LA CITTÀ ASIATICA DELLE TRUFFE ONLINE

La città birmana di Shwe Kokko, vista dalla sponda thailandese del fiume Moei, appare come un caleidoscopio di luci, il reporter americano che si sta occupando di gioco online ne è abbagliato, vorrebbe visitarla, è un’occasione da non perdere, ma la guida che lo accompagna gli spiega che non è il caso, al mattino ripescherebbero il suo corpo privo di organi.

Shwe Kokko è uno dei trecento agglomerati sorti in pochi anni tra il Myanmar, il Laos e le Filippine, sono luoghi dove agiscono vere e proprie aziende dedite alle truffe online, sono chiamate scam city, cioè “cittàtruffa”, sono parte di una rete molto estesa nel sudest asiatico dove vengono riciclati fiumi di denaro sporco; il centro nevralgico è Ruili, la città cinese sbocco della Via della Seta sull’Oceano Indiano.

Le scam city hanno bisogno di un’ingente forza lavoro, ogni anno attirano più di 250.000 informatici cinesi con la promessa di una rapida carriera in una città del Golfo Persico; uno specchietto per le allodole che si rivela una prigionia, poiché questi ragazzi vengono deportati in mezzo alle montagne impenetrabili del Laos o nella giungla birmana e ridotti a “schiavi informatici”, di loro si perdono le tracce, chi prova a fuggire viene ucciso e i suoi organi venduti al mercato nero del sud-est asiatico; ci sono diversi video sul dark web dove si possono vedere torture e smembramenti, girati per intimidire le famiglie delle vittime e scoraggiare altri ammutinamenti.

Le truffe online si muovono su due livelli, c’è l’adescamento della “carne di maiale”, ovvero delle persone in cerca di soldi facili o di incontri erotici, che vengono ricattate e “triturate come salsicce”, come si dice in gergo; ci sono poi quelli che vengono adescati con la promessa di merce illecita (droga o organi per un trapianto) e che si ritrovano il conto svuotato, se gli va bene, o che finiscono per rifornire il mercato nero con i loro organi, se gli va male.

Pechino ha proibito il gioco d’azzardo sul suolo cinese perciò questi centri hanno sede in paesi limitrofi, ma si sa per certo che questo giro di trafficanti, riciclatori e torturatori agisce sotto il controllo della polizia cinese, non si sa bene se corrotta o operante per interessi di Stato.

Durante un blitz in un casinò delle Filippine la polizia locale ha sorpreso un croupier che gestiva una partita truccata con dei giocatori collegati online e ha rinvenuto una divisa dell’esercito cinese appartenente a qualcuno che si era appena dileguato. Il casinò non è lontano dalla base americana delle Isole Vergini e il fatto che ci fosse un militare cinese fa pensare che questi luoghi siano dei cavalli di Troia ideati da Pechino per bucare la sicurezza militare statunitense sul Pacifico.

Mentre rimirano le luci al neon che fanno sembrare Shwe Kokko una piccola Las Vegas, la guida thailandese avvisa il reporter americano che, oltrepassato il confine, a vigilare la frontiera birmana troverebbe la polizia cinese.

Francesco Patrizi