Maggio – cantar maggio – Cantamaggio
Le origini della festa
La festa trae le sue origini nei millenari riti della fertilità e della rinascita legati al rifiorire della natura dopo che la primavera aveva preso il sopravvento sul rigido inverno. Riti apotropaici e di propiziazione agreste presenti in tutti gli antichi popoli europei (la festa celtica di Beltane è la più famosa) e poi passati nella cultura di Roma ove si celebravano i Ludi Florales o Floralia, eventi gioiosi celebrati tra la fine di aprile e i primi di maggio in onore della dea italica Flora.
Queste feste sono sopravvissute nel tempo soprattutto legate alla cultura contadina. Si celebrano in tutta l’Umbria, ma anche in gran parte d’Italia e in molti paesi europei più o meno con le stesse caratteristiche: canti, balli, falò, comitive di giovani, rami fioriti, carri allegorici.
Il Cantamaggio ternano
Si celebra ogni anno fra il 30 aprile e il primo maggio: si caratterizza per la sfilata di carri allegorici per le vie del centro cittadino. Sono accompagnati da balli, canti, stornellate in dialetto ternano. All’evento si aggiunge un ricco programma di manifestazioni che comprendono concorsi di canzoni maggiaiole, di poesia e anche una sfilata di mini carri realizzati dai bambini delle scuole elementari.
Un po’ di storia del Cantamaggio ternano
Le origini del Cantamaggio ternano sono note: nel 1896 il poeta dialettale Furio Miselli, insieme agli amici Pietro Ronconi, Alessandro Turreni, Giuseppe Trinchi, formarono una “cumitìa” con la quale andarono in giro per le case portando un ramo fiorito (il maggio, l’arburittu) e, accompagnati da rudimentali strumenti, cantando stornelli che inneggiavano alla natura e alla primavera chiedendo in cambio uova, formaggio, salumi, dolci. Nella città che andava cambiando a causa della rivoluzione industriale, si delineava il desiderio di ritornare agli antichi riti agresti e propiziatori della fertilità e della primavera.
È proprio il nuovo assetto economico della città profondamente mutato che influenza la festa che, nata come popolare e campestre, diviene poi urbana coinvolgendo fabbriche e commercianti. Tra le trasformazioni più evidenti c’è quella dei carri: a quelli tirati dai buoi e addobbati con frasche e fiori, si sostituiscono i carri motorizzati e riccamente addobbati provenienti dai rioni cittadini e anche dai paesi limitrofi (“dal tardo asinello si passò al camion, per guadagnar tempo nel giro campestre”). Molti hanno fatto una distinzione delle fasi di sviluppo del Cantamaggio: il Cantamaggio antico, vale a dire quello di Miselli, spontaneo e contadino; il Cantamaggio moderno, che si sviluppa dopo la 2^ guerra mondiale che introduce stornellate improvvisate in una lingua mista con il dialetto, nuovi strumenti musicali e soprattutto i carri costruiti sui camion; il Cantamaggio del cambiamento che, a partire dal 2000, si affida a nuove tecnologie e che, soprattutto, si apre alle nuove esigenze turistico-economiche.
Al pari di tante altre feste (ricordiamo il Calendimaggio di Assisi o i Pugnaloni di Allerona) il Cantamaggio ternano, sebbene arricchito di sfilate di carri, di cortei, di fiori e canti, di balli e poesie, di eventi culturali vari, rimane comunque una festa della tradizione e dell’identità cittadina; rimane un rito che esalta la primavera, la fertilità, la gioia di vivere con quel misto di nostalgia per la vita agreste spesso ritenuta quasi un eden di felicità.
Naturalmente, come sempre, ci sono i detrattori del Cantamaggio e chi invece ne esalta l’importanza e la necessità di continuarne la tradizione; chi propone trasformazioni radicali, chi vuole tornare a quello degli antichi riti di primavera, chi infine auspica un’interazione più stretta tra la città e il suo territorio mettendo in primo piano il rispetto dell’ambiente e della natura.
Resta il fatto che il Cantamaggio è una tradizione che è divenuta parte della cultura ternana e, come tale, dobbiamo renderci custodi di questo patrimonio perché è parte della nostra storia antichissima e moderna.
Loretta Santini