Con il lavoro di ieri mi riferisco al lavoro dipendente degli ultimi decenni, sia del settore pubblico che del settore privato.
Li ho provati entrambi, a partire da quello pubblico, avendo fatto il supplente di chimica, nel periodo universitario, nelle scuole superiori, poi l’insegnante della stessa materia appena congedato dal militare. Mancavano i chimici ed era facile trovare a fare supplenze e perfino incarichi annuali con ore di cattedra completa.
Appena avuta la cattedra fui chiamato a colloquio da una Industria Farmaceutica Multinazionale poiché avevo fatto diverse domande per cercare lavoro anche in quel campo. Dopo una serie di incontri con dirigenti ogni volta di grado superiore, alla fine mi fu proposta l’assunzione come Informatore Scientifico del Farmaco presso la classe medica con uno stipendio sensibilmente più alto di quello statale.
Notai subito non solo la diversa remunerazione ma anche il diverso comportamento del datore di lavoro.
Dalla scuola, una volta iniziato a insegnare, non mi aveva mai telefonato nessuno a casa nemmeno per dirmi di non scendere in città (e risparmiare benzina il cui costo aveva subito un grosso aumento) perché c’era lo sciopero, la scuola era chiusa e se n’erano andati tutti.
Invece il dirigente della ditta che mi aveva assunto mi telefonava almeno mattina e sera per dare e ricevere informazioni. I cellulari non erano stati inventati e il mio lavoro di rappresentante si svolgeva nella mia città e in quelle vicine mentre l’Azienda che mi pagava lo stipendio era nel nord Italia. Quindi non timbravo alcun cartellino di inizio e fine lavoro e nessuno controllava il mio orario e se andavo a lavorare o facevo finta.
Il mio Capo, che era anche il Capo di altri nove colleghi sparsi nell’Italia centrale, cercava di ovviare a questo problema con continui affiancamenti, ovvero veniva a parlare con i sanitari insieme a me e a turno con gli altri colleghi.
Ci davano un rimborso a chilometro percorso con la nostra auto per motivi di lavoro e rimborsavano le spese di bar e ristoranti sempre per lo stesso motivo, allegando alla richiesta le ricevute. Anche questo sistema era un controllo. Avevamo il contratto di lavoro dei chimici ma dovevamo sempre discutere per l’orario di lavoro perché il tempo passato in auto per arrivare all’ambulatorio medico c’era la tendenza aziendale a non considerarlo lavorativo o molto meno importante del tempo del colloquio passato col sanitario.
Adesso con la tecnologia dei cellulari, di internet e dei computer, qualsiasi Azienda privata ha un controllo continuo del dipendente ventiquattro ore su ventiquattro.
Sa sempre dove si trova e lo può chiamare a qualsiasi ora ma può inviargli una lettera, una mail importante, magari alla quale deve pure rispondere, non solo a qualsiasi ora ma anche in qualsiasi giorno, Natale compreso.
Sento le forti lamentele di chi lavora adesso che praticamente non ha più una vita familiare al di fuori dell’orario di lavoro perché l’orario di lavoro si è dilatato enormemente. Solo negli uffici pubblici dello Stato, delle Regioni e dei Comuni l’orario viene ancora rispettato.
Qualcuno dirà che non è vero e che tali lamentele nel privato ci sono sempre state, però ci sono persone che sono riuscite a entrare nel pubblico per concorso o per raccomandazione, abbandonando il privato e anche lo stipendio più remunerativo, solo per avere una vita più dignitosa e serena con la propria famiglia al di fuori dell’orario di lavoro.
Il problema c’è eccome! Tant’è che il Partito laburista del Regno Unito ha presentato da poco un disegno di legge nell’ambito del suo programma “New Deal for Working People”, introducendo il concetto di ‘diritto di spegnere’.
Il ‘diritto di spegnere’ nasce dall’esigenza di proteggere i lavoratori dalla crescente invasione della sfera lavorativa nella vita privata, un problema accentuato dai dispositivi digitali che consentono di rimanere connessi al lavoro ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Questa misura permetterà ai dipendenti di ignorare chiamate, e-mail e altre comunicazioni legate al lavoro al di fuori del normale orario lavorativo, prevenendo la trasformazione delle abitazioni in uffici permanenti.
Anche in Australia si sono accorti del problema ed è entrato in vigore il diritto alla disconnessione che concede ai lavoratori «di rifiutare di monitorare, leggere o rispondere a contatti, o tentativi di contatto, da parte del lora datore di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro».
È in ogni caso un passaggio decisivo per la ricostruzione di un confine fra vita lavorativa e vita privata, reso indefinito con la diffusione dello smart working avvenuta soprattutto durante la pandemia da Covid-19, sebbene fosse stato da tempo già scavalcato dall’uso degli smartphone.
L’Inail nel primo trimestre 2024 riporta l’aumento di quasi il 18% anno su anno di malattie professionali legate a disturbi psichici e comportamentali. Il ‘diritto di spegnere’ promuoverebbe la creazione di politiche aziendali su misura attraverso un dialogo costruttivo fra lavoratori e datori di lavoro.
L’obiettivo è sviluppare termini contrattuali che siano vantaggiosi per entrambe le parti, favorendo un ambiente di lavoro più sano e produttivo.
Vittorio Grechi