La Politica genuina è Matematica vera!

Pitagora disse: alcuni sono schiavi della gloria e altri del denaro; rari coloro che trascurano ogni altra cosa per darsi all’osservazione attenta della natura. Ebbene, questi ultimi sono coloro che vengono chiamati studiosi appassionati della sapienza – giacché questo è quel che la parola filosofi vuol dire. E come in un mercato l’atteggiamento più disinteressato è quello dello spettatore e di chi non cerca un profitto, così nella vita la contemplazione e lo studio della natura sono di gran lunga le più importanti di tutte le altre attività.

Eraclide Pontico, da Cicerone, Tuscolanae disputationes V, 3, 8-9

Non esiste il principio di autorità nel giardino degli umani, quell’Eden chiamato Matematica che illumina la vita e penetra la natura, traendone solo verità relative, seppur sempre migliorabili. L’ha detto lui impera invece nel campo avverso, quello zoologico, dei maghi e delle fattucchiere, degli astrologi e dei tanti politicanti che, odiando la Matematica, possono solo tradire ed infangare la sua grande sorella, la Politica. Le due strettissime parenti, simbolo autentico di semplicità e di umanità, sciolgono come neve al sole superstizione e bubbole. Ed è proprio per questo che non si riesce ancora a dotare la scuola italiana di autentica e seria educazione scientifica. La politica, cioè lo studio dei fenomeni correnti nella Polis, è sostituita, nelle scuole, da una piaga nota come partitica, politica di parte cioè, vera nemica della cultura e della educazione. Al posto poi della matematica viene propinata la logistica, l’arte del logistikòj (logisticòs, esperto nel calcolo), quella tecnica, applicata da mercanti e schiavi, che trattava rapporti, proporzioni, frazioni.
Cos’è la matematica?
La matematica nasce e si sviluppa durante la vita quotidiana dell’uomo: si tratta di riflessioni in itinere. Non è empiria in sé, ma nasce dall’empiria. Gli enti razionali come i punti, le rette, i piani sono figli della ragione, sono astrazioni che aderiscono alla struttura delle realtà empiriche dalle quali provengono, proprio come i problemi reali che il politico sintetizza e, ricorrendo alla astrazione matematica, riduce a leggi vere e proprie. Saper passare dunque da situazioni fisiche a situazioni mentali, da strutture reali a strutture astratte, che hanno però a che fare con le strutture reali di partenza, non è frutto di una disciplina, men che meno di una materia scolastica: è il metodo di pensiero del matematico che non può che essere il metodo di pensiero anche del politico. Gran parte di ciò che chiamiamo matematica, il cui studio è il più semplice che possa esistere, è lo sviluppo degli stimoli e dei pensieri sollecitati da aspetti naturali di base quali: l’esistenza, la presenza, la mancanza, la grandezza, la forma… Gran parte di ciò che chiamiamo politica, la cui applicazione è la più umana che possa esistere, è lo sviluppo degli stimoli e dei pensieri sollecitati da aspetti naturali di base quali: una povera esistenza, una animalesca presenza, la mancanza di fondi (per la sanità in particolare), le dimensioni minime, relative o assolute di un provvedimento…
Un Politico dovrebbe essere…
un uomo creativo, un uomo che non si fermi agli schemi fissi e che si avventuri anche in esperienze nuove, all’altezza dei tempi e delle rivoluzioni tecnologiche, un uomo che sappia inventare e creare, possedere cioè un pensiero divergente.
Che sappia fare domande, scoprire problemi dove gli altri trovano tutto tranquillo ed immobile, saper dare risposte soddisfacenti, essere, soprattutto, capace di giudizi autonomi. Domanda: e noi, a scuola, cosa diamo in pasto al giovane? Una materia (scolastica) è nient’altro che una riduzione del sapere per cui si consegnano allo studente solo alcune parti del tutto, quelle finali. In pratica: questa è la legge, applicala! Eh, no, la matematica è creazione individuale, autonoma: la mente impara solo ciò che è collegato con le sue conoscenze di base, quindi anteriori, e costruisce ordinatamente il suo edificio matematico. Non può capire se costretta ad ingurgitare astruserie che, proprio come tali, rigetta. Oppure, e questo accade non di rado, impara tutto a memoria e tira a campare! Si dovrebbe dunque agevolare ed assecondare il pensiero intuitivo dei discenti, dando vita a discussioni maieutiche affinché il giovane possa autonomamente, anche se sotto la guida discreta del docente, elaborare la sua sintesi di pensiero che meglio possa rappresentare il fenomeno in analisi.
Si ricorrerà, poi, alla sistematizzazione ed ai perfezionamenti. Non avviene sempre così, anche nel caso di normative di legge? Ed è proprio così che si aiuta il pensiero creativo;
