IL GIOCO DEL TELEFONO

Andava di moda molti anni fa quando la vita si svolgeva in strada ed il rione pullulava di bambini. Era motivo di genuina ilarità quando la parola o la frase, pronunciata sottovoce all’orecchio del primo bambino, veniva trasmessa al secondo, al terzo, al quarto fino all’ultimo che, a voce alta, scandiva la parola così come a lui era arrivata. Quel filo immaginario del telefono, rappresentato dalla lunga fila di bambini seduti l’uno accanto all’altro, era semplicemente il canale che collegava un mittente ad un destinatario, formula
classica del processo comunicativo.

Parole semplici eppure durante il tragitto esse si alteravano, si deformavano fino a rendersi
incomprensibili. Oggi “il gioco del telefono” è il preferito in ogni angolo del mondo, ma prediletto dagli adulti.

“Non mi sono spiegato” è più elegante che dire “non hai capito”, ma il senso è lo stesso, dipende dalle parole usate, dal tono della voce, dal momento in cui ci si confronta, dall’interlocutore che si predispone ad accogliere.

La comprensione è strettamente correlata a ciò che il ricevente si attende, a ciò che ritiene più logico che gli venga detto.
Dall’interpretazione dei messaggi si giocano le sorti dell’intera umanità.

Coppie, famiglie, gruppi, popoli e più si infoltisce la lunga catena di mittente/ricevente più i concetti espressi si allontanano dal pensiero primitivo che li ha generati. Nella comunicazione ininterrotta tra umani si mischiano, in un manciata di minuti, codici linguistici acquisiti, forme pensiero opportune da esprimere sul momento,segni estrapolati dalla cultura di cui si è in possesso.

Con queste dinamiche “il gioco del telefono” trionfa e il mancato effetto comunicativo non suscita più fragorose risata dei ragazzi in fila, ma provoca scontri tra coniugi, in famiglia, in gruppi di amici, in aule di tribunale, in dibattiti amministrativi, nelle Camere del sistema parlamentare, sui più alti scranni della politica internazionale.

Le parole, a fiumi, che inondano il pianeta non sono solo strumenti per esprimere delle idee, ma servono a formare categorie concettuali che funzionano da guida per orientare il nostro comportamento individuale e sociale e quando esse sono incomprese, quando esse si caricano di violenza, quando esse sono impregnate di residui di culture ataviche, allora l’equilibrio tra persone, tra popoli viene meno ed il magma sotterraneo ribolle ed esplode.

Allora è solo distruzione, che sia lungo una strada, all’alba di un giorno qualunque o dentro una casa che di sangue ne ha già visto tanto o durante un incontro notturno per recuperare un amore mai nato…allora non si gioca più e le parole non sussurrate, ma sbraitate, colpiscono a morte. Sono parole fra persone che forse non hanno mai giocato per le strade del rione a “rubabandiera”, “schicchera”, “pisepisello”, “il gioco del telefono”.

Nello spazio senza confini dell’incomunicabilità hanno imperversato da sempre gli uomini di potere, i capi di Stato che, stabilendo verità assolute, le loro verità,”Io ho ragione, tu hai torto“, hanno provocato ancora e sempre morte e distruzione.
E’ l’eterna lotta dell’uomo che conserva in sé l’anima di Caino e, a scadenze regolari, ne rinnova le gesta.

Sandra Raspetti