Il livello di una città, il suo grado di attrattività ed accoglienza, la qualità della vita, lì si misura e si apprezza su molti fattori, storici e culturali, naturalistici, economici e sociali, per la rete infrastrutturale e dei servizi. Fra questi ultimi, una città che può avvolgere in un abbraccio protettivo, sia i suoi abitanti, sia i suoi visitatori, deve avere un servizio sanitario pubblico, universale, efficiente ed agevolmente accessibile. Terni oggi non sembra possedere più queste caratteristiche; alla crisi economica, alla fuga dei giovani ed agli storici problemi ambientali di una città industriale si aggiunge il degrado dei suoi servizi sanitari. Proprio per segnalare l’esistenza di tale enorme problema, ben 14 Associazioni di promozione sociale e del volontariato solidaristico hanno presentato alla città, nei giorni scorsi, un “Manifesto” con il quale, sulla base di bisogni di salute non soddisfatti, da parte dei cittadini della nostra comunità, lanciano un allarme alla opinione pubblica ternana e formulano critiche e proposte, ugualmente argomentate, per provare ad uscire da tale situazione di disagio che mette in discussione il diritto costituzionale alla salute e la tenuta del SSN. Le proposte contenute nel Manifesto provano a dare una risposta complessiva ed avanzata a sostegno di quella sanità pubblica che la esperienza drammatica del COVID ha dimostrato essere essenziale.
Le decisioni, com’è noto, sono di competenza della Regione, a partire dal nuovo Piano sanitario regionale, ma le comunità locali, su tale fondamentale atto di programmazione sanitaria, con le loro istituzioni comunali, dovrebbero far sentire la propria voce. Finora così non è stato. A poco servirebbe lanciare un allarme, pur doveroso, sulla situazione dei servizi sanitari del territorio se, allo stesso tempo, non si riuscisse ad organizzare dal basso una partecipazione corale e coordinata delle Associazioni e di altri soggetti sociali al discorso pubblico che è indispensable riaprire sulle scelte del Piano sanitario, prima della sua definitiva approvazione. Anche per stimolare le istituzioni locali a fare la loro parte. I problemi messi a fuoco nel Manifesto delle Associazioni riguardano sia la medicina territoriale, sia i fondamentali servizi ospedalieri: non c’è chi non veda il progressivo degrado dei servizi di prevenzione e cura primaria, territoriali e il dato eclatante del declassamento dell’ospedale S. Maria. Fra i primi dieci Ospedali italiani, ancora nel 2015, ed oggi precipitato oltre il centesimo posto, in una situazione “meridionale”. Questa deriva che nega, ai nostri cittadini, l’esercizio pieno del diritto alla salute va fermata e va rilanciata la sanità pubblica. A questa situazione concorrono non solo gravi inadeguatezze di visione e gestionali attuali, come testimoniato dalla tardiva sostituzione del Direttore generale del S. Maria, ma anche una sperequazione nell’assegnazione delle risorse per gli investimenti e la spesa corrente a danno del nostro territorio. Negli ultimi dieci anni il 35% in meno per testa di abitante rispetto all’area dell’Umbria nord. Per tale ragione, ogni scelta sulla allocazione delle future risorse pubbliche attivabili con il PSR ed il PNRR deve partire dal recupero di tale sperequazione, prima di affidarsi ad ipotetiche ed onerose formule di finanziamento privato, con oneri insostenibili sui bilanci aziendali dell’Ospedale. La proposta di Piano sanitario presentata ad Agosto, dalla Giunta regionale non dà risposte ai problemi, per il suo carattere generico e privo di indicazioni concrete sul che fare, lasciando l’adozione delle reali scelte operative a successivi atti amministrativi che non potranno avere una partecipazione e discussione trasparenti. Tali giudizi critici non sono stati avanzati solo dalle Associazioni firmatarie del Manifesto, ma anche da un soggetto terzo autorevole come l’Università di Perugia che, in un suo impegnativo parere d’inizio d’anno, aveva severamente giudicato l’impostazione e le scelte del PSR chiedendone una sua sostanziale revisione. Lo stesso Ministero della salute non ha di fatto ritenuto esaustiva ed adeguata la proposta di Piano, chiedendo alla Regione dell’Umbria un “piano di efficientamento” che, sui punti fondamentali della organizzazione dei servizi, indichi con chiarezza le scelte, gli strumenti, le risorse ed i tempi certi per attuarle. Anche il protocollo d’intesa con l’Università di Perugia, non ancora passato al vaglio del Consiglio Regionale, con la prevista cancellazione immediata dell’Azienda ospedaliera ternana, come struttura ad alta specializzazione e la sua sostituzione con un’azienda ospedaliera-universitaria, per i suoi contenuti, porta più rischi di arretramento che vantaggi alla sanità locale ed al suo ospedale di alta specializzazione. Si deve ripartire dalla sostanza dei problemi, come i 10 primariati vuoti da tempo, dalla missione dell’ospedale ternano con le integrazioni necessarie con gli altri presidi del territorio a partire da quello di Narni-Amelia; non basta che venga l’Università a comandare. È indispensabile che la sanità territoriale, con i Distretti e le case della salute da realizzare, svolga la sua essenziale funzione di erogatrice di prevenzione e cura di primo livello, proprio per impedire, come sta accadendo ora, che l’Ospedale divenga l’unico presidio del territorio, con Pronto soccorso e reparti ingolfati da pazienti che non hanno trovato risposte nei servizi decentrati sul territorio. Si tratta di temi fondamentali sui quali, nella città di Terni e nei Comuni limitrofi deve potersi aprire un confronto di merito fra Associazioni sociali, promotrici del Manifesto, e le organizzazioni degli operatori sanitari, le OOSS dei lavoratori, la consulta dei Sindaci, la Giunta regionale ed i gruppi del Consiglio regionale. Occorre uscire dalle secche di una gestione della politica sanitaria accentrata ed opaca, restituendo potere e responsabilità ai veri “azionisti” delle aziende sanitarie che sono i cittadini.
Con l’emergenza della Pandemia da COVID i cittadini italiani, umbri e ternani hanno riscoperto tutto il valore del Servizio Sanitario Nazionale, pubblico. Si tratta di una grande ricchezza sociale e culturale che non deve andare perduta, ma utilizzata anche nella gestione ordinaria della sanità. Un settore fondamentale del Welfare per il quale oltre che di risorse adeguate vi è bisogno di più democrazia.
Giacomo Porrazzini