Nel dare voce a moltissimi concittadini, nell’accogliere e nel creare dibattito intorno ad interventi specialistici, d’opinione o progettuali, La Pagina cerca di disegnare un possibile futuro per il territorio, in stretta osservanza con le risorse culturali ed ambientali presenti nella nostra terra. Possibile futuro che offre a tutta la cittadinanza, senza attardarsi nelle ideologie o nelle visioni di parte delle problematiche, nella convinzione che chi si impegna in progetti intelligenti non necessariamente debba avere una sua connotazione partitica.
Con tali propositi feci nascere La Pagina, 14 anni fa. Arrivato oggi al 140esimo numero, posso ben dire che l’obiettivo non solo è rimasto invariato, ma si è consolidato e fortificato. Leggete ormai di continuo in merito al nostro impegno (riuscitissimo ed esemplare quello di Loretta Santini) per passare da la conca a la corona, da ju lu pozzu a Terni è bella. Ad anno nuovo avrete la gradita sorpresa di poter leggere un libro (Umbria, misura umana, oasi di pace, redatto da più feconde mani, con foto dei migliori fotografi di cui dispone la mia redazione e con interventi di prestigiosi centri culturali e di pace della nostra regione) che dimostrerà urbi et orbi come l’Umbria sia la regione più bella e più ricca del mondo. Abbiamo sempre fatto tutto, c’è da dirlo?… nella più completa solitudine, io e qualche centinaia di donne e uomini di cultura, professionisti che credono fermamente di dover servire il proprio territorio attraverso idee, progetti, programmi e che fanno del loro impegno un dono d’amore per la città. Personalmente offro ai miei lettori il più bel regalo di Natale ch’io possa immaginare: in prima di copertina presento infatti la poesia Ricordo di mia madre di uno dei più umani, colti, morali figli di Terni: Zenobio Piastrella, conosciuto come Florio.
Come hanno inizio i doni d’amore in occasione di festività, lo troviamo in Ovidio, Fasti, Libro I, [185, 196], versi in cui il poeta chiede a Giano bifronte, custode delle porte celesti: Cosa significano i datteri, i fichi rugosi e il miele purificato offerto in un candido vaso? È una forma d’augurio disse affinché il sapore si trasmetta alle cose e l’anno trascorra dolce come il suo inizio. Comprendo il perché dei dolci: ma spiegami la ragione del dono in monete, affinché nulla della tua festa mi sfugga. Rise e disse: Oh quanto ti inganni sui tuoi tempi, se pensi che ricever miele sia più gradito che ricever monete! Già, regnando Saturno, ben pochi io vedevo a cui non stesse a cuore la dolcezza del guadagno; col tempo crebbe l’avidià del possedere e ora è arrivata a tal punto che più non potrebbe aumentare.
I Romani dissero Strena il regalo di buon augurio che i clienti solevano donare ai loro padroni, i cittadini all’imperatore, in occasione di una solennità, soprattutto a capo d’anno. Alcuni scrittori narrano che, essendo stati presentati per il primo dell’anno a Fazio, re dei Sabini, dei ramoscelli recisi nel bosco sacro a Strenua, dea della forza (da cui l’avverbio strenuamente), egli li accettò come buon augurio e volle che così si facesse per ogni inizio d’anno. Nel corso della giornata si scambiavano auguri di felicità ed era bandita ogni maldicenza perché l’anno cominciasse sotto buoni auspici. Era anche in uso lo scambio di doni, le strenae, consistenti in piccole somme di denaro (stips, monetina, da cui stipendio), ma soprattutto frutta (ricoperta di foglioline d’oro) e focacce dolci, destinate a rendere meno amaro l’anno nuovo.
Il san Valentino cattolico nasce nel 496 dC con Papa Gelasio che decide di annullare la festa pagana dei Lupercalia, dedicata alla fertilità ma assai licenziosa, decretando che venisse seguìto il culto di San Valentino. La festa di San Valentino invece, quella arcinota in tutto il mondo, è stata introdotta come festa degli innamorati grazie al circolo di Geoffrey Chaucer (1343-1400). Nel poema Parlamento degli uccelli egli associa infatti il fidanzamento di Riccardo II d’Inghilterra con Anna di Boemia ad una più generale festa degli innamorati. Già in Francia e in Inghilterra, nel Medioevo, si riteneva che a metà febbraio iniziasse l’accoppiamento degli uccelli, simbolo anche questo di risveglio dell’amore.
Nel XIX secolo esplode, ancora nei paesi anglosassoni, la tradizione delle Valentine, cioè di bigliettini d’amore con le sagome di cuori, colombe, Cupidi, simboli tutti dell’amore romantico. La più antica Valentine di cui si abbia traccia risale al XV secolo e fu dedicata alla sua seconda moglie, Bonne di Armagnac, da Carlo d’Orléans figlio di Luigi, duca d’Orléans, e di Valentina Visconti: Je suis déjà d’amour tanné, ma très douce Valentinée. Circa duecento anni fa, poi, negli Stati Uniti d’America, Esther Howland iniziò a produrre, su scala industriale, biglietti d’amore per San Valentino. Alla tradizione dei biglietti amorosi si aggiunse poi lo scambio di scatole di cioccolatini, mazzi di fiori ed anche gioielli. Inizia così l’immagine commerciale di san Valentino, immagine che oggi sostanzia la quasi totalità dei festeggiamenti mondiali ove non v’è alcuna traccia del fatto che Valentino sia Vescovo e Patrono di Terni.
