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Il parcheggio è mio, ho la servitù!

Il concetto di servitù è uno di quelli sui quali vi è una conoscenza generalizzata, intuitiva potremmo dire. Il Codice civile la definisce all’art. 1027 come “…peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”. Specifica, poi, all’art 1028 c.c., che “L’utilità può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante. Può del pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo”.

I caratteri essenziali delle servitù sono: l’inerenza, ossia l’attitudine della servitù a seguire il fondo presso i successivi proprietari; l’immediatezza, ossia il potere di esercitare il diritto di servitù senza bisogno dell’altrui collaborazione; l’assolutezza, ossia la possibilità di escludere tutti gli altri dall’utilità che il fondo attribuisce; l’altruità, nel senso di necessaria appartenenza dei due fondi, quello dominante e quello servente, a due diversi proprietari; l’utilità oggetto della servitù per il fondo dominante.

Fino alla sentenza 06-07-2017, n. 16698 della sez. II civile della Cassazione, la giurisprudenza non ha mai voluto riconoscere la configurabilità di una servitù di parcheggio, fedele al principio per cui non possono costituirsi servitù dove l’utilità è tratta dalle persone, come nel caso del parcheggio, e non dai fondi (si parla fondi ma i princìpi valgono anche per altri beni immobili, come case/appartamenti): “La mera commoditas di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedano al fondo (anche numericamente limitate) non può in alcun modo integrare gli estremi dell’utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari”. E ciò per la ragione che la servitù è un diritto prediale, (dal latino praedium = fondo) e pertanto deve essere utile al fondo dominante e non al suo proprietario.

Con la pronuncia in esame, invece, la Suprema Corte, ribaltando un orientamento ormai ampiamente consolidato, ha chiarito espressamente che non vi sono, nel nostro ordinamento, ostacoli all’ammissibilità di un tale tipo di servitù, anche se questa non va confusa con il diritto soggettivo di parcheggio: “La servitù può essere costituita anche per garantire, in favore del fondo dominante, il parcheggio sul fondo servente, ciò a condizione che ricorrano tutti i requisiti di struttura del diritto reale minore, in particolare l’altruità della cosa, l’immediatezza, l’inerenza al fondo servente e al fondo dominante, la specificità dell’utilità riservata”. Per la verità, la dottrina aveva cercato di contrastare tale orientamento con diversi argomenti. In primo luogo, osservando come tale conclusione si poneva in contrasto con le definizioni di utilità e inerenza del bene generalmente riconosciute, oltre che con tutte le norme che fanno del parcheggio una pertinenza dell’abitazione.

Oltretutto, l’orientamento si poneva in contrasto con altri ordinamenti europei dove, pur partendo da medesimi princìpi generali in tema di servitù, se ne ammetteva senza problemi la costituzione. Oggi, con la sentenza 16698/17 si riconosce la configurabilità della la servitù di parcheggio purché vi sia utilità del fondo dominante “l’utilizzo del parcheggio deve essere, nel contempo, godimento della proprietà del fondo dominante, secondo la sua destinazione”. Il cambio di orientamento è rilevante: “il carattere della realità non può essere escluso per il parcheggio dell’auto sul fondo altrui quando tale facoltà sia costruita come vantaggio a favore del fondo, per la sua migliore utilizzazione: è il caso del fondo a destinazione abitativa, il cui utilizzo è innegabilmente incrementato dalla possibilità, per chi sia proprietario, di parcheggiare l’auto nelle vicinanze dell’abitazione”. Insomma, sembra che la servitù di parcheggio sia finalmente assurta a diretto reale, seppur minore, al pari della servitù di passaggio, quella di veduta, di presa d’acqua, di non edificare etc. Rimaniamo in attesa degli sviluppi!

Buone Feste e buona lettura del codice civile!

Avv. Marta Petrocchi

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