Non ho voglia Sto
di tuffarmi ho tanta con le quattro
in un gomitolo stanchezza capriole
di strade sulle spalle di fumo
………. del focolare Giuseppe Ungaretti
È un Natale triste, come tanti, nella storia dell’uomo. Strofe, immagini, che svelano l’anima: un uomo immerso nella sua solitudine, sconfitto non per sua volontà, ma da eventi non voluti, imposti.
La guerra uccide un corpo, ma anche i pensieri e i sentimenti più puri si dissolvono e rendono l’uomo orfano del suo “io bambino”. È Natale 1916 e Giuseppe è in licenza a Napoli, ma dentro di lui vibra ogni attimo della guerra e delle sue atrocità. Che strano sapore di morte, può assumere la vita! Che voglia di cancellare una festa! In casa, un caminetto acceso, compagno caldo e rassicurante, scintille di fuoco come essenza di vita e dentro l’anima il gelo della trincea e lo spettro della morte sul volto dell’altro.
È ancora Natale oltre un secolo dopo e ancora tempo di guerra: macerie, sepolcro di una umanità stroncata, emblema di una umanità fallita. Altrove, lontano da essa, si continua la rappresentazione di un evento storico, impenetrabile per la distanza temporale e per una evoluzione del pensiero che inevitabilmente ne ha trasformato e sminuito il valore. Non luminarie per le strade, ma fiammelle di candela in case bombardate, non addobbi, in tempo di guerra, né presepi con statuine inerti come inerti vagano i sopravvissuti tra le macerie.
Il Natale rimane, comunque, la festa più amata dell’anno per la magia che emana, per il mistero della vita che vuole rappresentare, per la comunione di anime che riesce ancora a suscitare, per quel sentimento di affettività pura con il quale gli adulti avvolgono i bambini.
Le sue origini sono lontane, IV secolo d.C., la sua data, 25 dicembre, si sovrappone alla festività pagana del “Sol Invictus” che i Romani celebravano il primo giorno del solstizio d’inverno.
Era considerato il giorno in cui la luce del sole squarcia il buio, vince le tenebre ed è ciò che Cristo ha rappresentato per tutti gli uomini che hanno accolto il suo messaggio di luce, d’amore, di solidarietà. Inoltre si ritiene che la convivialità di quei giorni di festa, sia da riferirsi ai Saturnali, festività romana in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, celebrata dal 17 al 23 dicembre e caratterizzata da un’atmosfera di allegria, di scambio di doni e banchetti opulenti.
È così che si festeggia, oggi, in una società che ha trasformato il Natale in una poderosa macchina commerciale. È un mondo fittizio quello che esplode, è un tempo di frenetici preparativi, ma è anche il corollario necessario per esaltare la festa, è il bisogno dell’uomo di ritrovarsi in famiglia, tra gli affetti, fermare il tempo, afferrarlo e donarlo ai bambini.
Natale in famiglia: vigilia vissuta con ingordigia affettiva, con il godimento di dare ai più piccoli il brivido di un’attesa, il fascino di un Babbo che suona alla porta e lascia doni.
Giochi in famiglia tutta la sera e i bambini che devono sempre vincere perché la meraviglia nei loro occhi è il dono per gli adulti. Il momento finale è la Messa di mezzanotte ed è solo in quella ora che il Natale si celebra.
Sandra Raspetti