QUESTIONE TECNICA O POLITICA?
I flussi migratori creano nei Paesi di destinazione problematiche di sicurezza, di sovraffollamento, di priorità nella distribuzione delle risorse, di convivenza multietnica. Mentre si cerca di contrastare con ogni mezzo lecito l’immigrazione irregolare, le questioni riguardanti le migrazioni regolari si riassumono invece nella necessità di garantire ai migranti un trattamento equo, ovvero una condizione che sia il risultato di una adeguata ponderazione di tutti gli interessi e i diritti coinvolti nella questione.
Si dovrebbe elaborare in sede tecnico-giuridica l’indicazione delle condizioni di ingresso e di soggiorno, tenendo conto equamente sia delle aspettative dei migranti di trovare nei Paesi di destinazione possibilità di lavoro, salari più alti, migliore qualità di vita, sia dei limiti delle capacità ricettive delle comunità di accoglienza, ovvero in concreto della necessità che la massa delle persone accolte non sia tale da comprimere eccessivamente il godimento dei diritti dei residenti.
I mutamenti delle condizioni di vita e i costi sociali che richiede la dimensione multietnica non devono alimentare una contrapposizione fra i cittadini del Paese ospitante e i nuovi arrivati, che potrebbe suscitare, tra l’altro, odiose degenerazioni razziste. Diversamente, quando si contrappongono aprioristiche e non negoziabili valutazioni politiche, il confronto raramente approda a soluzioni condivise: la discussione tende a radicalizzarsi. La demagogia politica spesso è rigidamente polarizzata su opzioni simmetricamente opposte (quella dell’accoglienza generalizzata o quella del respingimento indiscriminato) che rendono difficile un’obiettiva comparazione fra il dovere di solidarietà dei residenti e i loro interessi. Da solo non è esaustivo nessuno dei due approcci, né quello tecnico, né quello politico.
Privilegiare per quanto possibile l’approccio tecnico consente di conseguire soluzioni strutturate oggettivamente, più stabili in quanto meno esposte alla volubilità ideologica e quindi a radicali cambiamenti. Le valutazioni di carattere tecnico pur non essendo esaustive forniscono indici oggettivi, in quanto correlati all’entità dei flussi e alle risorse da destinare per assicurare una dignitosa accoglienza.
Il dibattito nel quale si confrontano i diversi punti di vista tecnici, in quanto strutturato su parametri oggettivi, generalmente è costruttivo. Nelle democrazie occidentali di norma le decisioni tecniche devono essere finalizzate dagli orientamenti politici, mentre quelle politiche si strutturano sempre su una base tecnica.
Le decisioni in materia di immigrazione dovrebbero quindi essere assunte mediante valutazioni tecniche, destinate ad interagire variamente con gli orientamenti politici. Solo rinunciando ad alimentare sia l’enfasi populista di un facile buonismo, sia all’opposto quella ad effetto di un’inconsistente intransigenza, le questioni connesse alla convivenza multietnica potranno essere affrontate seriamente.
L’integrazione è un dovere, ma ha senso qualora sia reale e non si esaurisca in affermazioni di facciata da spendere per fini elettorali. I flussi migratori sono il fattore maggiormente influente sul carattere multietnico delle società occidentali; in proposito si rendono spesso necessarie negoziazioni al fine di assicurare a tutti i residenti, stranieri inclusi, una reale condizione di sostanziale uguaglianza.
Spesso si fa riferimento alla tolleranza per indicare l’atteggiamento da privilegiare nei rapporti interetnici.
Paradossalmente il concetto di tolleranza ha sfumature vagamente discriminatorie. Nella pratica dietro la benevolente accettazione dell’altro si può celare un implicito giudizio di superiorità, di diffidenza, o addirittura di biasimo o di condanna.
La convivenza dovrebbe invece essere strutturata sul riconoscimento della pari dignità.
Roberto Rapaccini