Giorni fa, sono apparse, accanto a Palazzo Spada due file di piante di merangole. Un agrume selvatico che si trovava anche a Piedimonte e con cui si può fare, insieme all’olio d’oliva, sale e pepe, un ottimo condimento per i fagioli.
Nelle mole ternane era d’uso festeggiare così la prima spremitura del nuovo raccolto di olive. Le piante delle merangole urbane sono state messe a dimora in grandi vasi invece che a terra, come se la quinta di verde che si va a realizzare, includendovi un passaggio pedonale, fosse un impianto arboreo temporaneo.
L’idea di realizzare una quinta verde davanti ad uno spazio di risulta dalle distruzioni belliche non è sbagliata, anche se resta il rammarico di non aver ancora visto realizzare la definitiva riqualificazione architettonica ed urbanistica di quell’area, con la realizzazione del magnifico progetto degli Uffici comunali, progettato, molti anni or sono, dal Maestro Ridolfi e dall’Architetto Frankl. Dovendoci contentare delle merangole, auguriamo loro buon attecchimento e vita, sapendo che crescere e svilupparsi dentro dei vasi, che il cambiamento climatico tende a surriscaldare, non sarà troppo agevole.
Il tema non più solo del verde urbano, ma quello della rinaturalizzazione della città, come risposta adattiva strategica alle nuove e drammatiche condizioni climatiche, dovrebbe diventare centrale per chi abbia a cuore il futuro della nostra città.
Terni, per lungimiranti scelte del passato, ha una buona dotazione di verde pubblico, come dimostrano le statistiche nazionali delle città italiane capoluogo di Provincia. Questa dotazione, tuttavia, non basta più, se si vuole affrontare il problema della “neutralità climatica” dell’organismo Città, entro il 2050; seguendo le indicazioni dell’ONU, dell’Unione Europea e del Piano climatico nazionale. Terni, infatti, è una città, non solo, tuttora, soggetta allo storico inquinamento delle attività dell’Industria pesante, ma, anche, climalterante, in quanto le sue emissioni Pro capite annuali di CO2, sono vicine alle 10 tonnellate, contro una media nazionale di 4,7 e quella umbra di 5,2 tn. Solo le Acciaierie emettono direttamente, ogni anno, 360.000 tn di anidride carbonica ed altre 300.000 indirettamente per la produzione dell’energia elettrica consumata nel processo siderurgico di Viale Brin. Si tratta della metà di tutte le altre emissioni, dovute alle altre industrie, al traffico ed al riscaldamento urbano.
Sarà necessario ridurre le emissioni della produzione, innovando il processo produttivo e della logistica, adottare sistemi di cattura industriale della CO2, con possibile sua trasformazione e riutilizzo circolare; ma sarà anche necessario realizzare un grande piano pluriennale di riforestazione urbana e territoriale che consenta di assorbire naturalmente almeno il 20% delle emissioni in eccesso, sulla capacità d’assorbimento del verde attuale. La nuova legge europea per il ripristino della natura, contiene l’obiettivo di piantare in Europa 3 miliardi di alberi, anche per rinaturalizzare zone degradate dalle attività dell’uomo. L’Italia, l’Umbria e la Conca ternana, dovrebbero rendersi partecipi attivi di questo grande intervento epocale, per il salvataggio del Pianeta. Poiché ogni ettaro di nuovo bosco adulto può catturare, al massimo, 10 tonnellate di CO2 ogni anno, ed il suo impianto può costare circa 600 euro per ettaro, non ci vuole molto a capire quale sia la dimensione territoriale e finanziaria del progetto. AST- Arvedi, Regione con il suo Piano forestale, comuni interessati, singoli e aggregati, dovrebbero dimensionare il progetto di riforestazione in base all’obiettivo di quale quota di CO2 emessa debba essere catturata, censendo le aree disponibili, nel territorio della Conca ternana, in relazione all’attuale tipo di utilizzo, impegnando i suoli pubblici e proponendo forme d’incentivazione alle proprietà private aderenti; su questa base impostare un piano di investimenti poliennale, sul quale attivare anche i nuovi finanziamenti europei e nazionali per la sostenibilità. In tale quadro, anche i cittadini potrebbero essere chiamati a dare un loro diretto contributo tramite una campagna: “dona un albero alla tua città”; una campagna che potrebbe vedere impegnata l’intera rete degli esercizi commerciali e degli sportelli bancari per ottenere dai clienti un contributo volontario, a sostegno di tale progetto, per un ambiente urbano più sano. Dalle merangole al bosco urbano il passo non è facile né breve, ma forse, ormai, è necessario.
Giacomo Porrazzini