QUALE FUTURO?

Terni foto di marco ilari

Una città come Terni, che sta perdendo quelli che sembravano essere dei solidi pilastri, che vede serrati molti suoi negozi, che si spopola lentamente e si impoverisce senza sosta (sconfortante e drammatico il mercato immobiliare!), è costretta, se vuole sopravvivere, a fare, ogni giorno, i conti con il suo passato, e, soprattutto, con il suo presente. Deve centuplicare gli impegni per la soluzione dei problemi e per affrontare dovutamente la digitalizzazione che non sembra poter fare sconti ad alcuno.

Non serve cercare di ignorare che i problemi attuali di Terni, quelli veri, siano drammaticamente esplosi solo negli ultimi anni. Si tratta di problemi grandissimi, che nulla hanno a che fare con ruggini di un passato non certamente brillante, ma solo con la drammaticità galoppante del presente, con la connessione digitale, cioè. Si tratta del tema che più di ogni altro ha cambiato la scena in cui viviamo e, più ancora, cambierà quella del nostro futuro: un fenomeno trasversale e pervasivo, che ha evidentemente risvolti significativi sulla progettualità, sulla costruzione e sui processi di gestione, sull’architettura stessa della città.

È infatti molto più pronunciata la differenza tra la vita di oggi e quella di dieci anni fa che tra quella di fine e di inizio del secolo scorso.

Potrebbe addirittura accadere che lo stesso sentimento identitario di appartenenza ad un gruppo, ad un partito, ad una nazione, possa essere gradualmente sostituito dal sentirsi parte cosciente soprattutto del mondo della connessione digitale. Già adesso, in buona parte, ci si sente più cittadini del mondo intero che del proprio piccolo vissuto, del proprio appartato villaggio o della propria isolata città. Il concetto stesso di famiglia si amplia enormemente in nome di un amore più generale, più esteso, più delicato, più significativo, più completo.

Un amore quello nostro, valentiniano e francescano, che banalizza e ridicolizza il sentimento propalato da popoli (anglosassoni) che niente hanno a che fare con la eccezionale, irripetibile tradizione culturale greca, umbra, latina, italiana: l’amore tra fidanzatini o tra innamorati, magari anche tra quegli innamorati praticanti che ufficialmente fanno parte però di coppie coniugali diverse. Né mancano numerose, profonde riflessioni su mistica e religione, almeno da parte di chi ama studiare, conoscere, dimostrare, ma assiste sbigottito ai ripetuti tentativi, passati e presenti, di ammazzare quelli che non adorano lo stesso dio dei loro assassini. Si entra, adesso, in sintonia ed empatia con chi si collega con te e con il quale senti di avere stesse idee, stessi sentimenti, stessi propositi ed anche, sovente, stesse pene. Potrà passare poco o molto tempo, ma questa evoluzione diventerà inarrestabile.

Come sempre ci sarà l’uomo che si adeguerà e che, anzi, favorirà questo sviluppo evolutivo e chi, invece, dal basso della sua congenita e violenta ignoranza, seguiterà ad essere l’oppositore, il reazionario, l’ominide di sempre.

La pandemia accelera il futuro, un futuro dettato, in gran parte, dalla digitalizzazione, fenomeno abbastanza recente che, volenti o nolenti, rimodella usi e costumi, azioni e pensieri, mondo del lavoro e mondo sociale. Siamo sommersi da cellulari di ogni tipo, da personal computer, da tablet… ed è lì che i giovani trovano un mondo, inusuale ai tempi della mia gioventù, che li ricovera. Lì insolite e pericolose amicizie, inedite esperienze, nuovi legami e desideri inconsueti.

Tutti noi trascorriamo moltissimo tempo on line, per scelta, per diporto, per necessità, per obbligo. Lavoro, acquisti, prenotazioni, comunicazioni, giochi: tutto ormai avviene prevalentemente davanti a uno schermo, sedendo o camminando, soli o in compagnia, ma sempre all’interno di una dimensione immateriale nella quale rimaniamo ormai, completamente ed irresistibilmente, avvolti e coinvolti. Ultimi vergognosissimi e bestiali elementi di cronaca, hanno fatto ben comprendere quanto conti, nel bene e nel male, la comunicazione sociale e politica. Molti dunque possono essere i pericoli rispetto alla tradizionale maniera di vivere e di concepire fenomeni e noumeni. Essendo infatti avviluppati nell’infosfera subiamo delle influenze nascoste e, se non si è vigili nell’adottare necessarie cautele, saremo soggetti a controlli e pressioni da parte di chi ci fornisce tecnologia, ma poi ci consegna a chi gestisce i nostri dati personali, in particolare orientamenti culturali, politici, religiosi, sessuali, simpatie ed idiosincrasie.

Tutto questo, trasformato in Grandi Elenchi di Dati, è raccolto da aziende, istituzioni pubbliche e partitiche che, con immediatezza, ci sommergono di proposte, di fake news e di massicce dosi di oggetti da acquistare o da idolatrare. La nuova tecnologia digitale modificherà le nostre strutture cerebrali, proprio per l’isolamento davanti a uno schermo, dove aumentiamo le esperienze virtuali, ma diminuiamo a dismisura quelle reali. Ci si intrattiene anche in variazioni sulle modalità d’amore comunemente esercitate, sostituendole con nuove alchimie virtuali!

Il rischio è anche quello di perdere o fiaccare sentimenti come la solidarietà, la socialità, la comprensione reciproca, perché immersi in una rappresentazione dei fatti sempre più convenzionale e standardizzata. Il mondo sembra così essere tutto davanti a noi, ma le esperienze dirette si restringono, fino, a volte, a scomparire del tutto.

Riusciremo a capire quello che sta avvenendo? Abbiamo tutti intelligenza e cultura tali da poter comprendere, fare inferenze, stabilire una gerarchia di significati, formulare concetti astratti, elaborare una visione del mondo articolata, complessa, critica?

E, ancora, con riferimento particolare alla nostra città: cosa sarà del commercio? Come cambieranno mobilità e configurazione stessa di Terni? Sapremo misurarci con l’impresa verde, l’economia circolare, la transizione energetica? Avremo invero bisogno di un ambiente sano e di una città con meno rumori e più suoni, zero fetori e innumerevoli profumi.

Una città che si estenda nella campagna e una campagna che penetri in città, e questo, impossibile per moltissime città, sarà meravigliosamente vero, invece, proprio da noi. Pensare ad altre faccenduole senza cercare di avviare a buoni esiti tutte queste problematiche significa soltanto giocherellare.

Occorrerà invero interessarsi prima dell’anima e della mente della città futura. Poi verranno gli arti.

Giampiero Raspetti