Tutto ha inizio con un vagito: “Vi comunico che sono qui”. Il senso è inequivocabile, non ammette interpretazioni, è un’emissione fonetica di intensa valenza comunicativa, accolta, compresa da chiunque. In seguito non sarà sempre cosi…
Inizierà un lento processo di interazione tra umani, attingendo man mano dagli infiniti codici che il nostro corpo ci mette a disposizione per attuare una straordinaria intesa intellettiva, emotiva con se stessi e con gli altri.
Il linguaggio verbale diventa preminente, si avvale della gestualità, della mimica, ma anche dei tanti segnali che l’inconscio ci invia per confezionare una rete comunicativa con la quale stabilire rapporti durante tutto il percorso di vita.
Le azioni della giornata, le più svariate ed imprevedibili, si susseguono e a ciascuna di esse si associano le parole più idonee: un linguaggio suadente, tenero, accomodante, irato, inquieto, sbrigativo… Ogni azione, ogni emozione, ogni minuscola sensazione crea il suo linguaggio.
Chi sei tu? – disse il Bruco in “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll
Alice rispose: – Io a questo punto quasi non lo so più, signore – o meglio, so chi ero stamattina quando mi sono alzata, ma da allora credo di essere cambiata più di una volta.“… e ogni volta diverso è il modo di esprimersi perché il linguaggio si conforma alla situazione del momento, alla persona che si ha davanti, al mezzo con il quale si comunica, all’argomento di discussione, all’umore che permea la relazione…
Si costruisce su cambiamenti improvvisi, si trasforma per eventi tali da cambiare la stessa struttura sociale (una guerra, una conquista spaziale, una scoperta scientifica…).
è la società a costruire il linguaggio ed è la lingua a cambiare la società. Essa è viva, in eterna evoluzione, crea cambiamenti inavvertibili, ma costanti e radicali.
Le parole hanno in se stesse l’essenza di culture lontane, si trasformano per rappresentare al meglio il tipo di società che devono consegnare alla storia.
Le generazioni si susseguono a brevissima distanza: nonni, figli, nipoti, tre cicli di vita concatenati tra loro che mutano radicalmente la visione della realtà e modificano i comportamenti
Modi di dire, strutture sintattiche, forme grammaticali vengono sovvertite e, di conseguenza, destrutturata la “forma pensiero”. Quante parole, nell’arco di pochi anni, scompaiono, quante parole appaiono!
Hanno generalmente origini anglosassone, provengono da forme dialettali, fioriscono neologismi di difficile comprensione, dove una parola, amputata, decapitata racchiude un concetto. Il mondo degli adolescenti si sta costruendo la sua nicchia; una specie di rito di iniziazione che da sempre ufficializza il passaggio all’età adulta. È, in un certo senso, un linguaggio “criptato” che garantisce una loro indipendenza linguistica, ma anche preserva il loro mondo interiore dalle invadenze inopportune degli adulti.
Si divulgano rapidamente parole connesse ai social network e ai videogiochi: postare, bannare, gloogare, hather, laggare…e una larga gamma di espressioni verbali di cui solo loro, adolescenti e giovani, ne sono a conoscenza: bro (fratello),
lovvare (amare), fail – epic fail (fallimento epocale), nabbo (principiante), scialla (tranquillo), beccarsi (incontrarsi), clannare (entrare in un gruppo), svalvolare (uscire di senno), ciorro (persona di brutto aspetto), ciospa (sigaretta), nabbo (principiante), scialla (tranquillo).
È paradossale: in epoca di massima espansione dei mezzi di comunicazione il linguaggio si atrofizza. Sms, chat, blog diventano ”quaderni” su cui esprimersi con forme di pensiero concise, scarne, tristemente ridotte a stereotipi.
Le parole esprimono i pensieri e più il vocabolario si arricchisce più il pensiero si espande, la comunicazione diventa fluida, la comprensione immediata.
Il patrimonio cognitivo di cui l’uomo dispone è stato e continuerà ad essere artefice di progresso per l’intero genere umano.
Il linguaggio dei media: quale ricchezza lessicale potrà riservare alle giovani generazioni, di quale ampiezza di pensiero potranno godere?
E, nell’attesa di sapere quale sarà il destino dell’uomo… il vagito rimane l’unico, autentico, immutabile linguaggio umano.
Sandra Raspetti