Prendiamo una carta di Terni e del suo circondario, puntiamo il compasso nel cuore della città e tracciamo un cerchio di pochi chilometri, fino a comprendere la corona di monti che la circondano come un naturale anfiteatro e con essa i borghi che su essa si affacciano (Cesi, Collescipoli, Miranda) e poi espandiamoci fino a comprendere la Valle del Serra, del Nera, Piediluco e Carsulae: ecco il cerchio magico di un territorio ricco di storia e di eccellenze, un grande museo all’aperto dove interagiscono arte, natura, archeologia, atmosfere medievali, sport, gastronomia, antiche tradizioni.
È una terra autentica, dove la natura diventa arte e l’arte si ispira alla natura, dove ogni luogo è luogo di memorie, dove anche il paesaggio ha qualcosa di sacro, di spirituale. Una terra dove i paesi, i castelli con le loro merlature e le torri, le chiese con i loro campanili, i vicoli le scalinate e le piazzette dei borghi antichi, sono dettagli di un paesaggio secolare di un medioevo che continua a raccontare la sua storia al presente.
Terra dell’acqua, grande ricchezza del territorio: acqua selvaggia, fragorosa, spumeggiante, poderosa quella della Cascata (la “cascata di Terni”), meraviglia della natura domata dall’uomo e ingabbiata per produrre energia, ma sempre sublime. Acqua placida e silenziosa quella del lago di Piediluco; a volte rapida, sempre fresca-freschissima, quella del fiume Nera, il Nahar, che scorre incassato tra uno stretto fondovalle da Sant’Angelo sul Nera fino ad incontrare e ad alimentare il Tevere. Acqua madre dell’antica Interamna Nahars (la città tra le acque); acqua nutrice dell’energia e della fabbrica; l’acqua delle leggende del Thyrus e del drago.
Le pietre raccontano di antiche civiltà: memorie di quella romana come il grande anfiteatro di Terni e soprattutto la superba città di Carsulae con le sue domus, i templi, il foro, gli archi, il teatro e l’anfiteatro. Superbe le mura ciclopiche di Sant’Erasmo forse appartenute all’antica Clusiulum supra Interamna, ricordata da Plinio o quelle di strada della Pittura con il simbolo apotropaico del fallo in pietra.
Solitari e a contatto con il cielo i templi di Monte Torre Maggiore, l’ara major della “montagna cosmica”. Memorie di una civiltà antichissima, quella di Naharchi, raccontano i resti delle necropoli ternane nel Museo Archeologico, reperti importantissimi che delineano la cosiddetta Cultura di Terni.
Osserviamo la magia delle colline e dei monti: l’Appennino con le sue “catene adamantine” come le definì Ann Miller, con le sue infinite sfumature di verde e l’arditezza dei picchi rocciosi e i segreti ancestrali di numi tutelari.
Portiamoci sulla cima di quei monti che fanno da corona a Terni: sul monte Eolo, che Virgilio indica come sede del dio dei venti, o sul monte La Croce (o Forcella) così chiamato per quella Croce di lamiera alta più di 10 m. uscita dalle Acciaierie di Terni, o ancora a Rocca Sant’Angelo, un tempo baluardo di Terni a difesa della Cascata o ancora sul picco roccioso del borgo-fortezza di Miranda. Panorami mozzafiato si aprono sulla città: vediamo una città ampia, distesa tra i campi, con il Nera che serpeggia lento. Osserviamo una città espansa nella piana che un tempo fu esaltata come la valle incantata dai poeti e raffigurata dai plenaristi come un vago giardino; riconosciamo il vecchio centro storico e le diramazioni dell’epoca post-industriale. Vediamo svettare campanili, torri e ciminiere in una strana commistione tra antico e moderno. Indoviniamo in quel mare di case, antichi palazzi nobiliari, spazi aperti e nuove strade: sappiamo che all’interno di chiese ed edifici, restano testimonianze d’arte notevoli che dobbiamo imparare a conoscere e ad apprezzare.
Loretta Santini