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L’Italia che funziona

Martedì 8 agosto, ore15, Crocemicciola di Stroncone, pineta: divampa un incendio che sarà completamente debellato nel corso della notte tra giovedì 10 e venerdì 11. Gli interventi per spegnerlo, per assicurare protezione e collegamenti necessari sono stati super tempestivi. Le chiome dei pini sovrastanti le fiamme non sono più, oggi, di un bel color verde, ma di un triste marrone ruggine; un piccolo ritardo, un casuale disservizio e avrebbero preso fuoco, con difficoltà poi enormi, se non insormontabili, per lo spegnimento con idranti. Conosco bene i fatti avendoli seguiti istante per istante, di giorno e di notte, poiché l’incendio si è sviluppato a 20 metri da casa mia, divenuta base di molte operazioni di spegnimento e di bonifica. Abbiamo cercato, io e mio figlio, di collaborare, per quel poco che potevamo fare, con loro: Vigili del Fuoco eccellenti (squadre di Terni, Amelia, Assisi), Protezione Civile di Stroncone altrettanto super, Carabinieri, Polizia Comunale di Stroncone, Guardia Forestale. Circa quaranta persone, tutti uomini, tranne Vanessa, validissima protettrice civile. Tutti impegnati in un lavoro unito, concorde, che spegne le fiamme, ma illumina le menti e offre pretesto per ragionare di costume, società e politica. Ma prima di inoltrarmi nella riflessione sento di dover ringraziare: Bruno Nannini, assessore al Comune di Stroncone, che ho visto a lungo spegnere fiammelle in pratica a mani nude o con frasche di recupero; Alberto Falcini, sindaco di Stroncone, alla ricerca continua di informazioni anche direttamente al mio telefono fisso (per il cellulare, purtroppo, non c’è campo a Crocemicciola!) e tutti gli altri, tantissimi, tenaci, risoluti, instancabili, determinati, capaci, forti: l’Italia che funziona! La Protezione Civile ci protegge impegnandosi gratuitamente e gli stipendi di tutti gli altri soccorritori sono risibili, del tutto adeguati al significato della parola latina stips (da cui appunto stipendio) cioè monetina, elemosina. Per loro il Paese non prevede laute mensilità, forse perché i soldi sono riservati a molti altri, quelli dell’Italia che non funziona! E sono tanti i saccheggiatori, sempre l’un contro l’altro armati, devoti quasi esclusivamente agli interessi della loro famelica famiglia. I nostri della Protezione Civile o del Corpo dei Vigili del Fuoco sono unitissimi per raggiungere lo scopo e per famiglia hanno l’intera umanità. Non ha alcuna importanza come ognuno di loro la pensi partiticamente: non c’è bisogno di dividersi in fazioni per risolvere i problemi. Lo spirito che li anima è quello del volontariato, vero motore della società. Umili, ma preziosissimi, dimostrano quotidianamente quello che valgono, risultando esattamente agli antipodi di quelli che, e non sono pochi, eletti ad esempio consiglieri o nominati assessori, non avendo mai prima, al di fuori della partitica, combinato qualcosa di buono, all’improvviso si mettono in mente di sapere, fare, saper produrre progetti o, al limite, di essere intelligenti!

Volontario è il cittadino che liberamente ispira la sua vita a fini di solidarietà. Adempiuti i suoi doveri civili, si pone a disinteressata disposizione della comunità, promuovendo una risposta creativa ai bisogni emergenti dal territorio, con attenzione prioritaria verso i poveri, gli emarginati, i senza potere, i giovani. Il terreno della crescita del volontariato è quello dello sviluppo di una democrazia più larga, di nuove istituzioni che possano essere animate anche da soggetti non partitici, del concorso alla creazione di formazioni che attuino una rigenerata politica. Considero (l’ho già pubblicato nel mio libro Senatori della città) il volontariato come uno tra i pochi soggetti in grado di dar vita alla vera politica. Ogni volta che i cittadini si fanno carico di un problema collettivo o di un bisogno sociale affermano la propria volontà di riappropriarsi della polis. Una forte collaborazione fra settore pubblico e terzo settore equivarrebbe allora a costruire una politica attenta ai bisogni di tutti i cittadini, una politica che abbandona le nasse delle ideologie e delle partitocrazie e si rigenera come politica dei comportamenti, dei valori, dei progetti. Venga dunque prima il volontariato culturale e progettuale poi, al suo servizio, la politica!

