
QUANDO LE CAMPANE SI SCIOLGONO…
…e mi torna in mente…la guerra era finita, si ritornò a casa, a quel qualcosa che di essa era rimasto, dopo un lungo periodo vissuto in casupole di campagna, lontano dalle bombe che si abbattevano sui centri abitati. La città riprese un suo ritmo e lentamente il suo cuore pulsante tornò a battere. Furono anni di rinascita. Pochi veicoli, ma tanti bambini che giocavano in strada e il tram che collegava la città ai paesi della Valnerina…e i bambini, schiamazzando, lo rincorrevano. La famiglia tornò ad essere, se possibile, più salda di quanto lo fosse mai stata e, intorno ad una tavola imbandita, si ricrearono le antiche tradizioni.
Pasqua: sembrava che tutto, per quell’evento, dovesse “risorgere”. La festa era particolarmente accolta, sentita. Resurrezione del figlio di Dio dal Sepolcro, resurrezione dell’uomo dalle macerie, ovunque sparse. La primavera sprigionava il fervore necessario e le case si aprirono ad esso.
Ogni stanza veniva lustrata: pareti spolverate, mobili spostati e svuotati per pulirli a fondo. Si preparava la dimora per la visita del parroco che, in occasione della Pasqua, benediva ogni stanza dell’appartamento e, implicitamente, tutta la famiglia. Ogni gesto, ogni comportamento, in quegli anni post guerra, era orientato a rinvigorire corpo e anima per ricominciare, per alimentare la speranza, per ricostruire un futuro. La chiesa era particolarmente frequentata: era tempo di ringraziamento, di riconoscenza.
Durante la Quaresima era obbligo di astinenza dalla carne ogni venerdì e il mercoledì delle Ceneri, ma anche il digiuno era da osservare per dominare il piacere del cibo e castigare l’ingordigia. Nel 1962 il Concilio Vaticano II ritenne che certe privazioni fossero ormai inadeguate ad una società avviata verso un boom economico che avrebbe cambiato per sempre la mentalità, la relazione tra sessi e abbattuto, in parte, tabù e conformismi.
La Settimana Santa era gremita di riti religiosi che venivano osservati con devozione, frequentati con mestizia. I Sepolcri del giovedì Santo non rappresentano, ora come allora, il Sepolcro di Cristo, ma “l’altare della reposizione”, cioè quell’altare che conserva, fino al Venerdì Santo, l’Eucarestia posta in un Tabernacolo. L’usanza di addobbare l’altare con fiori e vasi preparati interrando semi a crescita rapida come grano, orzo, lenticchie ha le sue origini nelle “Adonie”, feste in onore di Adone, semidio di straordinaria bellezza che rappresentava il ciclo della vita e la fertilità. In suo onore venivano allestiti “i giardini di Adone” con piantine di breve fioritura come simbolo della fragilità della bellezza e della caducità della vita. In ogni forma di ritualità l’uomo ha sempre unificato l’aspetto meramente fisico, festaiolo con l’aspetto animico, gelosamente custodito e protetto.
Pasqua racchiude in modo esemplare i due aspetti: partecipazione emotiva, spirituale, simbolismo, tradizioni popolari. Vita e morte: ciclo della vita, da sempre ricordato e rinnovato. Così, in una settimana, si ripercorrono le tappe di un evento che ha segnato la nostra storia, che ha affidato alla Chiesa di Cristo le sorti dell’umanità tutta. La benedizione delle Palme per commemorare l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, la messa in “Coena Domini” per ricordare l’Ultima Cena, la Via Crucis per rivivere l’agonia di Cristo, la processione del Venerdì Santo per piangere Cristo morto e la Madonna Addolorata e ancora… ancora, riti di una Chiesa che, nel tempo, ha cambiato volto perché la società ha imposto ritmi diversi, ha mutato la sua essenza, fino alle campane che si “sciolgono” non più a mezzogiorno del sabato, ma alla mezzanotte. La domenica è festa: resurrezione di Cristo e del suo popolo.
Su una tavola imbandita trionfano i prodotti della terra che esaltano la vita che continua. Colazione di Pasqua preparata con devozione. Un tripudio di cibo dopo quaranta giorni di astinenza, di digiuno. La pizza di formaggio era oggetto di attenzioni commoventi durante tutta la sua fase di lievitazione: accarezzata, cullata, vegliata di notte, avvolta in teli bianchi, rimboccati come lenzuolini nella culla di un neonato. Frittate con erbe aromatiche raccolte sul campo, ai margini di un bosco, salumi di ogni genere, interiora di agnello (coratella), uova sode, emblema di vita, pizza dolce, anch’essa fatta in casa. Poi in Chiesa per la Santa Messa.
Qui il ricordo si ammanta di tenerezza: la famiglia si preparava con accurato impegno mentre dalle stampelle pendeva l’abito nuovo da indossare. Sì, era primavera, era rinascita, era un omaggio al Creatore presentarsi in chiesa con un vestito comprato per l’occasione. Pulizie a fondo della casa per la benedizione del prete, vestito nuovo per la Santa Messa, colazione di Pasqua con tutto l’ambaradan precedente, visita ai Sepolcri in numero dispari: tre, cinque o sette chiese, la partecipazione alla processione del Venerdì Santo…momenti che impegnavano in una profonda riflessione religiosa, ma…la società cambia, nel tempo tutto si è affievolito è la tradizione vive ormai nella memoria degli anziani.
Settimana di vacanze, voli oltre oceano, ristoranti hanno spento la magia del convivio vissuto entro le case da più generazioni riunite. Rimangono, in bella mostra, sugli scaffali dei negozi, le uova di cioccolato e le colombe pasquali.
Sandra Raspetti