Alberi in Città

Alberi in città Terni

Se vivete in città e vi chiedessero qual è l’albero più vicino a casa vostra, lo sapreste indicare? E sapreste dire se sta bene o male, se mostra qualche problema per esempio?
Perché gli alberi sono creature. Tanto da farvi vedere che sono ospitali, per esempio. Davanti alla posta di piazza Solferino i ciliegi, sempre per esempio, mostrano dei licheni bianchi sul tronco, significa che sono considerati alberi affidabili, se altre creature vi si affidano.

Ve lo dico perché anch’io, come Marcovaldo, il personaggio di Italo Calvino, cerco di trovare i segni della natura in città, perché l’effetto del dopoguerra è stato cercare di distruggere ogni segno selvatico all’interno delle mura cittadine. E per fortuna ce ne sono ancora.
Calvino aveva capito una cosa, nella tumultuosa crescita edilizia delle città del Nord che conosceva (ricordate il “triangolo industriale”), che presto la cultura dominante l’avrebbe fatta sparire, o richiesto la sua eliminazione.
Ma la natura non si può obliterare.

Oggi si polemizza sui lecci di piazza Tacito, che ospitano gli storni, che fanno quel che fanno, perché evidentemente ci si trovano bene. è l’autunno: ricordo da ragazzo il viale tra la Stazione Termini e le Terme di Diocleziano, che è dedicato al primo presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, ed in questa stagione la situazione è la stessa. Gli uccelli volendo si possono mandar via. Ma le proposte che ho sentito sono deliranti: tagliare tutti gli alberi. Potarli a cubo, come durante il fascismo, come a Latina, perché siano ordinati.

Dittatura anche sulle chiome quindi.

Ci sono metodi di potatura che permettono anche di ottenere, su certi alberi, del legno sfruttabile per l’utilizzo industriale.
Dare all’albero il proprio nome, è la prima cosa. Per qualche motivo, soltanto i pini li riconoscono tutti.
Gli altri li chiamiamo tipo “Ah coso!”.

Leggevo che Totò smise di collaborare col regista Mattoli perché non lo chiamava “Principe”. Ecco, gli alberi farebbero bene ad avercela con noi, specie quando proponiamo cose un po’ bislacche ed egoiste come la cubatura delle chiome.

Qualche anno fa avevo fatto questo piccolo sondaggio su Facebook, ed era venuto fuori che non molti sapevano che albero ci fosse vicino casa, ma alla fine i nomi erano venuti fuori, tigli, lecci, qualche pino più o meno inclinato, alberi da frutto, cachi, melograni, persino qualche limone. Perché a Terni, col nostro clima, viene più o meno tutto ciò che sia vagamente mediterraneo, solo gli alberi realmente da montagna soffrono per il tempo.
E poi qualcuno mi ha anche risposto che viveva in centro e quindi, naturalmente, non c’erano alberi.
E tanto meno sul corso.
Ed io pensavo: “Perché?”.

Quanti cortili, di quelli rimasti in centro, beneficerebbero da dei piccoli alberi da frutto, come gli aranci. Quante brevi strade, come via De Filis (tanto per dire…), da un po’ di ombra gentile? Ma ci sono le auto. Non ci dovrebbero essere, ma intanto ci sono. E le auto, che sono sull’isola pedonale, che è una contraddizione in termini, sono tiranne, e ci cadono sopra le foglie e le bacche, se ci sono, come sui pruni, come sui gelsi. Ma le auto, nessuno le vede, nessuno le nota, tanto meno progettisti ed urbanisti. Tranne che sappiamo tutti i loro modelli, e certamente non le chiamiamo “Ah cosa!” perché non abbiano ad offendersi.

Carlo SANTULLI