Un tempo i nostri nonni e anche i nostri genitori dicevano: “Lo ha detto la televisione!”.
In un mondo che da poco si apriva alla comunicazione di massa, quello che veniva detto da professori, giornalisti, meteorologi, ricercatori, politici era l’ipse dixit. Ci si fidava ciecamente: il dubbio e l’incertezza non esistevano. Tutte le informazioni e le interpretazioni venivano accettate in modo passivo: dunque una credibilità a prescindere.
Proprio la comunicazione televisiva è di nuovo diventata una fonte autorevole: devo per forza riferirmi soprattutto a questo periodo in cui il covid-19 è piombato sulle nostre vite e ha catturato la nostra attenzione con speranze, paure, aspettative e timori.
L’emergenza sanitaria e l’isolamento in casa (lockdown) hanno riunito le famiglie davanti allo schermo in cerca di notizie. La televisione è tornata nuovamente ad avere il ruolo centrale nell’ambito dell’informazione della famiglia, con un’impennata di ascolti.
Oggi a “Lo ha detto la televisione” si aggiungono nell’ordine: “lo ho letto su Internet”, “Stava scritto sul giornale”, “Lo ha detto Tizio o Caio”.
Notizie e informazioni, vere e false, distorte, spesso enfatizzate (“Chi non sa far stupir vada alla striglia”) e a volte anche attenuate per placare l’allarmismo, vengono propinate nei telegiornali, nei talk show, nei dibattiti, nei vari social.
La pluralità delle fonti e la molteplicità dei pareri è certamente un fatto positivo, però il mare di notizie, di cifre, di statistiche, di previsioni, di riflessioni, di provvedimenti, di pareri (virologi, immunologi, OMS, operatori sanitari) che ci hanno sì informato, ci ha anche disorientato e addirittura sconcertato.
Facendo la spesa, con persone rigorosamente a un metro di distanza e con mascherine, ho assistito a una vera guerra delle tifoserie: chi sostiene che il virus non esiste, chi afferma con certezza che è stato creato appositamente in laboratorio, chi dice che muore col caldo, chi ancora che la pandemia farà milioni di morti, chi parla del salto dall’animale all’uomo di questo maledetto virus e ha cominciato a guardare con sospetto pesci, cani e altri animali. Cresce così ogni giorno la schiera dei negazionisti o dei complottisti e di chi a questi si oppone, dei pro vax e no vax, sempre l’un contro l’altro armati.
Tutti sono diventati virologi, scienziati, medici.
Ma udite udite: dalla parrucchiera, bardati come astronauti, ho inteso disquisire con una competenza pari a zero, di altri virus in preparazione per distruggere l’umanità. C’era anche chi reinterpretava le previsioni dei Maya (la famigerata fine del mondo) e qualcuno cercava nelle terzine di Nostradamus un qualche indizio. E non parliamo poi degli effetti catastrofici dell’anno 2020, bisestile e per questo sfortunato (anno bisesto anno dissesto).
Sui social poi, in particolare Facebook, si assiste a vere e proprie battaglie scientifiche -ma direi pseudoscientifiche- non solo di virologi e di epidemiologi che sono coloro che ne avrebbero la competenza, ma di gente comune che disquisisce sull’uso delle mascherine e dei guanti e quant’altro attiene al covid sentendosi portatori di verità.
In questo marasma di pareri contrastanti, di gente che spesso ripete senza discernimento ciò che ha ascoltato -i modelli televisivi spesso non sono certo un esempio di civiltà- vorrei dire che nessuno ha la verità in tasca o ha la sfera di cristallo per prevedere il futuro, né la bacchetta magica per risolvere i problemi: l’emergenza sanitaria e il pericolo incombente della seconda fase richiedono umiltà, senso civico, attenzione, discernimento, tolleranza e, soprattutto, responsabilità e rispetto delle regole.
E questa è la vera libertà dell’individuo.
Loretta Santini