Questo fatto interessa pochissime persone e sembra che anche nella nostra città non ci sia l’orgoglio di studiare la vita del santo patrono, di verificare chi davvero sia stato, di proporre al mondo intero la sua vera storia, di esaltare cioè tale ternana identità. Fino ad ora, fatte salve le celebrazioni organizzate dal Vescovo di Terni, in merito alle quali nulla c’è da commentare od obiettare, abbiamo solo saputo scopiazzare qualche evento, dar luogo ad altri di dubbio significato, spettacolizzare, si fa per dire, con musica, cibarie varie (era meglio una volta con bancarelle di semi salati e mosciarelle!) e Tornei di Sanvalentino: bocce, ruzzolone, briscola, burraco, calcetto e via via senza limiti e senza rispetto per la sacralità del santo.
Siamo convinti che proprio a partire da preziosissimi elementi patrimonio della nostra terra, in particolare ambiente, arte e santo patrono, sia possibile ridisegnare una identità vera della città, per consegnarle una sua nuova dimensione, un futuro su cui puntare. In particolare, una recente rivalutazione storico-filologica della figura di Valentino di Terni, effettuata da Edoardo D’Angelo, Docteur de la Sorbonne, professore ordinario di Filologia latina medievale e Presidente del corso di laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte presso l’Università di Napoli, ha portato, oltre a ridatarne completamente la cronologia (sec. IV, non III), ad accertare anche e portare alla luce una figura biografica completamente diversa da quella che siamo abituati a conoscere. La figura di Valentino è infatti andata ricoprendosi, nel corso dei secoli, di una ruggine tenacissima, che ne ha fatto un simbolo del romanticismo spicciolo e del consumismo sfrenato.
Ai cittadini ternani spetta allora di esaltare e radicare il valore simbolico del culto del santo patrono della città, quel Valentino, vescovo di Terni in età paleocristiana, martire anch’egli per l’impegno profuso nel dialogo tra cristianesimo nascente e paganesimo imperante, in nome della affermazione del diritto degli esseri umani all’autodeterminazione. Questa bellissima figura ha subìto uno snaturamento rispetto alla sua autentica, profonda e consapevole identità di pastore di anime, impegnato, in epoca imperiale romana, in prima linea nella lotta per l’affermazione del diritto alla libertà religiosa e del dialogo tra gli esseri umani, a qualsivoglia religione essi appartengano (precedendo in questo di circa 900 anni lo stesso san Franceco d’Assisi).
Valentino di Terni, dunque, è stato un prelato ed un uomo che ha sacrificato la propria vita per alti ideali di libertà: libertà di religione, ma soprattutto libertà di cultura e di impegno sociale verso i più sfortunati. In altri termini, un campione dei diritti umani ante litteram, ed è così che bisogna conoscerlo e farlo conoscere, liberandolo dalla patina di una culturalizzazione popolare e/o commerciale.
Invito allora tutti i ternani devoti del loro santo protettore ad impegnarsi per portare finalmente sulla scena del mondo la vera vita di Valentino e farlo così conoscere per quello che realmente è stato, martire per molte libertà, protomartire per i diritti umani. Proprio per questa finalità lo scorso anno abbiamo invitato a Terni molti colleghi, italiani e stranieri. Tutti venuti nella nostra città per conclamarla capitale dei diritti umani. Qualcuno ricorderà che a suggello piantammo, insieme al sindaco Di Girolamo, ricordi arborei dei paesi di provenienza di questi nostri amici che, anche quest’anno, insieme ad altri colleghi, sarebbero disponibili a venire, anche con loro studenti, per affermare che questa città ha tutti i titoli per presentarsi al mondo intero come capitale di diritti umani. Gli incontri e le conferenze che abbiamo organizzato per il periodo dicembre 2016-febbraio 2017 sono esposte a pagina 13.
Si tratta di importanti conferenze e incontri sul tema. Porremo anche come diritto umano la solidarietà fattiva con il popolo della Valnerina. Gli incontri però che potremmo avere anche con giovani di altri paesi che ci parlerebbero del rispetto, nelle loro nazioni, dei diritti umani (e questi incontri conclamerebbero ulteriormente la nostra città come capitale dei diritti umani), ebbene questi incontri, non possiamo realizzarli da soli, non avendo altro a disposizione che il nostro misero portafogli, la nostra tenacia, le nostre idee, la nostra capacità progettuale.
Ma seguiteremo a dare, generosamente e disinteressatamente.
Giampiero Raspetti