L’emergenza creata dall’epidemia del covid-19 ci costringe a fare delle considerazioni sulla preoccupante quantità di decessi di persone anziane o vecchie, per molte delle quali si è parlato, purtroppo, di senicidio.
Il senicidio o geronticidio è l’accompagnamento alla morte (suicidio/omicidio) di persone anziane non ritenute più valide.
Presso le tribù degli indiani d’America un vecchio non in grado di badare a sé stesso o divenuto di peso alla comunità per carenza di cibo, si allontanava volontariamente dalla tenda e si lasciava morire in solitudine.
In molte culture tribali, sebbene il vecchio fosse un bene da salvaguardare perché rappresentava esperienza, conoscenza, saggezza, quando diveniva un ostacolo alla sopravvivenza della comunità e non era più in salute, o spontaneamente si lasciava morire, o veniva abbandonato, mai ucciso.
Questo può sembrare aberrante e disumano, ma in quelle comunità il sacrificio dell’anziano era inteso come un contributo al benessere della collettività che la carenza di risorse metteva a rischio.
In molte comunità protostoriche l’uccisione del vecchio -ma anche quella dei bambini- era un rituale con significato purificatorio.
Nell’antica Grecia, quando gli Ateniesi assediarono Kea, per mancanza di viveri, gli abitanti dell’isola invitarono i vecchi a bere cicuta.
Di esempi storici se ne possono fare ancora molti, ma ora guardiamo alla tragica situazione attuale.
In occasione della recente pandemia di covid, molti Stati, di fronte all’intensificarsi delle terapie intensive e quindi della mancanza di attrezzature sanitarie per curare il malato, hanno dovuto fare una scelta drammatica -un protocollo spesso tacito- di salvare un giovane rispetto all’anziano malato. Si sa di servizi sanitari nazionali che hanno stabilito una sorta di punteggio in base all’età, alle malattie, alla fragilità, all’aspettativa di vita per stabilire se curarlo o no. Si sa di altri che hanno consigliato terapie palliative: si chiama “accompagnamento alla morte” o “eutanasia sociale”; altri ancora, addirittura -e questo è veramente terribile- hanno negato il ricovero o lo sbarramento alle terapie più costose e impegnative. Tutto questo naturalmente -è bene ricordarlo- in mancanza di posti letto.
Penso che sia stata una scelta difficilissima, piena di implicazioni morali, addirittura devastante. Di fronte a un giovane che ha solo il covid e a un anziano pieno di patologie gravi, chi avreste salvato?
Tutto ciò si capisce, ma è aberrante.
È aberrante perché non si è provveduto ad avere un sufficiente numero di posti letto e attrezzature adeguate alla cura.
È aberrante perché viene calpestato qualsiasi diritto della persona che sempre deve essere curata e salvata.
È aberrante perché si disconosce qualsiasi morale in nome di “mors tua vita mea”.
Mi chiedo: quel vecchio lasciato morire è sicuramente uno qualsiasi, un anonimo essere umano. Ma se fosse stato un personaggio importante, o un politico, o un ricco, la scelta sarebbe stata la stessa?
Probabilmente no. In questo modo il vecchio vale per quello che ha e che fa e non per quello che è.
È questo che è amorale: calpestare e ignorare l’essere umano, unico e irripetibile! Calpestare i diritti umani.
Sono perciò indignata per questa situazione conseguente alla pandemia che aumenta le disuguaglianze sociali, che non guarda in faccia a nessuno e lascia morire i più vecchi, i più deboli, i più poveri. Il virus non è democratico, ma non lo è nemmeno l’uomo -lo Stato- quando dovrebbe agire per rimuovere gli ostacoli che dovrebbero rendere una comunità sana, giusta, libera. Concludo, per noi anzianetti, con una poesia di Ungaretti:
Si sta
come d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Loretta Santini