Su quale realtà sono destinate ad incidere le linee strategiche sulle quali si articolerà il Piano Mattei, ovvero lo strumento dell’attuale governo finalizzato a costruire un nuovo partenariato tra Italia e Stati africani?
Come è stato acutamente puntualizzato in un recente saggio di Federico Rampini¹, l’Africa è destinata a giocare un ruolo cruciale in futuro. Innanzitutto, in controtendenza rispetto all’inarrestabile diminuzione delle nascite in Occidente, in Africa si registra una crescita esponenziale della popolazione, che, per la fine di questo secolo, potrebbe superare quattro miliardi di abitanti.
L’Africa è anche il continente più giovane: il 50% degli africani ha meno di 20 anni. Questo dato è il risultato di diversi fattori, tra cui gli alti tassi di natalità e una significativa diminuzione della mortalità infantile grazie sia ai progressi nella sanità, sia ad un più facile accesso alle cure mediche. L’attuale tasso di natalità potrebbe consentire alla Nigeria di superare relativamente presto 400 milioni di abitanti, diventando il terzo Paese più popoloso della Terra. La popolazione nigeriana, infatti, è attualmente di circa 220 milioni di persone, ma secondo il corrente trend raddoppierà tra il 2025 e il 2050.
Da un punto di vista macroeconomico l’Africa esporta in gran quantità minerali pregiati, come oro, diamanti, rame, metalli rari, nonché petrolio e materiali strategici per la transizione verso un’economia sostenibile: si tratta di produzioni che dovrebbero avere un considerevole ritorno finanziario. Invece, paradossalmente, il continente più ricco del mondo è anche il più povero: il male endemico della corruzione prosciuga i flussi finanziari arricchendo solo le élite locali. In questo contesto di degrado morale i giovani della classe media con un adeguato grado di istruzione – che nei loro Paesi di origine potrebbero costituire la futura classe dirigente – se dispongono delle somme necessarie, preferiscono alimentare gli esodi verso l’Europa mediterranea.
Per offrire un futuro ai giovani, l’Africa avrebbe bisogno di investimenti infrastrutturali e di sviluppare un’economia basata sulla lavorazione delle materie prime e sulla produzione di beni di prima necessità. Al contrario il ricorso al libero scambio favorisce l’indiscriminata esportazione di risorse naturali in forma grezza, cioè non lavorate; se la lavorazione di queste materie, ovvero il processo di trasformazione in prodotti finali, si svolgesse nei Paesi africani, si creerebbero posti di lavoro, fonti di ricchezza e di crescita sociale. La mancanza di queste dinamiche virtuose determina effetti negativi paradossali.
Ad esempio, la Nigeria, primo produttore africano di petrolio, deve importare a prezzi elevati la benzina, che viene raffinata all’estero. Analogamente l’oro, estratto in Africa centrale e occidentale, è lavorato negli Emirati Arabi, che, pur non avendo miniere, sono fra i maggiori esportatori di questo metallo nobile.
La Repubblica Democratica del Congo ha il più grande assortimento di giacimenti minerari al mondo (rame, diamanti, oro, piombo, manganese, argento, coltan, cobalto, terre rare, etc.), che tuttavia sono impunemente saccheggiati e sono oggetto di traffici criminali che alimentano instabilità politica, miseria e sfruttamento.
Pertanto, nonostante l’abbondanza di materie prime, la Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più poveri. I continui scontri armati per il controllo politico delle risorse interferiscono gravemente nella crescita del Paese; la popolazione è costretta a vivere con difficoltà di sola agricoltura. In altri termini, per i congolesi la ricchezza del proprio territorio, anziché in un vantaggio, si concreta in una maledizione.
In conclusione, questi dati forniscono un significativo riepilogo sintetico della situazione africana: l’Africa possiede il 30% delle risorse naturali mondiali, il 14% della popolazione globale, ma il 43% dei poveri del pianeta².
1. Federico Rampini, La speranza africana, Mondadori, 2023.
2. Dal sito SMA – Società Missioni Africane.
Roberto Rapaccini