L’armonia delle stratificazioni
Giravo per Terni, come tante altre volte: guardavo i palazzi, le strade, i monumenti, le torri, le chiese, gli affreschi, tutto quello che avevo osservato e raccontato durante il mio lavoro di ricerca e poi di descrizione della città. Mi sembrava di conoscere tutto: la sua storia, le sue eccellenze, la sua evoluzione.
Sbagliavo, perché non si finisce mai di conoscere la città in cui si vive, anzi c’è ancora molto da scoprire.
Così mi sono sorpresa a osservare stili, cornicioni modanati e finestre timpanate, decori liberty, balconi e portali a bugnato, stemmi ed iscrizioni, fontanelle, particolari in ferro battuto e ceramica, dettagli architettonici, prospetti arditi, mura e lacerti di torri, resti di scalette e vecchi mardarelli, orti nascosti, vicoletti e piccoli cortili, tratti di opus reticulatum, monumenti di pietra di acciaio di acqua.
Mi sono entusiasmata per le austere facciate di palazzi nobiliari, o per la geometrica razionalità degli edifici moderni, spesso curvilinei e in vetro a specchiare il cielo e, ancora, per la monumentalità delle costruzioni del periodo fascista come il Palazzo del Governo con i suoi marmi bianchi e il superbo loggiato. Inoltre le nuove piazze ridefinite là dove un tempo, prima dei bombardamenti, erano dei caseggiati: luoghi come piazza Europa, capace di raccontare una storia tragica disegnando un muro che ricorda quei caseggiati e realizzando una fontana incassata nella pavimentazione a ricordo della bomba che distrusse quello spazio.
Ho ammirato il complesso del CAOS, non più relitto dell’ex-Siri -intatto è l’antico ingresso con le aquile poste alla sommità dei pilastri- ma sito di archeologia industriale riqualificato e divenuto luogo di cultura ove si custodiscono i tesori di Terni: quelli del Museo archeologico che racconta la storia antichissima di Terni, testimoniata dalle tombe del popolo dei Naharci che popolarono la piana ternana e quelli della romana Interamna Nahars, splendido municipio romano.
E ancora la Pinacoteca con i tesori di arte antica come la Pala dei Francescani e lo Sposalizio mistico di Santa Caterina di Benozzo Gozzoli o la sezione di arte Moderna e Contemporanea con i capolavori di due grandi artisti ternani come Metelli e De Felice, cui è intitolata la sezione.
L’elenco potrebbe continuare perché c’è veramente da stupirsi solo se si ha la curiosità di osservare, di cercare, di continuare a indagare nelle pieghe della città.
Quello che soprattutto mi sorprende è questa commistione tra antico e moderno, questa stratificazione di storie nello spazio urbano, questa sovrapposizione e interazione tra forme della tradizione e della contemporaneità.
È l’armonia delle stratificazioni. Così mi piace definire questa immagine che Terni rimanda alla mia attenzione. Le possiamo leggere una a una, alcune più visibili, altre meno: sconosciute e solo reperibili al Museo archeologico quelle relative ai primi insediamenti nella conca; già più evidenti quelle di epoca romana (penso all’anfiteatro), ma decisamente leggibile l’impianto della città che, compreso entro le mura e le porte, connotò l’assetto urbano fino alla seconda metà dell’800. Poi la grande espansione urbana all’indomani dell’industrializzazione: poco prima c’era stata l’apertura della Strada Nuova che tagliò la città in linea retta per raggiungere la stazione di recente costruzione (1866), uno squarcio nei palazzi e nel cuore del centro storico.
La nuova Terni uscì dalle mura, si espanse a macchia d’olio con quartieri popolari e residenziali, con strade che si incrociavano ad angolo retto e grandi piazze di raccordo. Poi i bombardamenti, ferite enormi nel tessuto urbano, vuoti tragici e irrimediabili. Infine la ricostruzione, il risanamento e, direi, l’abbellimento.
Questa commistione di antico e moderno è memoria del passato e progetto del futuro. Il moderno -da pochi compreso e apprezzato- fa da contraltare ai monumenti del passato. L’obelisco di Pomodoro esalta la prospettiva di corso del Popolo e di Palazzo Spada; l’Hyperion di Miniucchi introduce la città moderna, la Torre della Bibliomediateca è una citazione contemporanea nell’antico Palazzo Comunale. Così per altre sculture o architetture che vivono accanto alle torri e alle mura della città medievale.
Il fluire del tempo ha lasciato segni indelebili, contesti diversi. L’inserimento di elementi moderni nel tessuto urbano preesistente, non è una diminutio, è un arricchimento, perché il tempo passa, gli stili e le esigenze cambiano e vogliono essere rappresentate.
A Terni antico e moderno convivono -e io credo in armonia- lasciando i nostri occhi a volte esterrefatti e increduli, comunque curiosi e, almeno per me, appagati.
Loretta Santini