La politica è stata caratterizzata, nei tempi, da relazioni di antagonismo fra due parti contrapposte (Patrizi-Plebei, Guelfi-Ghibellini, Whigs-Tories, Conservatori-Democratici). Tali aspetti dicotomici non sono estranei alla concezione metafisica del mondo naturale (dio-demonio, luce-tenebre, ordine-caos, vita-morte), all’analisi geometrica euclidea-cartesiana (destra-sinistra, colonne d’Ercole in Gibilterra-colonne sull’Indo, sopra-sotto, positivo-negativo), alla pervasione elettronica (uno-zero, on-off, acceso-spento). La politica e la vita nascono, fin dagli albori, dalla madre di tutte le diadi: uomo libero-cultore di privilegi. Una diade è formata da due polarità opposte e contiene concetti antitetici e complementari. Concetti reciprocamente esclusivi, nel senso che nessuna dottrina può essere contemporaneamente tanto in un polo quanto nell’altro. In pillole: un uomo onesto non può, secondo la concezione diadica, convivere nella stessa fazione in cui militano anche uomini disonesti. O si cacciano quest’ultimi o è l’onesto a dimettersi: tertium non datur. Se ciò non accade, e questo, purtroppo, si verifica non di rado, siamo semplicemente in presenza di un aggregato di ipocriti, attori e mestieranti, appunto. La politica alla quale mi riferisco è dunque quella dei valori, assiologica, estremamente più seria e onesta di quella assiale.

Acioj (axios) è parola greca che significa degno di onore, valore condiviso, da cui la parola italiana assioma che è spesso presente nella scienza matematica dove però non assume il significato di verità assoluta, precipuità questa di Giove o, razionalmente, di un teorema inconfutabile. Verità degna, sì, ma fino a quando? Fin quando, dopo aver correttamente applicato le regole della deduzione logica, non si giunga a conclusione lampantemente falsa o errata! In tal caso tale verità non si ritiene più degna, ma… nessun anatema, non dà luogo a scomuniche o a tradimenti; semplicemente non serve più, viene sostituita! Nella vita ordinaria esiste l’analogo: credi a certi ideali fin quando si mostrano coerenti con i tuoi princìpi etici, questi sì chiaramente ed intimamente noti a te stesso! Non appena però si accerta un qualche singolo comportamento indegno od anche la presenza nel gruppo direttivo del tuo partito, ad esempio, di disonesti, anche di uno solo, la coerenza morale (alter ego della deduzione logica) pretenderebbe che il partito stesso, prima, molto prima dei  tribunali, cancelli, senza se e senza ma, quel comportamento o denunci immediatamente il disonoratore. Diciamo meglio: invece di arroccarti in una difesa corporativa delle zozzerie che infamano il tuo credo, dovresti chiedere di cancellare la direzione del partito stesso perché non più degna, coerente cioè con i princìpi ispiratori ai quali hai aderito (o abboccato!). In realtà questa operazione di moralità assoluta la eseguiamo costantemente, ma solo nei confronti dei nostri avversari partitici, palesando chiaramente ipocrisia ed innescando un comportamento che fa ricorso ad una sorta di becero machiavellismo pronto a giustificare azioni sconce, ma essenziali per il mantenimento della parrocchietta. Dapprima si faccia dunque pulizia nel proprio campo, poi, molto poi, si pensi a quello avverso.

Nella politica assiologica centro è l’atollo in cui si concentrano valori condivisi; estremo, né a destra né a sinistra e nemmeno a nord-ovest di Paperino, è l’atollo di quelli opposti. Si tratta di un bipolarismo cristallino: da una parte o dall’altra, sì, ma rispetto a comportamenti netti, solari, a categorie fondamentali condivise da molte persone, qualunque sia la loro ex appartenenza partitica. Nella vita vera, quella diadica, la scienza è in opposizione alla fanfalucheria (non può, per dirne una, iniziare la giornata affidandosi agli oroscopi chi amministra il bene comune), la ragione alla mistica, i ragionamenti scientifici a quelli a pene di segugio, la vita vera alla partitica. La politica è l’immagine speculare della vita, ça va sans dire. Elettori non adamantini promuovono, senza vergogna alcuna, candidati non candidi ben sapendo che le azioni di un big della politica influenzano e modificano molti comportamenti sociali. Se, ad esempio, nelle zone apicali della politica dovessero annidarsi corruttori, falsari, puttanieri, spergiuri, profittatori… allora i loro misfatti si rifletterebbero sulla popolazione, deteriorandone e corrompendone i comportamenti, diventando addirittura, nelle menti dei più indifesi, normali ed accettabili (ma se lo fa anche lui…?!). Per fortuna il nostro bel Paese non corre di tali rischi: da noi, come ogni cittadino ragionevole e timorato di dio ben sa, tutte le madri e tutte le mogli sono illibate, se non addirittura asessuate, e tutti i politici sono onesti, se non addirittura purificati per il solo fatto di appartenere ad un partito, ad una conventicola, ad un club riservato: tutta gente d’onore.

