INSEGNANTI, STUDENTI E SCUOLA VS AI.

SCONTRO O INCONTRO?

Gli insegnanti, ma non solo loro, non hanno preso benissimo l’avvento dei content creator. Più di qualcuno si è sentito spiazzato. È avvenuto anche ai giornalisti quando si sono accorti di aver perso la centralità ovvero di non essere gli unici a cui il pubblico si rivolgeva per ricevere notizie. Agli insegnanti è successa pressappoco la stessa cosa.

Nei nostri anni Venti negli smartphone ha preso piede una nuova generazione di divulgatori. Basti pensare al proliferare sui social dei famosi short, brevi ed accattivanti perché aperti, agnostici e autorali. Se vi entri, pubblichi e tutti lo vedono facilmente e, se poi quello che pubblichi diventa virale, potresti divenire personaggio. Non serve più avere successo sul piccolo schermo, basta quello ancora più piccolo dello smartphone.

Con l’avvento dei chatbot la competizione è aumentata. A novembre del 2022, quando essi hanno fatto la loro prima apparizione, non sono stati accolti bene, sui giornali già si discorreva, a volte con toni esageratamente apocalittici, di estinzione dell’umanità, di perdita incontrollata di posti di lavoro… Inoltre all’inizio-inizio i chatbot erano poco evoluti, non sapevano di matematica e di altre discipline, era quindi facile batterli, ma essi di fronte all’errore chiedevano scusa senza problemi, mostrandosi fastidiosamente accondiscendenti. Ma non dobbiamo dimenticare che il mondo dell’informatica è in continua e rapida evoluzione e sono già apparsi dei chatbot più raffinati che sanno dialogare con maggiore competenza.

Dopo il panico iniziale i paventati scenari apocalittici si sono ridimensionati sensibilmente. Questo è accaduto ai giornalisti, ai direttori del personale, agli artisti, ai responsabili di marketing e anche agli insegnanti. Invece i professori hanno quasi subito accolto con favore la Chat GPT senza osteggiarla, capendo prima di altri di aver trovato l’assistente ideale per preparare le lezioni, per coinvolgere di più gli studenti e perfino per correggere prima i compiti. In alcune materie gli insegnanti possono usare gli strumenti linguistici di AI per analizzare i compiti e automatizzare le valutazioni.

Indubbio che non ci si può fidare a occhi chiusi, ci vuole sempre il controllo umano, ma, comunque sia, si tratta di un occhio in più nell’attività didattica. Molti educatori vedono in ChatGPT un aiuto valido per migliorare l’istruzione.

Ci sono però due problemi da risolvere.
Il primo è gli errori che commettono i sistemi, il secondo è il messaggio educativo.

La ChatGPT rischia di essere presa come l’oracolo di Delphi, invece è una macchina supponente e proattiva e, come tale, può sbagliare. Necessita sempre di un controllo vigile. Questa sorta di competizione uomo- ChaGPT rende più stimolante l’attività didattica.

Sotto questo aspetto ci sono indubbie potenzialità: chiedere di interpretare personaggi storici, di rispondere con competenza professionale, di spiegare concetti complessi, di elaborare testi creativi…In questo modo si rende l’apprendimento meno pesante allargando l’accesso all’istruzione, vista la facilità di accesso alle chat, e riducendo così il gap linguistico.

Pertanto l’umano deve essere sempre all’inizio e alla fine del processo, partenza e ritorno critico su quanto AI produce. Una cosa è certa, comunque vadano le cose, non si potrà in futuro, anche nella didattica, prescindere da AI.

                                                                                                         Pierluigi Seri