: il tutto contribuisce a delinearne un’identità che, spero, sarà valorizzata da chi deve concorrere al suo sviluppo culturale e alla sua immagine nel mondo.
E allora immaginiamo un itinerario per questo viaggiatore che viene nel nostro territorio attratto dai suoi punti forti, quelli conosciuti in tutto il mondo: il primo è san Valentino, il patrono degli innamorati e di Terni, il campione dell’amore -e noi diciamo dell’amore universale- le cui reliquie sono nella basilica a lui dedicata. La seconda è la Cascata delle Marmore: unica per bellezza e grandiosità, emozionante per il fragore delle acque, per i suoi arcobaleni, per il verde lussureggiante, per i sentieri che la accompagnano a contatto con la natura.
Partendo da questi luoghi lo condurrei alla scoperta della città: dalle chiese con i loro cicli pittorici (la Cappella Paradisi in S. Francesco o gli affreschi di S. Pietro o quelli pressoché sconosciuti della chiesa del Cimitero, senza dimenticare il Duomo e San Salvatore), ai bei palazzi nobiliari, ai resti della città romana e medievale, ai vari musei. Tutte eccellenze a cui ho dedicato articoli nel magazine La Pagina.
Girerei per le strade della Terni moderna e, alle porte della città, là dove svetta la Lancia di Luce di Arnaldo Pomodoro, uno dei più bei monumenti dell’artista, racconterei come l’obelisco narri simbolicamente la nascita dell’industria dei metalli, attraverso quel progressivo affinarsi della materia fino alla cuspide dove la stessa materia sembra prendere fuoco per divenire energia pura.
Uno sguardo alla prospettiva di corso del Popolo con il complesso di edifici che da una parte aggettano su largo Frankl ove un colorato ponte-passerella li collega al Lungonera attraversando il fiume, mentre dall’altra lascia intravvedere sul fondo la mole del rinascimentale Palazzo Spada e la modernissima sagoma in vetro -quasi un profilo della Cascata delle Marmore- della Torre della Bibliomediateca, quella che ha preso il posto dell’antica torre dell’orologio distrutta dai bombardamenti.
Condurrei poi il nostro amico alla scoperta di altre eccellenze di Terni.
Ecco allora il Museo delle Armi Leggere presso la ex Fabbrica d’Armi: una collezione unica al mondo per quantità e qualità dei manufatti, vero fiore all’occhiello della città. Purtroppo visitabile solo una volta al mese e su prenotazione.
Per fortuna il Museo archeologico è aperto: qui posso far conoscere i notevoli reperti di una storia antica che fanno di Terni una città singolare e importante.
La vasta necropoli dell’Età del Bronzo e del Ferro -Luigi Lanzi parla di ben 2500 tombe- venuta alla luce all’epoca della realizzazione delle Acciaierie, è una delle più vaste aree archeologiche d’Italia e d’Europa e tale è stata la sua importanza da far dire allo storico Massimo Pallottino, uno dei massimi studiosi di civiltà antiche, che si può parlare di una vera e propria “Cultura di Terni”. Nel Museo è possibile vedere la ricostruzione di tali tombe e anche, per curiosità, quel sarcofago che contiene i corpi abbracciati di quelli che la tradizione attribuisce a Sabino e Serapia, i due giovani protagonisti della leggenda che san Valentino avrebbe unito nel loro amore. Nella realtà le ricerche effettuate hanno dimostrato che si tratta di corpi dell’VIII sec. a.C. e quindi di molto antecedenti all’epoca del patrono di Terni. Peccato: avremmo preferito continuare a coltivare la leggenda.
Sarà piacevole attardarsi nell’adiacente Pinacoteca: dopo aver osservato una raccolta d’arte contemporanea, proprio al termine della scalinata, la grande Pala dei Francescani di Piermatteo d’Amelia appare all’improvviso ed è un tuffo al cuore. Anche il profano d’arte si accorge di essere di fronte a un capolavoro. Un occhio sulla sinistra alla piccola tavola dello Sposalizio di Santa Caterina di Benozzo Gozzoli, vero gioiello dell’artista, e poi lo condurrei alla scoperta delle opere di Orneore Metelli, il ciabattino ternano considerato uno degli artisti naif più importanti al mondo.
Una passeggiata per il centro e poi arriviamo davanti alla stazione ferroviaria, là dove si innalza la Grande Pressa, mostro gigante delle acciaierie e simbolo dell’archeologia industriale. Ecco un’altra eccellenza della città: infatti siamo a livelli europei come distretto di archeologia industriale, un patrimonio derivato dalla profonda trasformazione economica, sociale, urbanistica della città a seguito dell’industrializzazione della seconda metà dell’800. L’area di Terni con le sue fabbriche dismesse e i macchinari-prototipi, è tra le più vaste e importanti d’Europa.
