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IL CASO DEL PICCOLO YETI

Prima di Natale è stata lanciata su Raiplay la serie Il piccolo yeti e la città invisibile, ispirata a Il piccolo yeti (2019), il film d’animazione prodotto dalla Dreamworks che racconta la storia di tre bambini di Shangai che compiono un viaggio avventuroso per riportare sull’Everest un cucciolo di yeti catturato da uno scienziato. Il film è diventato un caso ed è stato boicottato in Vietnam, Malaysia e Filippine a causa di una sequenza in cui viene mostrata una mappa del Mar Cinese Meridionale con la “linea dei nove tratti”: si tratta di una demarcazione tracciata dalla Repubblica Popolare Cinese e da Taiwan dopo la Seconda Guerra Mondiale per rivendicare la sovranità sulle acque all’indomani della sconfitta dell’Impero giapponese. Una sovranità non riconosciuta dai paesi limitrofi.

La Cina sostiene che quasi tutte le terre emerse a sud del paese gli appartengano in quanto le ha esplorate nei secoli passati, anche quelle lontanissime dalla sua costa, come il banco sommerso di James Shoal, che si trova a 1000 miglia dalla Cina e a sole 50 miglia dalla Malaysia; o le isole Spratly, un arcipelago di appena 5 km quadrati rivendicato da sei paesi; quando la Cina ci ha costruito un isolotto artificiale per piantarci una bandiera, è arrivata la marina statunitense e si è rischiato un conflitto. Tutta l’area è presidiata dalla Marina Militare Americana.

Si sta parlando di isolotti desertici e banchi di sabbia che affiorano in certe stagioni e poi si inabissano, negli ultimi anni hanno acquistato valore perché corrispondono ai famosi nove tratti con cui Pechino ha delimitato e denominato il “suo” mare; lo stesso che il Vietnam chiama Mare dell’Est. Sotto al fondale si calcola che ci siano circa 33 miliardi di barili di petrolio e 114 bilioni di barili di gas naturale, ossia il fabbisogno cinese di un anno, ma non è quello il vero motivo della contesa, la questione riguarda la supremazia sui vicini e la libertà di transito dei porta-container che, per accedere all’Oceano Indiano e all’Oceano Pacifico, devono attraversare lo stretto di Malacca, tra Malaysia e Indonesia.

Il commercio mondiale si muove principalmente via mare e la costa cinese è circondata da presidi americani e da vicini ostili, per questo Xi Jinping, oltre a sbandierare questa cartina, ha ideato la nuova Via della Seta via terra.

Il piccolo yeti era stato pensato per conquistare il mercato asiatico, non era certo un’opera di propaganda, l’ideatrice e regista statunitense Jill Culton ha spiegato che voleva rappresentare la realtà così come la vede un bambino cinese a cui, sin dalla scuola primaria, viene insegnato che il Mar Cinese Meridionale appartiene al suo popolo fino alla costa malese e vietnamita, mostrare una cartina diversa in mano ai bambini di Shangai sarebbe stato più irrealistico dello stesso yeti. Da questo punto di vista la Dreamworks è stata ineccepibile, però non ha tenuto conto che a un vietnamita non fa piacere che il figlio impari da un film d’animazione americano che il mare che ha davanti casa è cinese, quando invece non lo è.

Francesco Patrizi

Redazione:
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