Da tempo serpeggia nella città una querelle infinita e aspra, sul progetto del rifacimento del teatro Verdi. Il motivo del contendere è sostanzialmente questo: un nutrito gruppo di persone desidera che del teatro sia fatto un recupero filologico e quindi che sia ricostruito secondo il progetto ottocentesco del Poletti, un antico teatro all’italiana considerato un’autentica opera d’arte. Un altro gruppo desidera ridisegnarlo ex novo adeguandosi ai vincoli dettati della Sovrintendenza che fa riferimento alla struttura del 1940 dichiarata di “notevole interesse culturale”.
La diatriba si articola su posizioni che appaiono inconciliabili: i polettiani additano come esempio il teatro di Rimini, pure del Poletti, ricostruito fedele all’originale (ma qui l’antica struttura era intatta almeno per il 50%); gli altri affermano che si farebbe un falso storico, perché quel teatro è scomparso da decenni e non ritengono disdicevole affidarsi alla moderna architettura -il pronao rimane una citazione storica dell’antico- di cui tanti esempi ci sono a Terni (come le opere di Ridolfi e Frankl), ma anche, molteplici e di prestigio, nel mondo: citiamo una per tutte la piramide di cristallo del Louvre a Parigi.
Il contrasto tra antichità e modernità ha sempre infiammato gli animi. Opposte fazioni si sono schierate già in passato sulla ricostruzione della torre dell’orologio dell’ex Palazzo Comunale oggi Bibliomediateca. Il tutto sempre condito da battute ironiche, spesso pesanti.
Non entro nel merito del dibattito ritenendo che la questione comprenda aspetti molto complessi (storici, architettonici, normativi e, non ultimo, economici) che richiedono sia il parere di esperti del settore, sia istituzionali per il rispetto dei vincoli presenti. Per questo motivo mi limito a fare la storia del teatro ricordando la successione degli eventi che sono stati alla base della “singolar tenzone”.
Esisteva a Terni l’Accademia dei Costanti (1661), ribattezzata Nobile Teatro Ternano (1736) e dal 1859, Teatro Goldoni. La considerazione che il Goldoni fosse insufficiente per l’accresciuta popolazione e pericoloso per la sua struttura in legno, unitamente al desiderio di erigere un edificio moderno, funzionale a ospitare opere liriche e rappresentazioni varie, portò alla costruzione del teatro Verdi. La prima pietra venne posta nel 1840, sul luogo ove un tempo sorgeva il forno pubblico, eretto a sua volta sopra il Palazzo dei Priori. Terminato nel 1849 fu inaugurato con l’opera Saffo di Giovanni Pacini. L’ideatore del progetto fu Luigi Poletti, architetto di ispirazione neoclassica, le cui opere si caratterizzano per eleganza e armonia delle forme. A lui si devono anche i teatri di Rimini e Fano.
La prima ristrutturazione è del 1893: venne dotato della torre scenica in muratura e di camerini pure in muratura. Nel 1908 fu migliorato l’impianto di illuminazione e cambiò la intitolazione da Teatro Comunale a Teatro Verdi. Numerosi gli interventi apportati nel 1930 (servizi elettrici, igienici, di ventilazione, adeguamento del guardaroba, del buffet) che lo resero un teatro funzionale. In quella occasione fu rappresentata la Turandot di Puccini. Gravemente danneggiato dai bombardamenti (dell’originario teatro rimase solo il pronao neoclassico e i muri perimetrali), fu ricostruito nel dopoguerra dall’architetto Leoni senza tener conto del progetto originario: l’interno fu modificato inserendo platea e galleria in cemento armato (capienza 1000 posti), adattato a cinema e dato in concessione dal Comune a Lucioli. Nel 2009 è stato dichiarato inagibile per numerose carenze strutturali. Nel gennaio 2010 crollò parte del controsoffitto del pronao, per il quale quindi sono stati effettuati lavori di consolidamento. Cominciarono contemporaneamente le discussioni sul recupero della struttura, sulla riqualificazione del teatro ed iniziò così la diatriba tra i sostenitori del progetto polettiano e non.
Intanto il teatro Verdi è stanco di aspettare e noi con esso!
Loretta Santini