ONE HEALTH, “UNA SOLA” SALUTE

Da mesi si denuncia la crisi del SSN. Sindacati e associazioni di soggetti fragili e di operatori del settore sanitario, come l’Ordine dei medici o l’autorevole Gimbe, (Gruppo Italiano Medicina Basata sull’Evidenze), segnalano, in modo argomentato i problemi aperti, anche nella nostra Umbria; tuttavia la reazione della opinione pubblica più vasta non è pari alla gravità di quanto sta accadendo, soprattutto nel post-Covid.

Lo smantellamento del servizio sanitario pubblico ed universalistico, verso l’inefficacia e la privatizzazione non è più un rischio, ma, una realtà.
Mancano 100 mila operatori sanitari, tra medici e infermieri. Una deriva che ha già colpito i servizi territoriali (assistenza domiciliare e servizi di base distrettuali) e che comincia ad aggredire, persino, parti fondamentali della sanità ospedaliera, come i servizi d’emergenza-urgenza, che in diverse realtà del paese già vedono una penetrazione del privato e, nel pubblico, disservizi, a partire da tempi d’attesa lunghissimi.

Tuttavia, quanto sta accadendo, con tagli di risorse e sottofinanziamento del fondo sanitario, ben al di sotto del 7.5% della media europea, appare come una slavina da cui non si riesce a sfuggire. C’è come una passività e rassegnazione in una parte non piccola dell’opinione pubblica: ci s’indebita o si rinuncia a curarsi senza ribellarsi.

Come reagire a tutto questo. Si può fare solo una battaglia di pura resistenza, richiamando i valori costituzionali del SSN, come L’art.32.? Una battaglia che va fatta, naturalmente, perché in una Repubblica, democratica e solidale, che dovrebbe garantire “cure gratuite agli indigenti”, 4 milioni di poveri rinunciano a curarsi; ma, forse, occorre offrire anche una lettura più ampia, o almeno aggiuntiva, al problema della tutela costituzionale della salute. Una lettura capace di avere una valenza più mobilitante per la maggior parte dei cittadini. Può essere quella della concezione della salute, come “one health” che pone in una relazione unitaria, salute umana, salute animale e salute dell’ecosistema, della biosfera.

Le epidemie e pandemie sempre più frequenti, da zoonosi, le nuove patologie, indotte dallo sfruttamento delle risorse ambientali, dall’inquinamento e dal cambiamento climatico, stanno lì a segnalarci la gravità di questi problemi. Insomma, con il clima che impazzisce non si alzano solo i mari, ma anche le latitudini di penetrazione e diffusione di nuovi patogeni, capaci di aggredire sistemi immunitari, come i nostri, che non li hanno mai conosciuti. Malaria, dengue, febbre del Nilo, ne sono esempi; e con le malattie infettive, l’aggravarsi di patologie respiratorie e cardiocircolatorie, oltre un “inedito psicologico”, come “l’eco ansia” che comincia a diffondersi in particolare tra i giovani.

Cresce l’iniquità sociale nelle diffusione delle nuove patologie, in quanto l’esposizione e la fragilità dei ceti più deboli è maggiore, per i costi crescenti dei sistemi individuali di difesa: a partire da un banale condizionatore per proteggersi dalle bombe di calore; Più di 13 milioni di persone in Italia sono a rischio povertà e 2,7 milioni individui sono in stato di grave deprivazione materiale e sociale, secondo il rapporto Istat. La loro capacità di difesa rispetto agli eventi climatici estremi e alle patologie da essi indotte è assai minore di quella del resto della popolazione italiana. In più, sono più esposti ai rischi di un’alimentazione industriale, inquinata da pesticidi e antimicrobici, o semplicemente non riescono a permettersi una visita tempestiva da uno specialista; Il “bio è più sano ma costa; il “privato” è più veloce ma costa!

Si può, dunque, rilanciare nell’opinione pubblica il tema della difesa della salute umana e del SSN, con la motivazione aggiuntiva della protezione contestuale degli equilibri climatici e della giustizia sociale. Solo il Servizio pubblico può farlo.

Giacomo Porrazzini