La “finanza ad impatto sociale”
Dall’incontro di un mondo finanziario in costante evoluzione con l’economia reale caratterizzata da soggetti pubblici e privati che scambiano beni e servizi, nasce l’impact investing, ovvero, la “finanza ad impatto sociale” che consiste nell’investire in aziende, fondi e organizzazioni al fine di sostenere investimenti legati ad obiettivi sociali misurabili in grado, allo stesso tempo, di generare un ritorno economico per gli investitori. Quindi un fenomeno che aggiunge nuove motivazioni a quelle più tradizionali del mero ritorno economico inserendo obiettivi extra-finanziari come, ad esempio, la tutela dell’ambiente.
Obiettivo dell’impact investing è la trasformazione della tutela ambientale o del progresso sociale in una opportunità di business, attirando capitali e talenti imprenditoriali il cui impegno contribuisce a uno sviluppo economico nella sostenibilità, definita nel 1987 dalla commissione Brundtland delle Nazioni Unite: (come quella che) soddisfa i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai propri.
La portata dell’impatto dipende chiaramente anche dal tipo e dal livello delle aziende in portafoglio. La letteratura finanziaria individua quattro caratteristiche principali che distinguono e identificano questa tipologia di investimento: l’intenzionalità dell’investitore di generare un impatto positivo su società e ambiente; il rendimento finanziario atteso, che può variare a seconda degli obiettivi dell’investitore, ma deve prevedere almeno il rientro del capitale investito (è quindi esclusa la beneficienza); l’eterogeneità dei rendimenti, abbracciando ambiti apparentemente distanti tra loro (come ad esempio finanza, relazioni, ambiente e benessere); la misurabilità dell’impatto sociale e ambientale. Quindi, di fatto, si basa sulla misurazione del cambiamento specifico reso possibile dal capitale di un dato investitore.
L’impact investing è un settore in forte espansione e sta riscuotendo un crescente interesse da parte di gestori e investitori. Il Sole24ore riporta che in Italia si è passati dai 46 milioni di euro del 2017 ai 109 del 2020 con una crescita del 137%.
Nonostante i dati in crescita, persistono problematiche che devono essere risolte per far sì che da fenomeno di nicchia diventi una reale opportunità di investimento. Tra gli aspetti critici, la scarsa liquidità e la mancanza di definizioni comuni e condivise fra gli attori. Va poi considerato che implementare e gestire un portafoglio di questo tipo richiede competenze e professionalità specifiche.
Certamente, l’inserimento degli investimenti a impatto socio-ambientale nell’agenda dei lavori del G8 e la costituzione di una task force a livello nazionale (il cosiddetto National Advisory Board, che in Italia è rappresentato dalla “Social Impact Agenda per l’Italia”) sono segnali incoraggianti che possono aiutare l’impact investing a segnare il punto di svolta nei prossimi anni.
Alessia Melasecche
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