È vero che gli screening mammografici iniziano solitamente a 50 anni, ma questo solo perché dopo la menopausa i tumori della mammella sono più frequenti e la mammografia è più efficace, quindi si ha il massimo di ritorno dall’investimento economico fatto dal Servizio sanitario nazionale (poiché stiamo parlando di salute pubblica e di controlli gratuiti per i cittadini).
Completamente diversa è invece l’indicazione ai controlli periodici individuali, che devono iniziare già a 30-35 anni con un’ecografia mammaria annuale e dai 40 anni anche con una mammografia ogni 12/18 mesi, l’unico esame in grado di identificare ad esempio le micro-calcificazioni che sono spesso una spia di una iniziale lesione tumorale.
La validità di queste indicazioni è stata nuovamente confermata, nei giorni scorsi, da uno studio pubblicato sulla rivista Radiology e condotto dai ricercatori americani del Swedish Cancer Institute di Seattle su oltre duemila pazienti con carcinoma mammario e un’età compresa fra i 40 e i 49 anni: nelle partecipanti che si erano sottoposte a mammografia (tramite la quale era stata scoperta la malattia) la prognosi si è rivelata migliore perché la neoplasia era in uno stadio iniziale, più facile da curare e dunque meno letale e con minori probabilità di ricaduta.
L’età dai 30 ai 50 anni è in effetti la più delicata dal punto di vista diagnostico, poiché coesistono tutte le patologie, benigne (fibroadenomi, cisti, displasia) ma anche neoplastiche. È quindi opportuno abbinare la mammografia all’ecografia e possibilmente al controllo specialistico dal senologo che, in base ai vari fattori di rischio (come la familiarità) e agli esiti degli esami, può indirizzare la singola donna verso il corretto iter di prevenzione.
Per quanto riguarda i possibili danni da radiazioni è doveroso ricordare che la moderna mammografia digitale utilizza dosi di radiazioni bassissime, assolutamente non pericolose. La ghiandola mammaria inoltre è sensibile ai danni da radiazione solo nel momento dello sviluppo, quindi non nelle donna adulta.
È vero comunque che nelle giovani donne, ma a volte anche in post-menopausa, la mammografia può risultare poco leggibile per la densità del tessuto ghiandolare: è uno dei limiti degli screening mammografici, nei quali una mammografia non ben chiara (e dunque difficilmente interpretabile) viene refertata come «negativa» inducendo a volte una falsa tranquillità.
In questi casi, infatti, non ci si deve fermare, ma eseguire anche un’ecografia per completare le informazioni a disposizione e avere un quadro completo.
Dottoressa Lorella FIORITI