IL PROPRIETARIO DELLA LUNA

Nel 2021 l’imprenditore Richard Branson volò con il suo satellite a 86,1 km dal suolo e si autodichiarò il primo turista nello spazio. Il lancio aveva anticipato di pochi giorni quello omologo della Blue Origin di Jeff Bezos, che non la prese bene e rispose che lo spazio comincia dopo i 100 km di altezza, quindi il tour promozionale della Virgin di Branson era stato solo un banale giro nel cielo. Ma da quale punto in poi l’atmosfera terrestre diventa spazio? Nessuno si è mai messo d’accordo.

L’ungherese Kármán fu il primo a proporre di dividere la scienza del volo dentro l’atmosfera (l’aeronautica) da quella del volo fuori dall’atmosfera (l’astronautica), cercò a quale altezza l’aria diventa troppo rarefatta per generare portanza aerodinamica, la forza che consente a un aereo di volare, ma non individuò un punto preciso, si limitò a dire che era intorno a 84 km.

La Federazione Aeronautica Internazionale fissò arbitrariamente la linea di confine a 100 km e la chiamò Linea di Kármán. Non tutti tengono conto di questa linea. Ad esempio, un pilota che supera 80 km di quota è un astronauta per l’Esercito Americano e rimane un pilota aeronautico per la NASA.

Perché non esiste una concordanza su questo confine? Per evitare guai! Al di sotto della linea, lo spazio appartiene allo Stato, al di sopra no; ciò significa che un satellite-spia che transita a meno di 100 km sopra un paese non amico potrebbe essere abbattuto in base alla linea Kármán. Inoltre, in un futuro non lontano, a quell’altezza potrebbero sostare le stazioni di rifornimento delle astronavi, quindi meglio lasciare la linea nel vago ed evitare questioni spinose di sconfinamento territoriale.

Il Trattato sullo Spazio del 1966 sancisce che “lo spazio extra atmosferico non è soggetto all’appropriazione nazionale tramite rivendicazioni di sovranità” e che “la Luna verrà usata per scopi pacifici”. Cosa succede però se una nazione estrae pacificamente minerali sulla Luna e poi li impiega per costruire armi? Di fronte a questo dubbio, Cina, Usa e Russia decisero di non sottoscrivere. Mentre i grandi della Terra discutevano, un signore nel Nevada, tale Dennis Hope, reduce da un divorzio e a corto di soldi, scrisse una lettera alle Nazioni Unite in cui rivendicava la proprietà della Luna e di tutti i pianeti del sistema solare. Era il 1980, non ricevette risposta e prese il silenzio come un assenso; si era appigliato a un cavillo: il Trattato del 1966 parlava di appropriazione da parte di nazioni, non di singole persone. Così mise in vendita appezzamenti lunari a partire da 20 dollari, guadagnando una somma considerevole.

Con lo Space Act del 2015 gli USA hanno proposto una nuova regolamentazione: il primo che arriva su un corpo celeste (Luna, Marte, asteroidi…) può accaparrarsi quello vuole, ma non rivendicarne la proprietà; anche questa volta non tutti i paesi hanno sottoscritto.

La corsa allo spazio è un far west ed è appena cominciata, con buona pace di chi si è comprato una fetta di Luna da lasciare ai pronipoti.

Francesco Patrizi