L’interesse per l’archeologia industriale è un interesse specialistico, è un turismo di nicchia. In questo periodo di deindustrializzazione in cui Terni cerca una propria identità culturale, questo patrimonio di fabbriche e di macchinari deve diventare un momento di conoscenza e riflessione. Quell’open museum ipotizzato in passato, può essere ancora realizzato e, accanto ai complessi industriali trasformati e riusati per altri scopi -vedi il Videocentro o il CAOS che è divenuto un polo culturale e museale- altri ne possono sorgere. Molti purtroppo sono in stato di abbandono, anzi di degrado: il pensiero va alla grande struttura di Papigno -lì Benigni girò La vita è bella- e qui mi taccio perché mi piange il cuore a ricordare quante occasioni sprecate si sono succedute nel tempo.
Non si possono buttare via così più di cento anni di storia.
Ed ora portiamoci nei dintorni dove c’è tutto da scoprire, non prima di aver ammirato quell’anfiteatro di monti ammantati di ulivi che circonda la città adagiata nella pianura solcata dal Nera che vi serpeggia lento. Il panorama è uno spettacolo e non posso che ricordarmi, con orgoglio, che questo paesaggio fu oggetto di ammirazione da parte di pittori europei che lo hanno riprodotto en plein air e decantato dai viaggiatori del Grand Tour, che in molti lo definirono “un vago giardino”. Indimenticabili le parole di J.J. Wolkmann: “la valle tra Narni e Terni è lo spettacolo più bello che si possa immaginare. La Nera vi serpeggia con le sue anse e i cespugli qua e là la fanno assomigliare a un grande giardino racchiuso tutto intorno da montagne”.
Guardiamo tra i boschi e gli oliveti: vedremo spuntare paesini medievali di grande suggestione e ricchi di storia come Cesi, Papigno, Miranda, Collescipoli. Il nostro viaggiatore dovrà conoscerli un per uno, tanto sono ricchi di testimonianze del passato e di bellezze.
Non posso escludere il mio visitatore da un tuffo nel passato e accompagnarlo a Carsulae, l’area archeologica più importante dell’Umbria che, per i suoi splendidi monumenti, è stata definita la Pompei dell’Italia centrale. Poi un tuffo nella bellezza del paesaggio per conoscere Piediluco con il suo lago pittoresco, con le colorate case di pescatori dominate dai resti della superba Rocca, con il bel monumento alla Libertà di Turcato, con lo specchio d’acqua che per le ottime condizioni climatiche è campo di allenamento e di gara per il canottaggio.
C’è un’altra unicità di Terni che mi piace ricordare e che, purtroppo non posso far visitare, perché manca di un luogo fisico che spero ci sarà in futuro. Mi riferisco a Virgilio Alterocca, il padre della cartolina illustrata, nostro illustre concittadino, che ha avuto un ruolo di rilievo anche in campo internazionale. Su di lui ci sono pubblicazioni importanti ed esaurienti. Perché non pensare a un museo -il museo della cartolina illustrata- dedicato a lui e alla ricchissima documentazione fotografica delle cartoline? Magari, per il momento, un museo interattivo, una mostra virtuale che ripercorra l’attività di questo grande uomo e delle sue produzioni. Sarebbe uno strumento conoscitivo di enorme importanza fruibile non solo dal visitatore, ma dai cittadini e dalle scuole che avranno così a disposizione strumenti di studio ben più ampi e approfonditi della storia del territorio.
La proposta di un museo interattivo dovrebbe essere allargata anche ai siti di archeologia industriale di cui ho parlato, perché non si perda memoria della storia della città.
Questo viaggiatore immaginario che vorrei guidare per la mia città e per il territorio alla scoperta delle sue eccellenze, sostiene il mio messaggio accorato rivolto a chi si deve occupare dello sviluppo culturale di Terni:
“Prendiamo coscienza delle eccellenze e delle unicità sommariamente descritte e, se anche questa coscienza-conoscenza esiste, deve obbligatoriamente essere convogliata in un progetto che valorizzi il grande patrimonio storico e culturale e deve, soprattutto, essere spesa sul mercato del turismo. Solo allora torneremo ad essere la città che in passato ammiravano i viaggiatori del Grand Tour che qui, provenienti da tutta Europa, risiedevano per andare a vedere la Cascata delle Marmore.
Terni deve e può rivivere la bellezza del passato e diventare il centro di un turismo culturale, naturalistico, gastronomico, religioso che è la chiave di volta per il suo sviluppo futuro e che si integra perfettamente con le moderne esigenze del turismo internazionale che non si accontenta più della visita dei monumenti, ma vuole penetrare nell’identità del luogo.
Per fare questo è opportuno ritrovare l’orgoglio cittadino -purtroppo messo a dura prova dai ritardi e dalle pastoie del passato- e spendere tutte le energie possibili per passare dalle parole ai fatti e per attivare i progetti che possano rilanciare l’immagine di Terni nel mondo.
È un sogno, ma non è impossibile: se c’è la volontà, potremo tornare a dire “Terni è bella”.
Loretta Santini