Molto tempo fa il militante di un partito ascoltava i suoi leader nazionali solo in occasione di rarissimi comizi nelle piazze; sapeva però di poter partecipare costantemente e orgogliosamente alla vita del suo partito discutendo con altri militanti di problemi emergenti che, attraverso una graduale scala gerarchica, arrivavano a conoscenza dei vertici stessi. Aveva coscienza di essere un elemento importante dell’ingranaggio: senza il concorso di tanti militanti come lui il partito non avrebbe fatto sentire la sua voce alle masse.
La situazione, ai giorni nostri, è cambiata: il leader nazionale è disponibile per chiunque attraverso schermo televisivo e vari social; non conciona più nelle piazze, ma partecipa a interviste, dibattiti, tavole rotonde, sparpagliando sfide e provocazioni del tutto personali. Il militante si può così ridurre ad un semplice osservatore esterno, una sorta di chiacchierone da tifo calcistico. C’è chi dissente per conto proprio e chi no; chi giubila e chi fischia; c’è anche chi rimane in sempiterna attesa di favori dispensabili dal boss. Se ottiene qualcosa, bene, altrimenti volta gabbana, cambia partito anche, e soprattutto, nell’ambito della stessa legislatura, quasi a vendicarsi, presto e bene, di quelli che lo avrebbero tradito! Un moderno guazzabuglio, dunque, nel quale il leader diventa rappresentante solo di se stesso e del suo entourage, dando luogo alla cosiddetta politica padronale (il padrone è, ovviamente, chi dispone di mezzi finanziari propri -che deve proteggere, costi quel che costi!- o del gruppo di interesse che rappresenta). Eventuali meriti culturali non hanno importanza, anzi più la combriccola è popolata da semianalfabeti, più è affidabile!
E si continuano a vendere pacchetti di ambiguità in TV, complice spesso un giornalismo dalle attitudini smaccatamente mercantili.
La politica non può, invero, procedere dall’alto verso il basso, in piena analogia con un ammuffito, ma sempre presente studio (particolarmente accentuato da molti istruttori di aritmetica alle scuole superiori): questa è la legge, imparala a memoria e applicala! Deve invece responsabilmente progredire dal basso verso l’alto: questa è la situazione problematica, congetturiamo insieme per costruirne la regola! I riflettori illuminino dunque i dibattiti locali, le associazioni culturali, i dissidenti, i volontari, gli indignati! Si discuta regolarmente e caparbiamente della vita presente e futura dei cittadini e si espongano in continuazione, non chiacchiere variopinte, ma linee progettuali e pianificazione di interventi mirati, globali, consistenti. Ne conseguirebbe che, se in grado di Capire, perché in possesso di Conoscenza, Capacità, Competenza, in breve di Cultura, si sarebbe anche in grado di fare politica, di essere cioè politici, amministratori e sindaci, ovvero di assicurare futuro e dare giustizia ai cittadini (polis, civitas e sun-dike). Al contrario, restando appartati e in silenzio o dire, a volte, sì a qualcuno scelto ad capocchiam, si rimane solo al servizio di se stessi o, al più, di una privata e volgare camarilla.
Sarebbe opportuno effettuare considerazioni in merito ad una politica assiale pensata come costituita da un centro e da due semirette da esso uscenti, una verso destra, l’altra verso sinistra, come calco della concezione della terra piatta, con il suo presunto centro di vita e di cultura posto tra una colonna d’Ercole (Gibilterra) e l’altra colonna (il fiume Indo). Sarebbero poi importanti riflessioni relative ad una politica assiologica, cioè dei valori attestabili(1). In questa nuova dimensione centro altri non è che l’atollo in cui si concentrano valori condivisi; estremo, né a destra né a sinistra, è l’atollo di quelli opposti. Si tratta di un bipolarismo cristallino: da una parte o dall’altra, sì, ma rispetto a comportamenti netti, solari, a categorie fondamentali condivise da molte persone, qualunque sia la loro ecletticità partitica. In primo piano, ed esemplificatrice, c’è una diade, quella costituita dall’uomo libero e dal suo antitetico, il cultore di privilegi. L’uomo libero è solidale con tutti, particolarmente con i meno protetti, vive con la sola industria di se stesso, lotta per una sana meritocrazia, persegue virtù e conoscenza. È il centro.
Il cultore di privilegi è solidale con se stesso, con la sua conventicola, con il potente al quale si appoggia. È dogmatico e superstizioso e, come tale, si oppone alla cultura, in particolare a quella scientifica. Sta all’estremità.
Un primo, fondante, gruppo avrà dunque in comune la messa al bando di ogni accattonaggio di privilegi e, di conseguenza, l’allontanamento sprezzante di tutti coloro che hanno problemi con la giustizia o che brigano per non farsi processare.
Altrimenti non si è uomini liberi!
Uomini liberi di tutto il mondo, unitevi!
Uniamoci al coraggioso, che si batte da solo ed esclusivamente con i propri mezzi. Combattere tanti contro pochi, o missili contro sassi, non è nella logica del guerriero, ma è comportamento del vigliacco che si serve, per sconfiggere il nemico, dell’unione di forze con altri vigliacchi. È quanto di spregevole è avvenuto e quanto ancora oggi avviene! Schieriamoci contro! Andiamo tutti al centro, insieme al corruttore Socrate, insieme agli stoici, che introdussero il concetto della fratellanza umana: tutti gli uomini sono figli di Zeus, senza distinzione fra greco e barbaro, schiavo o libero, ucraino o russo. Accompagniamoci con i poeti, gli artisti, gli scienziati, con i ricchi di spirito e con i poverissimi di tracotanza; con gli addetti al sacro in possesso solo di una tunica polverosa e lacera. Il centro è per chi rispetta non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te, stupenda massima che Confucio ci consegnò, circa 2500 anni fa. È per Buddha quando dichiara che non potrebbe mai essere felice, finché anche un solo uomo risulti infelice.
