La lunga strada verso l’equità
Nel 2025 essere una donna rappresenta ancora un problema, per le donne stesse. Diversi sono gli ambiti in cui la disparità di genere pone in una posizione di svantaggio il popolo femminile. A livello mondiale, secondo l’ultima edizione del Global Gender Gap Report, vedremo l’eliminazione delle differenze tra uomini e donne, sotto ogni ambito, tra ben 134 anni. Più precisamente, in Italia ad esempio, possiamo vedere come il tasso di occupazione femminile sia fermo al 52,5%, rispetto il 70,4% degli uomini. Questi dati non sono altro che il riflesso di una cultura ancora, purtroppo, molto arretrata. Cultura che vede le donne come uniche addette al lavoro di cura, specialmente dei figli e, avendo quindi, scarse possibilità di poter fare carriera nel mondo del lavoro.
La strada verso l’equità è ancora molto lunga, se consideriamo anche l’accrescimento del numero di femminicidi che sembra non conoscere battute d’arresto e le aggressioni che molte donne devono subire, spesso quotidianamente. Questo argomento, seppur in modo diverso, tocca anche le donne con disabilità. La violenza di genere e la sua conseguente disparità, hanno anche una matrice maschilista. Ciò significa che vige una cultura che fa credere agli uomini che siano, e debbano essere, gli unici detentori del potere. Inoltre, è talmente radicalizzata da essere diventata sistemica, quindi difficilmente estirpabile, nonostante le numerose lotte che le donne hanno fatto e stanno facendo nel corso degli anni. Ciò comporta anche una certa inconsapevolezza da parte degli uomini stessi.
Essere donne e avere una disabilità significa essere totalmente invisibili. Non esisti per la società, non rappresenti un problema e neanche un soggetto potenzialmente utile. Spesso, le donne disabili non vengono considerate come tali, in quanto vengono trattate con atteggiamenti e parole infantilizzanti. Se le donne normodotate devono lottare contro l’iper-sessualizzazione, le donne che hanno una disabilità “godono” della nomea di soggetti asessuali. Anche nelle avversità non riescono ad assottigliarsi le differenze che ci hanno affibbiato.
Inoltre, è bene ricordare che, purtroppo, anche le donne disabili sono soggette a violenze ed aggressioni, anche di natura sessuale.
In conclusione, sento di dover dire che c’è ancora molta strada da percorrere e molti traguardi da raggiungere. Va attuato un lavoro sinergico, considerando ciò che già si è fatto, che veda uomini e donne dalla stessa parte. Credo che continuare ad evidenziarne le differenze, parlare di “noi” e “loro”, non faccia altro che aumentarne la distanza. Penso anche che non si debba generalizzare ma “puntare il dito” contro coloro che, pur consapevoli dei propri privilegi, non fanno alcunché per far sì che tutti e tutte abbiano il diritto di goderne.
Elisa Romanelli