In varie parti d’Italia si uniscono ai Vigili del Fuoco dei volontari, alcuni dei quali trovati poi ad appiccar fuoco per introitare 10 euro l’ora di retribuzione. Detto che sono volontari, ma non Vigili del Fuoco, occorre subito chiarire che appena scoperti sono cacciati via e messi regolarmente in galera. Non avviene così per tutti gli scabrosi casi di malaffare che vedono protagonisti i politicanti, non appena uno di loro è scoperto a delinquere. In questi casi i cultori di privilegi non si indignano, non lo prendono a legnate, ma scodinzolano, esaltano, proteggono, si fanno addirittura complici per l’approvazione di leggi che lo lascino a piede libero. Di poi cominciano a straparlare di giustizialismo e di garantismo, ma non cacciano via nessuno, rimangono sempre empaticamente uniti. Molti parlamentari lavorano al più 3 giorni alla settimana (alcuni addirittura sono sempre assenti!), producono confusione, nulla sanno di vita vera, di politica, di matematica, filosofia, scienze varie; millantano lauree, le acquistano in itinere o sono in possesso di lauree di secondo o terzo ordine; si dànno importanza sol perché, aprendo bocca, emettono suoni articolati, coltivano rapporti cordialissimi con centri di potere e grandi sponsor, percepiscono emolumenti tali da costituire un vero, immondo saccheggio a danno del popolo italiano. Ci sono degli analfabeti che già alla scadenza del mandato non solo non subiscono cattura, ma percepiscono pensioni faraoniche, loro che niente hanno mai saputo fare nella loro insignificante vita! E pensare che la parola emolumento (emolere, da cui mola) è la somma pagata per macinare il grano, quindi una parola nobile, dignitosissima. Ma, uno che accetta emolumenti smisurati può essere considerato degno? No, è semplicemente un cultore di privilegi! Detto alla francese: uno scialbo cazzisuista! Per lui ben s’addice la parola paga che, provenendo da pacare, placare, significa mettere d’accordo, tranquillizzare. E lui si tranquillizza, infatti intasca compensi che potremmo definire appannaggi (dal francese apanage) cioè rendita per sovrani, anche se i sovrani europei intascano meno della metà dei nostri nababbi! A loro dunque non diamo monetine, ma una sorta di subdola, pelosa tangente. Qualcuno di loro percepisce, da decenni, dei mensili addirittura superiori ai 30.000 euro. Non siamo di fronte a degli uomini liberi, anche per il solo fatto che non solo accettano una ruberia del genere, ma piagnucolano che senza quei soldi non saprebbero come campare.

Intanto all’Italia di cui abbiamo bisogno, quella che lavora e che funziona, si fa mancare molto. Si aumenta a dismisura il numero dei privilegiati; siamo pieni di parlamentari, di consulenti, di clientes, ma sull’orlo del baratro per mancanza di quegli eccellenti scienziati e formidabili uomini di cultura che costringiamo ad emigrare. Mancano in maniera impressionante i geologi di stato: preferiamo i giochi immondi dell’abusivismo che dispensa mazzette; mancano, e siamo a bomba, i Vigili del Fuoco. Lavoriamo ininterrottamente da mesi -ricorda il sindacato dei Vigili del fuoco- in ragione degli eventi che hanno colpito nel corso di quest’anno il nostro Paese, registrando però soltanto chiacchiere e pochi fatti. È urgente e non più rinviabile adottare misure a favore del Corpo, più volte promesse, ma mai arrivate. I Vigili sono sotto organico di 3.500 unità, con mezzi e attrezzature da ripristinare, sottopagati; dal 2009 il contratto dei vigili del fuoco è bloccato. Ma non basta. A chi diamo altri soldi? A quelli che rubano disinvoltamente, ad esempio. Si sa ufficialmente che dai cellulari (401.839 a carico dello Stato) in dotazione alle amministrazioni pubbliche sono partite migliaia di chiamate verso numeri non proprio istituzionali, con un danno di quasi 8 milioni di euro. C’è di tutto, ovviamente a carico di noi contribuenti: abbonamenti a siti porno, scommesse online, video hard casalinghi, Serie A Tim, Dillo alle Stelle, Pronto a tavola, televoto di Sanremo e Miss Italia, chat erotiche e per ricevere materiale pornografico. Quel che sconcerta non è che questi nostri benemeriti numi tutelari si iscrivano o partecipino a tali sconcezze: da loro non mi aspetto altro. Quello che non è possibile accettare è che nessuno tra tutti quelli che hanno “governato e amministrato” finora abbia mai rinunciato agli emolumenti che in qualsiasi altro paese riterrebbero solo pura ruberia. A tali dessi, oltre alle mostruosità economiche da rapina che si approcacciano, assegniamo anche un telefonino per il quale, oggi, con meno di 30 euro mensili, chiunque ha tutto illimitato. Costoro, si capisce benissimo, non potranno mai essere uomini liberi! Pur tuttavia li manteniamo a vita, loro e i loro parenti più prossimi. Ma che paese è questo? Un paese che crea bande di gente inutile o dannosa ed emargina quelli che lo fanno funzionare. Non occorre certo essere dei Catoni o dei Savonarola per sdegnarsi orribilmente.

Basta essere uomini liberi!

Giampiero Raspetti

 

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