Acciaieria di Terni, nuovo orizzonte

Acciaieria Terni

Impegnativa sfida economica e culturale

È diffusa, a Terni, la consapevolezza che la nostra grande fabbrica siderurgica di Viale Brin, l’acciaieria cui è legata la storia economica e sociale cittadina degli ultimi 130 anni, non potrà più, da sola, nei prossimi anni, assicurare lavoro e benessere a grande parte della comunità ternana.

È ormai chiaro, ai più, che la città dovrà trovare “motori” aggiuntivi e diversificati per fermare l’attuale declino e rilanciare le sue prospettive di sviluppo e di lavoro qualificato per la propria gioventù, oggi costretta a cercare altrove lavoro e possibilità aperte di vita. Meno evidente, forse, è il fatto che dovrà cambiare, non poco, il suo modello di sviluppo, da città dell’industria pesante alle nuove vie della green economy, della cultura, dei servizi, della sostenibilità.

Naturalmente, si tratta di una sfida economica e culturale molto impegnativa che va affrontata con l’equilibrio e la gradualità necessari, ben sapendo che il valore della produzione di AST, ancora oggi, rappresenta il 70% del PIL ternano ed il 18% di quello regionale, ed occupazione diretta e indiretta per migliaia di persone, con relative famiglie.

La città, pertanto, con le sue forze sociali e politiche e le sue istituzioni rappresentative segue con crescente attenzione il passaggio di proprietà, dai tedeschi della Thyssen Krupp al gruppo siderurgico italiano Arvedi. Un cambio che può segnare una nuova fase di consolidamento e sviluppo nella storia, più che secolare, della nostra Acciaieria.

Per molte ragioni, fra le quali le due seguenti: Anzitutto, le nazioni, e la stessa Unione Europea, dopo la dura lezione del COVID che ha mostrato tutta la debolezza ed inaffidabilità delle catene industriali “ di creazione del valore “ troppo lunghe e dipendenti da paesi fornitori lontani e problematici, ha riscoperto il valore della “sovranità industriale” nei settori strategici per una economia nazionale. Per l’Italia, paese trasformatore per eccellenza, l’acciaio, compresi “ gli speciali “ di Terni, è un settore strategico. Il nostro paese è classificato ad alta intensità siderurgica, in quanto consuma 330 kg di acciaio all’anno, ad abitante. Fra i più alti al mondo.

Avere un imprenditore italiano di sicuro valore come Arvedi che va a presidiare un’area produttiva come quella di AST, è un fatto positivo, in quanto coerente con una esigenza strategica della nazione che non può diventare ancora più dipendente da altri paesi, in un settore cruciale per tutta l’industria meccanica. La seconda ragione è che la siderurgia, essendo un settore ad alta intensità energetica ed alto impatto su ambiente e clima, sarà chiamato ad un grande sforzo per rendere il suo ciclo produttivo sostenibile; pur restando, infatti, la siderurgia centrale per l’economia mondiale, non si può ignorare che il settore, oggi, pesa per il 9% sulle emissioni globali di CO2, mentre AST, emette circa 600.000 tn. e pesa per circa il 50% sulle emissioni totali di gas ad effetto serra della città di Terni. Il settore deve essere, perciò, decarbonizzato, con tappe di taglio emissioni al 2030 e 2050.

Anche AST sarà chiamata a fare la sua parte, pur essendo siderurgia a forno elettrico, per ridurre la sua “impronta ecologica”. Perciò è necessario che, nel primo piano industriale della gestione Arvedi, si indichi un percorso pluriennale per raggiungere gli obiettivi di taglio delle emissioni a dieci anni ed a trenta, coerenti con gli accordi di Parigi e Glasgow. Affrontando i temi delle innovazioni tecnologiche nel processo produttivo, della cattura della CO2, del possibile uso dell’idrogeno verde, della riforestazione per l’assorbimento naturale della CO2 emessa in eccesso.

Il gruppo Arvedi, negli altri impianti che possiede in Italia, ha mostrato di volere e sapersi muovere in questa direzione. Perché la nostra Acciaieria possa durare altri cento anni è necessario che sia sempre più neutra per gli effetti sul clima e rispettosa di ambiente e salute, capace di porsi pienamente nell’economia circolare. Naturalmente, queste sono aspettative e speranze, ma anche motivo di attenzione ed iniziativa da parte delle Istituzioni e delle forze sociali locali.

C’è, perciò, grande attesa per la presentazione del primo Piano industriale da parte della nuova proprietà. Esso, con il Bilancio di sostenibilità sarà la base su cui giudicare il nuovo corso dell’Azienda. Per tale ragione, occorre che le scelte di fondo di tale Piano siano discusse nelle assemblee democratiche che rappresentano gli interessi vitali della nostra comunità.

Si discute se le Istituzioni locali e la comunità ternana abbiano effettivo titolo per intervenire sulle scelte del nuovo Piano industriale di AST; c’è chi sostiene che sia materia di autonomia aziendale, aperta al più ad un confronto con le rappresentanze sindacali dei lavoratori. Così, storicamente non è stato. Basti ricordare la crisi siderurgica pesantissima degli anni 80, del secolo scorso.

Tale crisi, con taglio di interi e storici reparti e la perdita di centinaia di posti di lavoro, fu affrontata anche con il contributo di un Comitato cittadino unitario a difesa del futuro della acciaierie, massima espressione degli “ stakeholder “ del territorio. In un confronto molto forte con la Finsider ed il Ministro delle PP.SS, si ottennero, a fronte di chiusure dolorose di reparti storici e di tagli occupazionali rilevanti, 400 miliardi di lire per investimenti che salvarono la fabbrica dalla chiusura. Il territorio trattò e fece sentire la sua voce per conquistare continuità di vita all’Acciaieria, insieme a misure di reindustrializzazione e nuovo sviluppo occupazionale.

Oggi, ad un passaggio di fase, con l’apertura possibile di un nuovo ciclo vitale per la grande fabbrica, non sarebbe giustificabile un silenzio o un ritrarsi dal giudizio e da un intervento attivo da parte delle istituzioni. Un intervento che, ad esempio, consenta d’inserire il Piano industriale delle nuova AST in un Accordo di Programma, con il quale la fabbrica dice al territorio quali sono le sue scelte strategiche per i prossimi anni e le forze del territorio dicono in che modo possono affiancare, in un clima di confronto collaborativo, l’AST nel facilitare le sue attività, a partire dagli aspetti cruciali, dell’ambiente, dell’indotto locale, delle infrastrutture di trasporto e della logistica.

Occorre, insomma, che, a fronte di uno sforzo di trasparenza e condivisione auspicabile dell’ azienda, i soggetti interessati del territorio, a partire dal Comune, facciano sentire la propria voce ed interloquiscano e contrattino con la nuova proprietà, insieme alle OO.SS, la costruzione, in arco pluriennale, una acciaieria capace di durare altri decenni. Accadrà se sarà innovativa, radicata sul territorio e sostenibile.

Giacomo Porrazzini