Una gita alla scoperta di alcuni tesori del nostro territorio
Siamo andati a Narni e a Cesi. Un’esperienza piacevole e a tratti esaltante, non soltanto per i monumenti e le bellezze che abbiamo scoperto, ma soprattutto per l’atmosfera che si è creata nell’ambito del gruppo a contatto con persone, luoghi, situazioni singolari. Parlo soprattutto della gentilezza delle persone: a Cesi i componenti della Pro Loco hanno messo a disposizione le macchine per trasportare le persone nel centro storico in modo da far superare agevolmente le salite che caratterizzano il paese. Ci hanno accolto con grande calore, ci hanno aperto chiese e palazzi non visitabili altrimenti. A Narni la descrizione passionale e coinvolgente che Roberto Nini ha fatto della sua Narni sotterranea -e dico sua perché è lui, insieme ad altri pochi ragazzi, che ha scoperto e valorizzato il sito- ha lasciato il segno in tutti noi facendoci sentire più ricchi e più innamorati del territorio.
La maggior parte dei partecipanti conosceva sia Narni che Cesi eppure ha scoperto nuove cose. Affermava Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Abbiamo cominciato come turisti, siamo diventati dei viaggiatori, perché il viaggiatore è colui che riesce a penetrare nelle cose e nei luoghi, è quello che riesce ad immergersi nel passato per scoprire situazioni ed eventi sconosciuti. È colui che incamera nei ricordi e nella mente le esperienze fatte fino a farle diventare parte di sé stesso; è colui che non solo vede, ma ascolta, comprende, interiorizza fino a tornare diverso, arricchito.
A Narni abbiamo fatto una visita al Duomo di San Giovenale dove il Sacello di San Cassio racconta una storia antica. La tomba in pietra che fu di San Giovenale suscita profonda emozione. Intorno ad essa e a ridosso delle mura urbiche fu costruito quell’oratorio che, con il suo bel pavimento a motivi cosmateschi, fu poi inglobato nel Duomo costruendo appositamente la quarta navata. Duomo, luogo di devozione di San Giovenale, San Cassio e anche della Beata Lucia.
L’atmosfera medievale è dominante e si intravvede nelle varie stradine che intersecano la cittadina. Una breve sosta a piazza dei Priori dove si erge il Palazzo Comunale, realizzato con l’unione di antiche torri, ingentilito dall’elegante loggiato di Rossellino e con una corte interna dall’ampio scalone dove giacciono diversi reperti archeologici. Colpisce anche la Loggia dei Priori con le sue possenti arcate e quel balconcino, l’arengo, da cui il banditore leggeva gli editti alla popolazione e san Bernardino predicava al popolo.
Una sosta d’obbligo presso la chiesa di Santa Maria Impensole con il suo porticato e i bei portali decorati a bassorilievo. Un interno semplice e suggestivo con la fila di colonne che sorreggono archi ribassati e la sequenza di antichi capitelli tra cui quello con figure antropomorfe di origine barbarica.
Eccoci infine a Narni Sotterranea. L’emozione è fortissima, anche grazie al racconto appassionato di Roberto Nini, il ragazzo che giovanissimo, insieme a pochi amici, come già detto, scoprì questi ambienti. Da allora la sua passione, la sua ricerca, la sua pertinacia, l’hanno portato a trovare documentazioni, riscontri, notizie di cui solo un’attenta e perspicace voglia di sapere (ed anche un po’ di fortuna) ha permesso di approfondire le conoscenze.
Lasciamo Narni con negli occhi e nel cuore quella straordinaria esperienza della chiesa di Santa Maria in Rupe, della cella dei prigionieri, della sala del Tribunale del Sant’Uffizio con gli strumenti di tortura e, dopo una piacevole sosta per soddisfare lo stomaco (ciriole, arrosto e zuppa inglese) arriviamo a Cesi.
Ricordo ai miei compagni di viaggio che quel paesino abbarbicato sulla montagna fu per secoli il centro più importante delle Terre Arnolfe, tanto importante da essere difeso dai Templari di nomina papale. Ricordo il monte Eolo che sovrasta il paese, quel monte che Virgilio indica come la sede del dio dei Venti per quei getti d’aria che fuoriescono dalle “bocche di vento”, vale a dire dalle grotte -la più conosciuta è la grotta Eolia che invito a visitare nel prossimo futuro- che numerose si aprono sulla montagna.
Poi uno sguardo ai reperti di archeologia, quelli visibili sulla porta d’ingresso del teatro come i cippi carsulani con l’immagine delle anfore olearie che ricordano come tutta la zona fosse, fin dall’antichità, famosa per la produzione di olio. Troviamo così l’occasione per ricordare reperti e siti ben più importanti che invitiamo a visitare durante gite domenicali: i templi di monte Torre Maggiore (i maggiori luoghi di culto dell’Umbria meridionale fin dall’epoca preromana) o i resti dell’antica Clusiulum supra Interamna (VI sec. a.C.) o le mura ciclopiche di strada della Pittura.
Accompagnati dai rappresentanti della Pro Loco e dal parroco di Cesi, ci sono state aperte le porte di Palazzo Stocchi e le chiese del Sacramento e di Sant’Agnese dove abbiamo ammirato dipinti pregevoli. Ma il gioiello della pittura lo abbiamo visto nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta: si tratta della Pala del cosiddetto Maestro di Cesi, una tavola in legno (misure: 156 x 104,5 cm) dipinta a tempera che mostra una composizione robusta, nobile, dove emerge la forte cromaticità e la plasticità delle figure con la quale si supera la bidimensionalità e la frontalità dell’arte medievale, avvicinandola alla pittura di Giotto.
Il nostro viaggio è finito: respiriamo ancora l’aria pulita e limpida del luogo e diamo un ultimo sguardo a quel panorama sulla piana ternana che si apre dai vari punti di Cesi, un belvedere naturale, che per questo si fregia del titolo di “balcone della conca di Terni”.
Spero che questo resoconto di viaggio con La Pagina possa incuriosire altre persone che amano il territorio e che hanno il desiderio di conoscere nuove mete, nuove bellezze, nuove storie, a cominciare da quelle che riguardano la nostra città alla quale dedicheremo particolare attenzione nel prossimo futuro.
Loretta Santini