un uomo critico, che sappia cioè saper leggere la realtà con occhi da lince (conoscenza dei simboli), che sappia individuare i problemi, impostarli, coglierne il nocciolo e studiarne possibili strategie di soluzione (questa, poi, è matematica tout court!). Un uomo che sappia discernere il vero dal falso (aut aut, vel vel, logica binaria), che sappia distinguere ciò che è essenziale da ciò che è accidentale e che sappia cogliere quel che è fondamentale, scartando quello che è secondario, o inutile o puramente inventato (intus legere, saper vedere). Un uomo capace di scoprire le regole comuni soggiacenti a situazioni differenti (astrazione), di mettere in luce l’identità strutturale di cose che possono essere notevolmente diverse (generalizzazione). Che sappia operare delle sintesi e rendere evidenti, con un linguaggio preciso, le somiglianze fra situazioni apparentemente lontane fra di loro. Sappia, poi, essere padrone del linguaggio, linguistico e scientifico, perché deve organizzare il vivere sociale e quindi il suo linguaggio deve essere inequivocabile e alla portata di tutti. Allora: fare matematica o saper vedere non significa ripetere o saper eseguire un calcolo, significa altresì inventare, cambiare parametri, simulare, scovare le ragioni recondite, sapere dei veti filosofici, religiosi, politici… sì, proprio così, anche questo significa fare politica, cioè godere di una conoscenza non settoriale, ma, anzi, la più estesa e completa possibile. Ecco allora che la matematica deve essere anche storia della matematica, per sapere come l’uomo, e sotto quali condizioni, abbia risolto quei problemi dei quali ai giovani si fornisce solo la parte finale, la formuletta. Quindi occorre conoscere anche la storia della matematica, in una sublime sinergia di conoscenze filosofiche e linguistiche, dall’egiziano al greco, dal latino all’italiano. E il politico, non deve forse conoscere almeno la lingua della sua terra, l’italiano? E cosa ne sa se non conosce anche latino e greco che tale lingua generano?;
un uomo sociale, che non sia indifferente ad alcun problema umano, tanto meno ai problemi comunitari e sociali. È un uomo che si fa carico di questi problemi perché, come politico, deve aver assorbito il concetto di humanitas esposto già nella prima metà del secondo secolo dell’era non volgare, da un berbero, nato a Cartagine, arrivato a Roma come schiavo. Si tratta di Publio Terenzio Afro (Cartagine, 190-185 circa-Stinfalo, 159), il più illustre antenato dei tanti migranti che cercano vita provenendo dall’Africa. Terenzio rappresenta una fondamentale pietra miliare della civiltà, un esempio universale contro chi ancora oggi è rimasto barbaro. Un berbero dunque che dà ancor oggi lezioni di civiltà a dei barbari europei. Nel suo Heautontimorumenos (Il punitore di se stesso), compare (atto 1, scena 1, verso 77) la famosa frase Homo sum: humani nihil a me alienum puto (Sono uomo: di quello che è umano nulla io trovo che mi sia estraneo). Il moderno uomo sociale che voglia fare politica e non semplice carità, che si interessi benevolmente e accortamente di tutto quello che è umano, deve saper valutare, distinguere, analizzare, confrontare, rapportare, avere cioè sicura conoscenza delle maggiori categorie matematiche d’uso comune;
un uomo libero, che si rifiuta di sfruttare coscientemente e di opprimere altri uomini, che mai invocherebbe il principio di autorità per avallare le proprie tesi, che sa andare anche contro corrente e non esser conformista. Libero è l’uomo aperto alla verità da qualunque parte questa venga. Libero è soprattutto l’opposto del cultore di privilegi, quindi è un matematico perché nel suo cuore non esistono privilegi, si è tutti sullo stesso piano, pronti anche a perdere il sudato privilegio di una propria consistente teoria qualora qualcuno ne dimostrasse erroneità o mancanza o, comunque, ne presentasse una di ordine superiore.
Caro politico,
amministratore o governante che tu sia, se, per puro caso, sei esperto solo di qualche calcoletto, ma in realtà sai quasi niente della matematica e se ti sei dilettato, nella tua non felice carriera scolastica, al più, con robetta di tipo logistico o aritmetico, nel senso che modernamente si dà a questa parola che inizialmente era discussa, da filosofi e da benestanti, come studio delle proprietà astratte dei numeri (conoscere almeno le opere di Pitagora, Filolao, Porfirio e Giamblico), non ti mettere in mente di poter capire e risolvere i problemi. Ti sembrerà, certo, di afferrare qua e là, qualche accenno di significante, ma potrai essere solo un perpetuo ripetitore di cose sentite da altri. Se sei, ad esempio, ragioniere, geometra, leguleio, potrai solo assicurarti che le pratiche che ti affidano i progettisti, i sapientes cioè, siano svolte con esattezza e regolarità. Altro non ti è dato, non sei né sarai mai un Fidia, sei semplicemente un faber e ogni volta che un faber comincia a pensare di potersi sostituire ad un sapiens, arriva puntualmente la rovina della città e del Paese.
Cari lettori,
per fare adesso cosa degna e necessaria, impegniamoci a compilare elenchi della presenza, nei luoghi istituzionali, di matematici, filosofi, architetti, ingegneri, fisici, chimici, conoscenti dell’italiano, del latino, del greco. Se sono meno del 90% attrezziamoci per cambiare rapidissimamente Paese!
Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, se non passa le matematiche dimostrazioni.
Leonardo da Vinci, Trattato sulla pittura, Parte I, 1.
In riferimento alla situazione politica che viviamo da decenni, è ben triste dover prendere atto di essere, noi italiani, tutti figli di un numero stratosferico di personaggi illustrissimi (che il resto del mondo, tutto insieme, non riuscirebbe mai ad eguagliare) tra i quali Pitagora, Terenzio Afro, Cicerone, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei!
Auguri, Futura Italia, comunque tu sia!
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Galileo Galilei, Il Saggiatore

Giampiero Raspetti