LA FORESTA FOSSILE DI DUNAROBBA

AD AVIGLIANO UMBRO UNO DEI SITI PALEONTOLOGICI PIÙ IMPORTANTI AL MONDO

La Foresta Fossile di Dunarobba fu scoperta sul finire degli anni ‘70 all’interno di una cava di argilla destinata alla fabbricazione di mattoni per l’edilizia. Nella zona sono ben visibili oltre quaranta resti di tronchi di grandi conifere, i quali testimoniano essenze vegetali presenti in Italia tra i 3 e i 2 milioni di anni fa. Questi tronchi si sono conservati all’usura del tempo per un processo di seppellimento continuo e graduale che si è verificato in un’area paludosa posta sulle rive di un ampio bacino lacustre. L’area, inoltre, subiva il fenomeno geologico conosciuto come subsidenza che consiste in un graduale sprofondamento.

Nel corso del tempo però il geo sito ha incontrato difficoltà, legate al suo stato di abbandono e degrado. Ma dal 2018 è stato preso in gestione dalla Cooperativa di Comunità Surgente, il cui ideatore, presidente e direttore artistico è tuttora Massimo Manini. Grazie ad un progetto innovativo ed interdisciplinare di rilancio culturale ed economico, sia nei confronti della foresta sia in generale per il territorio di Avigliano Umbro, si è restituita dignità e attenzione ad entrambe le aree. In particolare, Surgente, in sinergia con la Soprintendenza dell’Umbria, ha voluto attivare progetti per il restauro, la conservazione e valorizzazione di un sito unico al mondo, avviando una strategia comunicativa promozionale per incrementare il flusso turistico. Per quanto riguarda le attività didattiche, che interessano anche il Centro di Paleontologia Vegetale di Dunarobba, si effettuano laboratori di archeologia, geologia e scienze naturali, teatro e video documentari. Non mancano progetti svolti all’interno degli istituti scolastici come “La Foresta va a scuola”, ideati per tutte le fasce d’età.

Nello stesso territorio vi è conservata la “Grotta Bella” una cavità naturale situata vicino al piccolo borgo di Santa Restituta. La cavità presenta un diametro maggiore pari a circa 40 metri ed una altezza di 10 metri. Nella zona sono stati eseguiti tra il 1970 e il 1974 degli scavi che hanno consentito di ritrovare numerose testimonianze archeologiche. Una volta analizzati i reperti si è compreso che la grotta fosse utilizzata come riparo almeno fino all’Età del Bronzo. Successivamente il luogo fu usato per scopi culturali come dimostrano i ritrovamenti dei bronzetti schematici, caratteristici della religiosità votiva delle antiche popolazioni umbre. Per motivi di ricerca, studio e messa in sicurezza, la grotta al momento non è né visitabile né accessibile al pubblico estraneo ai lavori.

Il presidente Massimo Manini, autore, attore e regista di teatro, di recente ha anche scritto un libro intitolato “Gli alberi che parlavano gli uomini sordi” (Gambini editore) con l’obiettivo di raccontare la foresta fossile non solo dal punto di vista scientifico ma dandogli un taglio filosofico e umanistico al fine di rendere fruibile la conoscenza di un patrimonio che risale a 3 milioni di anni fa. Ma soprattutto per “ascoltare il grido muto d’aiuto che la foresta e l’ambiente circostante in generale ci sta lanciando; un campanello d’allarme per cui dovremmo smettere di essere sordi e ciechi» come afferma lo stesso autore.

Elena Cecconelli