Dai mulini alle centrali idroelettriche
Fin da bambino, ricordo i racconti di mio nonno Giovanni, che mi parlava dei mulini e mi affascinava vedere nel suo laboratorio i vari strumenti che si era fabbricato da solo. Tra questi spiccava una mola in pietra, di grandi dimensioni e peso, che usava come volano in uno strano strumento che serviva per affilare i coltelli e molto altro.
Mi raccontava che quando andava a lavorare a Nera Montoro nel 1919 aveva visto abbandonata questa grossa pietra e con un carro di buoi l’aveva portata a Narni. Mi parlava poi dei mulini e con orgoglio mi diceva come da agricoltore fosse diventato un esperto operaio che lavorava in una grande fabbrica. Lui aveva vissuto direttamente il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale.
I mulini di Stifone sono stati la zona industriale di Narni per molte centinaia di anni, infatti si parla di essi già ai primi dell’anno mille, nel regesto Farfense, poi negli statuti comunali di Narni del 1371 e nelle riformanze viene dettagliato il grande lavoro dell’arte della lana a Stifone. Nel tempo sorsero poi in quei luoghi altri opifici come concie, segherie idrauliche, ferriere, valcherie, cartiere, oltre ai mulini a grano e ad olio, che nel catasto Gregoriano del 1820 vengono censiti in grande abbondanza in questi luoghi. Si parla di oltre quaranta mulini, nel territorio di Narni, a molte “ruote di acqua”, come si citava in tali scritti. Poi il grande salto e la storia di un giovane ingegnere figlio di un mugnaio entrò nella mia vita.
Quasi per caso, dai racconti degli anziani, ho sentito parlare di Aldo Netti e subito mi sono appassionato a questa Storia, che ha fatto della nostra terra un centro di sperimentazione e ricerca tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, per dare poi sviluppo e prosperità a tutta l’area della Valnerina, facendo diventare la nostra zona una “Silicon Valley” ed un centro di eccellenza per le nuove tecnologie di allora.
Per i cittadini di Narni il piccolo edificio posto a Stifone oltre il ponticello che attraversa il fiume Nera non è solo una casa, ma dovrebbe essere “il luogo della memoria”.
Una memoria gloriosa che vede la città di Narni prima in Italia, ad avere una “Officina Elettrica Municipalizzata”; la stessa città di Milano nel 1892 chiede al Sindaco di Narni come si possa costituire un’azienda di questo tipo. Il Re d’Italia invia un telegramma per l’inaugurazione della centrale, avvenuta il giorno del Genetliaco di suo figlio, il Principe di Napoli. La città di Narni festeggia tale evento al teatro comunale, che per l’occasione viene illuminato con oltre 500 lampade a luce elettrica.
Pensare al giovane mugnaio Aldo Netti, che passa la sua gioventù tra i sacchi di farina ed il gorgogliare delle azzurre acque di Stifone, nel mulino che era stato del Nonno Aldobrando (di cui Aldo porterà il nome), è ritornare alle radici contadine del territorio, alla dura fatica dei campi, ai difficili rapporti con i “Padroni”, che avevano da secoli la proprietà di quel luogo. Come ci ricordano i documenti del Catasto Gregoriano, ora all’Archivio di stato di Terni, il Mulino in oggetto era così descritto: “Molino da grano a due ruote d’acqua” di proprietà di Mancinelli signori conti Ferdinando e Francesco, Cardoli Antonio e Giuseppe, Aldobrando Netti Quondam Francesco in Stifone”. Il mulino passerà poi di proprietà al padre di Aldo, che con il sudore della propria fronte lo riscatterà e quel luogo diventerà la fucina per l’evoluzione della classe contadina del territorio, che in poco tempo, grazie alla luce elettrica creata dalla forza dell’acqua, permetterà a generazioni di Narnesi di migliorare le proprie condizioni sociali, portando ad un progresso inimmaginabile e facendo fare al mondo dei progressi impensabili.
Si può immaginare il giovane Netti che, seduto tra i sacchi di grano e impolverato della farina appena macinata, studia in un angolo del mulino al lume di una candela. Una vita difficile la sua, segnata da sacrifici e privazioni: deve abbandonare più volte la scuola, solo le borse di studio del Comune di Narni gli permetteranno di poter continuare, prima come perito industriale e poi per fare il grande salto a Milano nel politecnico. Lì incontrerà il professor Colombo, vedrà le macchine di Edison alla centrale termoelettrica della Redegonda posta tra il duomo di Milano ed il teatro della Scala. Poi il ritorno a Stifone, con tante speranze e pochi soldi, ma un luogo in cui sperimentare quanto di buono aveva appreso dai libri.