Facciamo, dunque, riferimento ad una politica assiologica, o valutativa, che integri fortemente quella assiale delle due parti contrapposte, equilibrate (si fa per dire) da un centro, reale, fittizio o immaginato che sia. La politica è stata, infatti, caratterizzata, nei tempi, da relazioni di antagonismo fra due parti contrapposte (eutimoi e atimoi, patrizi-plebei, guelfi-ghibellini, whigs-tories, conservatori-democratici…). Tale logica dicotomica non è estranea alla concezione religiosa o metafisica del mondo naturale (dio-demonio, luce-tenebre, ordine-caos, vita-morte) e alla incombente e super accelerante pervasione elettronica (uno-zero, on-off, acceso-spento). Nella politica assiologica centro è l’atollo in cui si concentrano valori condivisi; estremo, né a destra né a sinistra, è l’atollo di quelli opposti.
Molte le persone che hanno da dire e sanno dire ed è proprio in questo magazine che uniremo mensilmente varie proposte, sempre collegate ad una visione generale, ma unita e armonica, riguardante il futuro del nostro territorio. Almeno qualcuno, nella nostra città, punterà occhi e ingegno sul futuro e lo farà in nome della vera politica, cioè dell’impegno culturale e progettuale e nel segno del scripta manent, verba volant. Allora, lettore o amico o conoscente dei nostri lettori, se hai soltanto ideuzze non collegate ad un disegno generale di territorio, non sarà certamente possibile esporre alcuna tua pubblicazione. Se hai, poi, idea di spezzettare tutto e ignori cosa sia la storia e la macroregione, fila via, prego!
Se, invece, sai inquadrare almeno un po’ storia, identità e versatilità del nostro territorio e hai una minima conoscenza della Terni Istat, immaginando così un futuro realistico e sostenibile per tutti noi, avremo il gran piacere, sia tu semplice cittadino o illustre amministratore (basta che tu sappia dimostrare quel che cerchi di diffondere), di annoverarti tra chi sa fare proposte sostenibili e convincenti. Altrimenti, lascia stare, non dar luogo, vuoi a critiche non pubbliche, vuoi ad una triste povertà concettuale e culturale! Saranno, pertanto, ospitati gli scritti di chi ha bella lana da filare, tutta a favore dell’intero nostro territorio (VI Regio Augustea) e di una città ormai, purtroppo, silente ed amorfa, dove ascolti solo l’assordante silenzio delle serrande oscurate e delle vetrine serrate. Saranno benvenute ipotesi di progetto e di lavoro, tutto però all’interno di una idea unitaria indivisibile sostenibile e presentandone cause effetti motivazioni. Vagheggiamo così con quanto appena detto il vero partito di centro. Chi si ispira ai valori esposti (e ad altri, del tutto eccellenti) ce n’è ovunque, tra la gente e tra i poli, tra atei e credenti, tra ebrei e palestinesi, tra cattolici e mussulmani, tra europei ed asiatici. Apriamo l’epoca di un nuovo umanesimo, delle relazioni tra umani e della emarginazione dei disumani. Viviamolo con rispetto, facciamolo senza violenza. Apriamo alla nuova politica, cioè alla cultura ed alla tensione progettuale. Chi ha lana, fili. Chi non ha lana, fili via! E, magari, cominci a studiare (ma non solo a memoria, come unica possibilità di tantissimi sedicenti laureati). Il nostro giornale si impegnerà per unire, non solo idealmente, uomini liberi, colti, moderati. Non riguarderemo cultori di privilegi, dogmatici, vigliacchi, estremisti. Loro residuati, tra guerrafondai, sfruttatori e terroristi, ancora tristemente galleggiano ed imperversano, con tanto di fuciletti e di carri armati; li tiene uniti il collante del furto, dell’odio, della paura e del privilegio; arrecheranno ancora lutti e nutriranno l’ingiustizia, rendendo dilagante la guerra mondiale economica nella quale ci hanno scagliati. Le vittime saranno ancora tra di noi, ma un mondo pulito ha bisogno di conoscenza e di scienza, di gentilezza e di coraggio, di rispetto e di amore e, purtroppo, ancora di estremi sacrifici. Non abbarbichiamoci, però, attorno ad un passato regolato da uomini privi di cultura e non nobili, un passato che nelle nostre coscienze è già seppellito, insieme alle sue superstizioni ed ai suoi massacri. Un passato che sarà di gran lunga superato dal futuro che intelligenza, cultura e umanità sapranno creare.
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(1) Axios è parola greca che significa degno di onore, valore condiviso.
Assioma, nelle dimostrazioni matematiche, non assume il significato di verità assoluta, caratteristica questa, misticamente di Giove, razionalmente di un assunto non confutabile o ancora non confutato. Verità degna, ma fino a quando?
Fin quando, dopo aver correttamente applicato le regole della deduzione logica, non si giunga a conclusione chiaramente errata! In tal caso non si ritiene più degna, ma… nessun anatema, non dà luogo a scomuniche o a tradimenti; semplicemente non serve più, viene sostituita! Non ci si ambascia più di tanto: è sbagliata! Nella vita ordinaria esiste l’analogo: credi agli ideali di un partito fin quando sussiste coerenza tra questo e i tuoi princìpi etici, codesti sì chiaramente noti a te stesso! Se c’è molta distonia due sono le possibilità: o vai via tu o si cacciano via gli altri!
Giampiero Raspetti