IL PESCE DI ACQUA DOLCE

UNA TRADIZIONE DA RISCOPRIRE

Le prime grandi civiltà della storia sono sempre nate e si sono sviluppate lungo gli argini dei fiumi o in prossimità di laghi, questo al fine di avere terreni fertili da coltivare, disponibilità d’acqua per l’abbeveraggio delle bestie e l’irrigazione dei campi ma anche per poter sviluppare le prime forme di commercio lungo i corsi dei fiumi.
Fiumi e laghi fornivano anche del cibo di facile reperimento: pesci di acqua dolce.

Già nella Grecia antica, come ci riferisce il gastronomo Archestrato di Gela, si poteva trovare abbastanza frequentemente pesce d’acqua dolce: le anguille del lago Copaide hanno rappresentato per gli Ateniesi una vera e propria leccornia e, tradizionalmente, sembra che venissero preparate arrostite ma anche in una sorta di cartoccio creato con le foglie della bietola.

L’anguilla è stato un pesce di acqua dolce molto apprezzato anche in epoca romana tanto che Apicio, nel suo De Re Coquinaria, dedica il libro decimo al pesce, con un capitolo interamente dedicato all’anguilla e i vari metodi di preparazione.

Nel periodo più fiorente dell’Impero Romano, i vari corrieri e vettori avevano una capacità logistica estremamente buona tanto da riuscire a trasportare merce fresca in tempi estremamente rapidi: questo ha favorito una predilezione del pesce di acqua salata rispetto a quello dolce. Quando poi, nel Medioevo, tutto questo non è stato più possibile allora si è iniziato a riscoprire la pesca nei bacini di acqua dolce presenti sul territorio della penisola.

Oggi il pesce di lago non risulta così apprezzato tanto quanto quello di mare ma costituisce un patrimonio ambientale e culturale enorme per il nostro Paese che dovremmo riscoprire e cercare di preservare.

Federica Battaglini