Il mulino di famiglia diventerà la fucina dei suoi esperimenti. Prima convince il padre Pietro a fargli provare una sua macchina che, attaccata alle pale del mulino, farà il miracolo di produrre energia elettrica con cui accendere delle lampade per rischiarare nella notte Stifone. Riconoscente verso il Comune che lo aveva fatto studiare propone al Sindaco Pietro Eroli di portare la luce elettrica da Stifone a Narni, con un ardito impianto di linee elettriche. Non sarà difficile convincere il padre del suo progetto, il mulino di giorno continuerà il suo lavoro di macinazione, mentre la notte lavorerà per portare la luce a Narni.
Per uno strano scherzo del destino, sarà proprio il figlio di un mugnaio a decretare la fine dei mulini ad acqua, infatti con l’avvento dell’elettricità i mulini cadranno in disuso e lasceranno il posto ai mulini elettrici, non più legati al lento scorrere dell’acqua.
Ma quelli sono stati tempi eroici e quell’edificio anonimo, ora abbandonato dopo il suo restauro, potrebbe raccontare di nuovo questa splendida storia a tanti giovani. Il loro benessere è possibile grazie ai sacrifici di intere generazioni di elettricisti che, in poco tempo, passando di successo in sucesso, hanno visto la valle dei fiumi Nera e Velino divenire il motore dell’industria Italiana, con le grandi acciaierie, con le fabbriche del Carburo, con l’Elettrocarbonium e mille stabilimenti che nascono grazie alla potenza dell’elettricità. Poi la guerra porterà nuovo sviluppo con le grandi centrali di Nera Montoro, Cervara e delle Cascate delle Marmore.
È importante non dimenticare che tutto parte da questo piccolo edificio e dalle sperimentazioni di un giovane ingegnere, che conosceva bene la potenza delle acque, che sapeva utilizzare al meglio la loro forza ed anche con piccole “portate” riesce a far scaturire la luce elettrica dalla loro potenza. La storia dell’ingegner Netti prosegue di successo in successo, da progettista diventa proprietario di centrali elettriche e poi creatore e distributore di reti elettriche. Sperimenterà nuove industrie, da quelle del Carburo a fabbriche del ghiaccio, dalla elettrificazione delle ferrovie alla telefonia. Netti diventerà imprenditore a tutto campo; responsabile della Camera di Commercio; Onorevole a Roma. Penserà sempre in grande ed agirà nel locale, dove sono le sue radici, nella verde Umbria che gli ha dato i natali. Non dimenticherà mai la sua Narni, seguendo i lavori dell’Azienda Municipalizzata comunale, fornendo borse di studio ai giovani della città, costruendo nella sua città il primo mulino elettrico comunale, aiutando il comune nelle difficili lotte di potere che vedono le fortissime aziende energivore crescere e prosperare grazie alle sue invenzioni e che spesso, per le proprie esigenze energetiche, danneggeranno proprio le piccole centrali di Stifone, che si ritroveranno senza acqua dal 1910 al 1915 per i lavori della centrale di Nera Montoro, che con il suo canale, intercetterà le sorgenti che portavano al mulino l’acqua, lasciando a secco le centraline del comune di Narni. Ma la guerra mondiale incombe e non ci si può fermare, così si procede a grandi passi verso l’industrializzazione del territorio, rifondendo solo in piccola parte il Comune di Narni, che tanto aveva dato per il progresso del territorio.
Narni concederà ancora gran parte del suo territorio per produrre energia, anche dopo la seconda guerra mondiale, con nuovi bacini, con nuove opere di canalizzazione di quelle acque che un tempo le aziende elettriche riconoscevano al Comune di Narni e che ricordano la storia di un umile figlio di un mugnaio che, diventato ingegnere, aveva fatto grande il nostro territorio.
Tutto questo si potrebbe raccontare in quell’edificio a Stifone che, per uno strano segno del destino, non è rimasto di proprietà del Comune, ma che la generosità di ERG potrebbe restituire alla comunità di Narni per raccontare meglio questa bellissima storia ai giovani di tutta Italia, che potrebbero trarre nuova energia morale e intellettuale, rileggendo la storia dei lori avi e dei molti operai, ingegneri ed elettricisti, che con la loro capacità e spirito di sacrificio, hanno costruito tutto questo, lasciandoci in eredità una macchina quasi perfetta, il sistema cioè di sfruttamento delle acque del Nera e del Velino per usi idroelettrici.
Grazie Aldobrando Netti per quanto ci hai donato; speriamo di poterti ricordare degnamente nei luoghi che ti hanno visto protagonista della nostra storia.
Vedete anche il mio sito: http://www.narnia.it/nettistampa.html
Giuseppe Fortunati