La dipendenza digitale, internet, i social e…noi

Quando ho avuto il mio primo contatto con il social network ero prossimo alla cinquantina. Naturalmente allora e anche oggi mi considero nello specifico un semianalfabeta, al punto che i miei figli e persino i nipoti mi superano di gran lunga.

Non ho idea cosa possa significare per un adolescente di oggi non avere accesso ai social o agli smartphone, però me lo posso immaginare, quando vedo i giovanissimi che se ne stanno seduti allo stesso tavolo o di un bar o di una trattoria e non si guardano quasi negli occhi, tutti concentrati sul telefonino che hanno in mano. Sono scene che si ripetono dovunque.

Si tratta di persone fragili più da capire che compatire perché sono a rischio dipendenza da digitale. Infatti la dipendenza dai social è stata inserita nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Non è per nulla facile distinguere tra dipendenza e abuso. Essa implica un dolore mentale e nasconde un dolore ancora più grande. Secondo alcuni psichiatri non esistono sintomi manifesti di dipendenza dai social.

Il clima mediatico non aiuta. Giornali, radio, tv rilanciano regolarmente studi, servizi che mettono in relazione la salute mentale dei giovani e l’uso dei social. Qualche dato a scopo informativo. HDSC (Health Behaviour in School-aged Children) in collaborazione con OMS e per l’Italia con l’Istituto Superiore di Sanità ha condotto in merito un sondaggio su studenti dagli 11 ai 17 anni e ne è emerso che quattro adolescenti su cinque utilizzano tutti i giorni i social media e uno su dieci rischia di sviluppare un “uso problematico”.

Tale studio e altri dicono cose che sappiamo o direttamente osservando i nostri figli o indirettamente osservando il comportamento dei figli altrui. Basta salire su un bus e osservare ragazzi e ragazze tutti con lo smartphone in mano. Si può così capire che alcuni lo gestiscono bene, altri invece non vivono bene il rapporto con quello che accade dentro gli schermi. Spesso sono gli stessi ragazzi ad ammetterlo quando rispondono alle domande dei questionari loro proposti. In reltà non sappiamo tutto. Non sappiamo quanto stanno male, se ci troviamo di fronte ad una ammissione di colpa o a una confessione di fragilità o entrambe. Tutto ciò è solo per il limite legato allo strumento del questionario. Conosciamo le risposte, ma non il loro comportamento nei social.  Occorrono dati su ciò che accade là dentro.

Diverse famiglie hanno trovato la soluzione di non comperare telefonini ai figli, ma si tratta solo di un rinvio momentaneo. Un esempio lo ho nella mia famiglia, dove mia nipote adolescente si trovava a disagio perchè era l’unica nella sua classe a non possederlo. I genitori hanno tenuto duro per un pò, poi hanno dovuto cedere. Serve soprattutto trasparenza da parte di gruppi privati ovvero le big tech che sanno moltissimo di noi e in particolare sui dati riguardanti i minori. Il Congresso degli USA sta studiando delle leggi che impediscano alle aziende di raccogliere dati sui minorenni.

Non è la prima volta che i giganti dei social finiscono nel mirino dell’autorità giudiziaria. Nel maggio del 2024 la UE ha aperto un procedimento contro Meta, la holding di Facebook e Istagram per valutare se ha violato le regole del DSA (Digital Service Act) riguardo la protezione dei minori.  La Commissione è preoccupata per i metodi usati da Meta dato che le piattaforme dei social sono progettate per massimizzare l’attenzione degli utenti, gli algoritmi sono usati per stimolare dipendenza e così creare un effetto dannoso per l’igiene mentale chiamato dagli esperti “tana del coniglio”per il quale gli utenti sono indotti a richiedere sempre più contenuti entrando in un giro vizioso dal quale è difficile uscire.

Anche Tik Tok è finita nel mirino della UE che l’ha costretta a sospendere l’app a premi Lite basato sul sistema “Watch and get rewear” ovvero Guarda e vieni premiato, strategia per spingere le persone a rimanere sulla piattaforma creando attesa per le ricompense, come in un video-game, cosistenti in punti, buoni amazon, carte regalo via Pay Pal. Anche negli USA e in altri stati del mondo si stanno prendendo analoghi provvedimenti, ma stanno davvero indagando? Direi piuttosto su una presunzione di dolo! Le multinazionali dei social sono corse ai ripari introducendo tecnologie per tutelare i minori, ma tale questione si risolverà nei tribunali…ci vorrà molto tempo e la sentenza, quando arriverà, visto lo sviluppo vertiginoso dell’informatica e l’irruzione a piè pari nel campo di AI, il mondo sarà già cambiato!

Il problema del malessere giovanile è molto complesso, i social e gli interessi economici che si muovono dietro di essi hanno la loro responsabilità, ma non esistono cause uniche per un fenomeno così complesso e articolato. In ogni ambito non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Non tutti i programmi sono spazzatura, alcuni sono utili…bisogna saper scegliere ovvero mettere il giovane in grado di farlo nel suo interesse. Perciò prima di lanciare anatemi pensiamo che li dentro ci siamo anche noi!

                                                                                                                   Pierluigi Seri