I VESTITI DEL CONTADINO E LA SARTA PAESANA

Dopo la Seconda Guerra Mondiale le famiglie contadine erano ancora numerose e numerosi erano i componenti di ciascuna famiglia. Il loro numero in media era composto da una decina di persone e quelle con un numero molto più basso erano costrette a farsi aiutare per svolgere i lavori più gravosi e a ricambiare poi l’aiuto, che era sempre utile e ben accetto.

La maggior parte dei lavori agricoli venivano fatti a forza di braccia, compresi quelli che venivano fatti da una coppia di vacche o da un’asina. Infatti, le vacche aggiogate all’aratro andavano guidate e l’aratro dietro di loro pure e così l’asina andava caricata a mano di fascine, che poi venivano legate al basto prima che il quadrupede le portasse davanti all’abitazione.

Per fare qualsiasi tipo di lavoro ci volevano le braccia e più ce n’erano nella famiglia, meglio era. Anche i vecchi di casa si davano da fare mantenendo acceso il fuoco, indispensabile per cucinare. Ci poteva essere anche una vedova di guerra, utile per assistere una persona vecchia allettata o aiutare le altre donne ad accudire bambine e bambini della casata. In questo tipo di famiglia numerosa i compiti erano attribuiti secondo le capacità. Ovviamente tutte le donne dovevano essere in grado di fare la pasta, il pane a turno, di cucinare, di rammendare e di governare gli animali da cortile. Tra gli uomini c’era chi era specializzato a fare gli innesti, oltre a tutti gli altri lavori, e c’era anche chi era addetto ad accompagnare le donne nei negozi, perché sembrava esperto di stoffe e capace di tirare sul prezzo per avere sconti più alti.

Quando c’era bisogno di andare a fare compere di abbigliamento, vuoi perché invitati a un matrimonio, una cresima o un battesimo, o perché c’era comunque bisogno di rinnovare il povero guardaroba, si organizzava la discesa in città in un giorno nel quale non si poteva lavorare in campagna a causa della pioggia, della nebbia o del freddo. Gli abitanti dei vari paesini e frazioni della Valnerina scendevano a piedi lungo le scorciatoie per campi e boschi, fino ad arrivare alla stazione del tram che li avrebbe portati in piazza Valnerina, dove c’erano negozi che facevano al caso loro. Gli abitanti delle altre vallate raggiungevano Terni con altri mezzi e trovavano dalla loro parte di città analoghi negozi pronti a soddisfare le loro richieste.


L’uomo che accompagnava almeno due donne era in genere il marito di una e il cognato o il fratello dell’altra ed era dotato di una buona dose di pazienza nel dover attendere i tempi lunghi delle scelte delle stoffe, degli abiti e soprattutto della loro prova. Ogni tanto si infilava nel chiacchiericcio delle signore per approvare o disapprovare le loro scelte, in modo da ridurre i tempi della discussione. Raggiunti gli obiettivi di scelta, l’uomo passava a trattare il prezzo col padrone del negozio. La discussione a questo punto poteva diventare anche molto accesa, con la minaccia di abbandonare tutta la mercanzia e di recarsi in un altro negozio. Il negoziante conosceva però i suoi polli e con qualche pezzo di stoffa in omaggio e l’aggiunta di uno sconticino risolveva il problema. La sarta della frazione alla quale venivano portate le stoffe per fare pantaloni da uomo prendeva le misure largheggiando, visto che gli uomini tendevano a crescere di pancia, mentre se avesse dovuto cucire abiti per le donne avrebbe teso a farli meglio modellati, anche se sempre comodi. Quindi in campagna si vedevano spesso donne vestite decentemente e uomini che sguazzavano dentro pantaloni troppo larghi.

Vittorio Grechi