È il periodo delle feste natalizie, il 2023. Le città sono piene di luci colorate, di addobbi variopinti, la gente si riversa nelle strade, affolla i negozi aspettando i provvidenziali saldi, nell’aria rimbomba ogni tanto qualche botto. L’atmosfera è piena di festosa frenesia, ma basta accendere la tv ed ecco che nei vari tg ti appaiono i reportages dai fronti caldi dell’Ukraina e di Gaza.
Sono crude immagini di guerre spietate piene di distruzione, di violenze, che non risparmiano nessuno, donne, bambini e civili innocenti. In quei luoghi i “botti” non fanno soltanto rumore, ma seminano morte, distruzione e odio implacabile. Lo spettro della guerra che credevamo di aver scacciato settanta anni fa, ecco ripresentarsi sulla scena mondiale con le sue nere ali di morte. Non c’è che dire, un bell’esordio per il terzo millennio! Sembra che la storia non ci abbia insegnato nulla! Tutte le guerre hanno un inizio e poi una fine. Ci sarà un vincitore ed un vinto.
Quest’ultimo pagherà le conseguenze della sconfitta, ma anche la vittoria ha il suo amaro prezzo di lutti, di perdite. Quindi entrambi ne escono in modo diverso sconfitti.
Proprio a tale proposito voglio ricordare un fatto accaduto più di cento anni fa che mostra
le dinamiche umane e psicologiche che si muovono durante i conflitti armati. Siamo nel giorno di Natale del freddissimo inverno del 1914 vicino ad Ypres nelle Fiandre. È iniziata la “Grande guerra”, i combattimenti tra gli alleati francesi, belgi, e inglesi e i nemici tedeschi infuriano violenti, l’Italia, ancora per poco, è neutrale. Le vittime sono migliaia, interi villaggi sono stati rasi al suolo. A nulla sono valsi gli appelli per un cessate il fuoco, la voce di papa Benedetto XV non è stata ascoltata: -I cannoni possano tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano!- ma la richiesta era stata respinta.
Tempo dopo nel 1917 Benedetto chiederà con forza la cessazione delle ostilità e di porre fine alla “inutile strage”. Nulla da fare. Dai palazzi del potere dell’una e dell’altra parte il grido del papa restò ignorato. Questo fatto, per inciso, ricorda gli innumerevoli appelli e le iniziative prese dal suo successore papa Francesco per porre fine alle ostilità tra Russia ed Ukraina e Israele e Palestina, anch’essi per ora caduti nel vuoto.
Negli alti comandi si discute di strategie, di scenari futuri, i morti li piangono chi sta al fronte o i familiari che hanno perso un loro congiunto. Così la notte di Natale del 1914 accadde un miracolo. Dalla prima linea tedesca vengono accese delle decorazioni natalizie.
Pura pazzia autolesionista segnalare la propria presenza al nemico. Un soldato inglese lancia l’allarme, potrebbe essere una trappola, poi una voce dal marcato accento tedesco augura il buon Natale. Stavolta la strategia non c’entra! È tutto vero! Altri soldati escono dalle trincee e si avvicinano senz’armi e, dopo qualche esitazione, anche i soldati inglesi, francesi e belgi li imitano. Scavalcano buche, reticolati e cadaveri insepolti, si incontrano, si lanciano un saluto e finiscono con l’abbracciarsi. Fino a qualche ora prima nemici pronti ad uccidersi, ora erano lì a cantare insieme e a scambiarsi sigarette e pezzi di cioccolato. Tutto questo contro la volontà dei superiori.
Una tregua spontanea senza accordi diplomatici o armistizi ufficiali. Gli storici la chiamarono “La tregua di Natale”. L’episodio ha ispirato vari scrittori tra cui Toni Galmès che ne ha fatto una grafic novel. Qui la storia si trasformò in leggenda. Qualcuno non ci crede, ma io preferisco immaginare così la scena.
Da qualche parte sbucò un pallone e subito i soldati si tolsero elmetti, armi e giacche e ,dopo aver dato sepoltra ai caduti disseminati sul terreno, formarono due squadre iniziando una partita che fu vinta dai tedeschi per 2 a1, ma nessuno se ne ebbe a male.
La tregua naturalmente durò poco anche perchè quando la notizia arrivò qualche ora dopo a Londra e a Berlino, i capi non ne furono affatto entusiasti.
La stampa cercò di nascondere l’accaduto, ma fu il New York Times a fare lo scoop, grazie alle lettere ricevute dai familiari dei soldati.
In Germania l’episodio fu insabbiato, quasi fosse un disonore familiarizzare anche per poco con il nemico. Un caporale di stanza a Ypres commentò :-Dove è finito l’onore dei tedeschi? – Si chiamava Adolf Hitler! No comment! Penso che parecchi lettori conoscano l’episodio, ma ritengo che sia giusto ricordarlo nel delicato momento storico che stiamo vivendo in cui i venti di guerra hanno ripreso a soffiare forti.
Il miglior commento sulla guerra lo ha fatto uno che se ne intendeva, Napoleone che alla fine della battaglia di Austerlitz, vedendo il campo coperto di cadaveri e feriti agonizzanti, avrebbe esclamato:
-Le vittorie hanno uno strano modo di sorridere!-
-La guerra è sempre una sconfitta!- Gli risponde papa Francesco.
Buon 2024 a tutti i lettori!
Pierluigi Seri