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È ARRIVATA LA BEFANA

La Befana è quella vecchietta gobba, grinzosa, con il naso adunco, mento sporgente, pochi denti e capelli bianchi. È vestita di un gonnellone e un grembiule scuro e rattoppato, di un vecchio scialle, un cappellaccio a punta e un paio di ciabatte. Vola nel cielo a cavallo di una scopa e, scendendo dal camino nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, riempie di doni le calze appese nel focolare dai bambini aggiungendo un po’ di dolcetti e di carbone a seconda che siano stati buoni o cattivi.

Un tempo nella calza metteva caramelle, frutta secca, mandarini. Portava quaderni, matite e qualche biscotto. Ai maschietti più fortunati portava una macchinina di latta, un fucile col tappo di sughero, i soldatini di piombo; alle bambine una bambola, le pentoline e il carillon. A volte aggiungeva un libro delle fiabe, quelle di una volta scritte apposta per educare intimorendo con l’orco, l’uomo nero, il lupo cattivo e la strega. Altri tempi, altro tipo di educazione, altre storie.

Con il passare degli anni la calza è diventata più ricca, piena di giochi e oggetti tecnologici, subendo la spietata concorrenza di Babbo Natale. Per i bambini però la Befana non ha perso quel senso di mistero e di attesa tipico della vigilia quando i piccoli erano ansiosi di vederla arrivare e per questo non volevamo andare a dormire.

La Befana, sebbene soppiantata da Babbo Natale per la forte influenza della tradizione dei paesi anglofoni, continua ancora oggi ad essere un evento magico.

In realtà da Natale alla Befana tutto il tempo è magico. Già nel Medioevo lo ritenevano tale: erano le dodici notti in cui si avverano i sogni, in cui gli animali potevano parlare (dice un proverbio: “La notte di Befana nella stalla parla l’asino, il bove e la cavalla”), i defunti tornare tra i propri cari, si realizzano prodigi e meraviglie. E la Befana è la dodicesima notte! Quella cantata da Shakespeare nell’omonima commedia.
Quella piena di speranze e progetti.

QUALI SONO LE ORIGINI DELLA BEFANA?

È un’apparizione come dice la sua etimologia?
Il termine viene infatti da bifanìa o befanìa a sua volta derivato dal greco “epifáneia” che significa apparizione e manifestazione del divino.

Nella tradizione cristiana l’Epifania è il giorno in cui i Re Magi giunsero sul luogo della natività di Gesù per offrire oro, incenso e mirra. È altresì l’inizio del periodo pasquale tanto che, in questo giorno, c’è l’usanza di augurarsi “buona Pasqua”. A riprova di ciò ricordiamo
le “pasquarelle” o “vecchierelle”, canti popolari augurali di antichissima origine intonati in occasione di questa ricorrenza e presenti in molte zone grazie soprattutto all’opera di gruppi folkloristici come i Cantori della Valnerina.

In realtà la festività della Befana è una commistione di tradizioni cristiane e pagane tanto che in questa figura un po’ strega e un po’ maga, si assommano tradizioni, credenze, leggende, usanze riconducibili ai lontani riti propiziatori della natura, sia quelli medievali, sia quelli più antichi legati alle divinità pagane.

Infatti in epoca romana l’Epifania chiudeva le feste dedicate al dio Saturno. C’era inoltre la tradizione della ninfa Egeria che metteva i doni nella calza che il re Numa Pompilio portava nella grotta dove ella viveva, o i riti propiziatori legati a Diana, la dea della luna, che i contadini vedevano volare nel cielo insieme al corteo di ninfe per rendere fertili i campi. La tradizione popolare medievale ricorda come, dopo il solstizio d’inverno, alcune donne volassero sui campi per fecondarli (da qui l’immagine della Befana che vola a cavallo di una
scopa).

La Befana è anche la rappresentazione dell’anno vecchio ormai finito e che può anche essere bruciato, tanto è vero che in molti paesi permane l’usanza di dar fuoco a un fantoccio che la rappresenta.

Per tutti noi comunque rimane e rimarrà sempre la simpatica vecchietta che porta un sorriso sul viso dei nostri bimbi.

Loretta Santini

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