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BENVENUTA SOCIETÀ

Aprire le porte della conoscenza, lasciar intravedere il fascino dell’ignoto.
Io non so e chissà quanta bellezza è racchiusa in quello che non so ed io, non sapendo, me ne privo. Ma se l’ignoto può svelarsi allora dipende solo da me voler sapere o no.

E’ tempo di scuola e il rituale si ripete anno dopo anno: c’è un inizio e un termine delle lezioni scandito da un calendario sempre uguale, con programmi scolastici che da decenni sono lì, simulacro di un’epoca, di un tipo di società, di un tempo appena passato che sembra remoto.

E’ tempo di cambiamento, di guardarsi intorno e respirare l’odore del nuovo all’insegna della cultura, di un nuovo Rinascimento, di una tecnologia che va compresa prima di essere usata.

Mentre una parte di mondo si sta massacrando, una parte si autoestingue lacerata dalla povertà, una parte fugge dall’oppressione, dalla violenza, una parte lotta per i diritti negati, in altri emisferi si avanza verso il futuro. La società cambia aspetto, trasforma se stessa e crea nuovi modelli di riferimento, nuove strutture di comunicazione, nuove prospettive di vita. La società ha mille volti e di essi si serve nei modi e nei tempi che le permettono di progredire, di svelare l’ignoto.
Gli strumenti in uso sono ormai al di là dell’immaginario, oltrepassano i confini di una normale mente umana e sono così radicali da spaventare e destabilizzare.
La società, così come si mostra, è pronta? E la scuola? Erano gli anni ‘70 quando la scuola cambiò volto e nuovi programmi provarono ad oltrepassare la funzione del“leggere, scrivere e far di conto”, del puro istruire per addentrarsi nel misterioso mondo dell’educare. Si elevarono voci illuminate come don Milani, Umberto Eco, Tullio De Mauro, De Saussure.
Sorsero scuole pilota con l’intento di scardinare anacronistiche modalità d’insegnamento.

Fu un tempo di grandi cambiamenti: la lingua come strumento di comunicazione, come mezzo di comprensione, come narrazione di eventi con codici diversificati, specifici. L’analisi di segni e simboli condusse alla conoscenza della lingua a più ampio raggio, alla lettura di messaggi subliminali e pertanto condizionanti. L’ approccio alla semantica e alla semiologia fu considerato inevitabile per analizzare, comprendere la nuova struttura sociale che si andava delineando dopo i moti studenteschi del ‘68. In quegli anni il computer fece il suo ingresso, strumento gelido e inerte se non animato dall’ingegno dell’uomo.

Siamo alla soglia degli anni 80, la scuola non era pronta e il computer era, al più, usato come una macchina da scrivere. Occorrerà del tempo per percepirne l’incredibile potenzialità.
La tecnologia è ormai inarrestabile e scava nel tessuto sociale trasformando i comportamenti, le abitudini e di conseguenza, la struttura pensiero.
Il telefono cellulare diventa l’onnipresente strumento di comunicazione, cambierà velocemente dimensione e peso e i nuovi codici verranno affrontati con timore e stupore.
La quotidianità sarà fortemente influenzata: con quel piccolo strumento tascabile si può comunicare in ogni momento, durante una passeggiata, in automobile, tra la folla. La scuola prende atto, ma continua immutata a trasmettere quanto sa, cioè ben poco del nuovo che sta avanzando. Il divario tra scuola e società è stato ripetutamente motivo di discussioni tra docenti, un divario mai sanato perché con leggi e leggine, decreti e normative c’è sempre stato un apparente interesse, con interventi di tipo “cosmetico”. Come “indirizzo di studio” appare una nuova disciplina: l’informatica.

Rivoluzione digitale: è questo il momento di “aprire le porte della conoscenza, lasciar intravedere il fascino dell’ignoto” perché di fascino ce n’è fin troppo. E la scuola? Ha compreso l’enorme potenzialità di una tecnologia a disposizione dell’umanità tutta? E’in grado di proporre una didattica in sintonia con i bisogni di questa nuova società? Può essa operare in sintonia con le nuove prospettive di vita? Sono apparsi nuovi codici di comunicazione che non alterano la lingua, ma la potenziano, la esaltano.
Occorre però un cambiamento radicale della scuola, di quella struttura di ogni ordine e grado che ha da sempre accompagnato l’umanità verso il cammino della conoscenza. La scuola definisce il tipo di società che si vuole realizzare e, come conseguenza, la società segnala alla scuola l’orientamento culturale di cui necessita in quel preciso ciclo storico.
E’ in questo inscindibile legame che si annida il progresso, l’evoluzione di un popolo. Ma, c’è sempre un ma, nel tempo, in alcuni programmi politici, si è prospettata la cultura come elemento primario, ma senza convinzione perché i tanti aspetti obsoleti della scuola italiana tali erano e tali sono rimasti. Sacche di povertà culturale compromettono lo sviluppo economico, una tranquilla convivenza tra ceti sociali diversi, tra etnie di diversa cultura. Intanto la scuola ha ricominciato con i soliti ritmi di studio, i giorni si susseguono in fila indiana senza deviazione alcuna, venti di guerra spirano ovunque: muore colui che è ammazzato, “muore” colui che ammazza. E il futuro è già presente pronto a scompigliare le carte, a scombinare i giochi, ad entrare fragorosamente nei libri di storia per essere ricordato come tempo di grandi innovazioni. Sarà una società nuova e sia la benvenuta..

Sandra Raspetti

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